Il pianista Lang Lang alla Scala e a Santa Cecilia: «Tom & Jerry alla tastiera, una passione di famiglia»

Il pianista cinese Lang Lang, 39 anni, 20 milioni di follower
di Simona Antonucci
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Lunedì 15 Novembre 2021, 00:29

Vent’anni di studio prima di mettere le mani sulle Variazioni Goldberg di Bach. Eppure parliamo di uno dei più grandi pianisti al mondo: Lang Lang, 39 anni, 20 milioni di follower, che dalla Cina nord-orientale, ha conquistato il mondo. Quello classico e non solo, con milioni di dischi venduti e una popolarità trasversale, dalle sale da concerto (più di 100 esibizioni l’anno) ai grandi eventi, Central Park, Grammy con i Metallica, Olimpiadi di Pechino, Coppa del Mondo a Rio de Janeiro. E il suo modo di suonare, un virtuoso da manuale, ha scomodato critici del settore, ma anche bambini: sembra che grazie alla capacità comunicativa, 50 milioni di aspiranti enfant prodige si siano messi al piano.

 Deutsche Grammophon

La conquista del brano «l’Everest musicale» è stata coronata con l’uscita per Deutsche Grammophon del cd e del video dell’esecuzione live nella Chiesa di San Tommaso di Lipsia dove riposano le spoglie del compositore tedesco, e ora con un tour che lo porta alla Scala il 3 dicembre e a Santa Cecilia il 6 (in programma anche Schumann, l’Arabesque).

Ha “tergiversato” un bel po’. Perché?

«Mi sono preso molto tempo e ci ho pensato a lungo prima di decidermi. È un capolavoro che richiede un assoluto dominio tecnico, ma anche una profonda conoscenza del mondo barocco. Non basta “la palestra”. Ho cercato di immaginare il suono originale, il quadro completo».

E qual è il quadro completo?

«Le Variazioni non sono semplicemente un capolavoro. Ma il lavoro più creativo nel repertorio per tastiera, il più multidimensionale. Ci consente di attingere a tutto ciò che abbiamo dentro, ma ci fa anche capire ciò che dobbiamo ancora imparare. Forse è per questo che non si arriva mai. Nasce per clavicembalo, che ha due tastiere, quando poi metti le mani sul pianoforte, che ne ha una, comincia la tua battaglia personale».

Che cosa l’ha spaventata?

«Il mio conflitto è stato con le parti lente. Riuscire ad abbandonarmi. Il barocco ti consente una grande libertà».

Il suo passato da interprete romantico l’ha aiutata?

«Molto. Perché le Variazioni sono uno spartito grandioso, dove non c’è nulla di normale. Il repertorio romantico è un ottimo allenamento per far vibrare le passioni».

La nascita di un figlio l’ha arricchita anche da un punto di vista professionale, regalandole una nuova sensibilità?

«Solo pensare a lui mi accende di emozione».

Fa differenza suonare Bach in Germania o altrove, in Italia?

«Forse non nelle singole esecuzioni. Ma visitare Dresda, Lipsia, la chiesa dove è sepolto, i posti dove Bach ha composto mi ha ampliato l’orizzonte».

Per la prima volta la sua fondazione ha aperto bandi per nuovi talenti in tutto il mondo. Lei spera di tirar su futuri Lang Lang?

«Io spero di mettere a disposizione un trampolino a chi lo merita.

Con la fondazione si entra in una famiglia internazionale di pianisti. Io stesso insegno. Ogni bambino dovrebbe poter suonare uno strumento».

Che cosa le restituisce un’iniziativa del genere? Orgoglio? Sorprese?

«La loro gioia».

I suoi inizi non sono stati sempre gioiosi.

«Molto duri. Ma l’amore per la musica è sempre stato più forte. Gli anni dello studio sono stati impegnativi. Ma è quando si comincia a costruire la carriera che il gioco diventa pesante».

Ha mai pensato di smettere?

«Si. Ma solo per un attimo».

Lang Lang si nasce o si diventa?

«Entrambe le cose. La spinta più forte è l’amore per la musica. Ma anche con amore e talento, se non studi non vai da nessuna da parte».

È vero che il suo interesse per il pianoforte è nato guardando Tom & Jerry con la Rapsodia ungherese n. 2 di Liszt?

«Sì, hanno dato una svolta alla mia vita. E anche mio figlio adora quella musica, soprattutto quando la suono per lui».

Milioni di follower la soffocano?

«No. Vivo in questo Millennio e non lo respingo».

Nel 2013 è stato designato Messaggero di Pace delle Nazioni Unite: il suo ruolo?

«Tutti dobbiamo collaborare e la musica può essere un buon veicolo. Lo abbiamo capito durante la pandemia».

È stato scritto di lei che è al 50 per cento Chopin e al 50 Frank Sinatra: la diverte questa definizione?

«Mi fa sorridere. Mi basta essere un bravo pianista»

Ha mai pensato di comporre?

«Si. Forse succederà».

È stato anche definito il pianista di due Mondi, Oriente e Occidente?

«Non credo alle generalizzazioni. Sono individualista».

Ha incontrato molti artisti pop. Si considera fusion?

«Ho imparato moltissimo da loro. Rubato idee. I Coldplay per esempio sono incredibili interpreti, fonte d’ispirazione».

Lei è un appassionato di calcio e tifa il Barcellona: perché il Barcellona?

«Ora la squadra non se la passa granché. Ho cominciato a seguire il Barcellona perché ero rapito da due virtuosi come Messi e Neymar. Certo, ora non ci sono più. È un bel problema».

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