L'addio dei Pooh tra lacrime e ricordi: «E' La fine del gruppo, non della nostra amicizia»

L'addio dei Pooh tra lacrime e ricordi: «E' La fine del gruppo, non della nostra amicizia»
di Rita Vecchio
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Martedì 29 Novembre 2016, 20:36 - Ultimo aggiornamento: 20:48

«Soddisfazione e malinconia, ma senza rammarico. Abbiamo vissuto così il nostro ultimo anno in musica insieme». A dirlo, all’unisono, i Pooh. Roby Facchinetti, Dodi Battaglia, Red Canzian, Stefano D’Orazio e Riccardo Fogli nella loro reunion le idee le avevano chiarissime dal primo momento. E se anche adesso sono pronti a terminare il viaggio, la tristezza li accompagna e tirano le somme di cinquant’anni di successi. E di mezzo secolo di “record”. Uno fra tutti, quello di essere stati così longevi. Il segreto nella condivisione, nel rispetto reciproco e nella grande amicizia. Chiuderanno definitivamente il 30 dicembre a Bologna, città da cui sono partiti nel lontano 1966: un concerto che sarà eccezionalmente trasmesso in diretta via satellite nei cinema di tutta Italia. Ma prima, passano per l’«ultimo abbraccio» da Acireale, Caserta, Torino, Roma il 20 dicembre al Palalottomatica, Milano e Treviso.
 


«Stapperemo champagne e piangeremo», ci dicono nell’incontro saluto destinato ai giornalisti. «Abbiamo avuto la sensazione che pubblico e  stampa si fossero accorti di noi adesso che abbiamo deciso di fermarci. Tutta questa attenzione ci ha fatto davvero piacere». Il loro “POOH50 - L’ultima notte insieme” si certifica platino, e attualmente in rotazione radiofonica, riadattata per la prima volta a cinque voci, “Pierre”, la canzone sul tema dell’omofobia datata 1976 che già allora sconfinava un tabù. Il 1 dicembre uscirà “POOH50VERONA”, il libro fotografico con momenti inediti dei tre concerti sold out all’Arena di Verona immortalate negli scatti di Alessio Pizzicannella. «Ci sono dentro anche le persone che abbiamo trascurato in questi anni. Il nostro stato d’animo è malinconico, ma siamo riusciti ad accompagnare in porto la grande nave», dice Roby Facchinetti. «Ne è passata di acqua sotto i ponti. Ogni concerto, una grande emozione: per gli applausi, per l’affetto. Abbiamo promesso che questa reunion sarebbe stata il nostro ultimo viaggio insieme, e lo sarà». Mentre la nave si accinge ad attraccare, non si esimono dalla riflessione. «Cinquant’anni non si cancellano in un attimo. Ogni sera  sul palco percepivamo il dolore della chiusura. Abbiamo trovato in questo anno la gente per cui siamo stati colonna sonora della loro vita. È questo il nostro salto più bello. Adesso sarà interessante scoprire cosa c’è oltre i Pooh», dice Stefano D’Orazio. E se lui, avendo già lasciato la band cinque anni fa, si dovrà abituare ai tempi supplementari, gli altri dovranno sperimentare il secondo tempo della loro vita.

«Non sappiamo cosa ci aspetterà. Si fermano i Pooh, ma non ci fermiamo noi come persone». E se aggiungiamo che  chiudono «senza lividi e  senza “chitarrate” in testa», ben speriamo che magari ci saranno altre reunion. La scaletta sarà un riassunto delle loro canzoni e qualche sorpresa musicale legata al ricordo di Valerio Negrini, pensiero sempre vivo in tutti loro. Un viaggio iniziato «quando eravamo poco più che bambini, in allegria e che chiudiamo meno allegri, ma con la consapevolezza di avere fatto tanto. Adesso si torna alla normalità», dice Riccardo Fogli. «Per me è stato un anno meravigliosamente devastante perché suonare con loro è un onore, ma nello stesso tempo faticoso. Sono davvero dei musicisti eccezionali, oltre che delle persone uniche». E dopo una vita scandita da un calendario di date, concerti, uscite dischi e quindi di scadenze, «non sarà facile accettare di scendere dalla nave». Lo faranno come Pooh. Ma non di certo con la loro musica. 


 

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