Hong-hu Ada: «“The Door of Desires”
contro il virus. E penso a una spy story»

La musicista e attrice Hong-hu Ada
di Leonardo Jattarelli
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Martedì 28 Aprile 2020, 11:42 - Ultimo aggiornamento: 13:36
«Spesso mi hanno descritta come una geisha con la katana, alla Kill Bill. Ma se posso scegliere, preferisco vedermi come un geisha con il koto, magnifico strumento tra i tanti che suono. Una sorta di arpa orizzontale».
Così si presenta Hong-hu Ada, nata a Miami, in Italia solo da sei anni, doppia residenza tra Roma e Londra. Cantante, compositrice e attrice italo-giapponese, cresciuta in America, gli studi alla University of Florida, specializzata in canto Gospel ma precedentemente già soprano lirico e studente all’Actor Studio di New York. 
Hong-hu Ada attualmente è nella Capitale; da qualche giorno, nelle radio italiane e alla Bbc si può ascoltare il suo ultimo disco, l’ottavo, The door of desires che vuole essere un invito a superare i terribili giorni della pandemia con la forza e il coraggio di chi è sicuro di uscirne vincente: «E’ un richiamo alla speranza, a non abbattersi ma a reagire con forza, che suona profondamente attuale in questo momento così doloroso e fragile per tutto il mondo coinvolto nella pandemia del corona virus» spiega l’artista.

Come è nata The Door of Desires?
«Diciamo che è stata partorita in momenti differenti, ha avuto due nascite. Avevo composto prima la musica nell’ottobre scorso, ma non possedevo un testo adatto. Ogni cosa che scrivevo mi sembrava banale, senza senso. Poi, a febbraio, sono arrivate le prime notizie del virus, la sensazione che si trattava di qualcosa di importante, di sconvolgente addirittura».
Quindi ha pensato di scrivere un testo ispirato ai nostri giorni di pandemia...
«Parlai per strada con una anziana signora che mi disse delle parole che ancora mi risuonano dentro, come tuoni. Nessuno in fondo decide della propria vita e improvvisamente il sipario si chiude. Sono tornata a casa e ho scritto il testo in una manciata di minuti».
In The door of desires si avverte forte una voglia di rivincita...
«Quella che ognuno di noi deve avere. Il coraggio di aprire le porte e vedere cosa ci riserva il domani. Cercare di realizzare almeno uno dei nostri più grandi desideri»
E il suo desiderio?
«In questo momento mi piacerebbe recitare il ruolo di una eroina del passato. Una grande donna che ha lasciato il segno nel tempo, penso a Giovanna d’Arco, ad esempio». 
Hong-hu Ada, bellezza dal fascino orientale, ha girato venti film, molti dei quali con produzioni internazionali: da Mary e Go Go Tales di Abel Ferrara, scritturata da Sam Mendes per 007 Spectre a capo di una organizzazione criminale cinese. E ancora, ha composto la colonna sonora dei film L’Era Glaciale 4 e 5 dove dà anche voce alla tigre Shira. Lavora con Pupi Avati in Il figlio più piccolo e in  Il papà di Giovanna e per la tv è coprotagonista in Squadra Antimafia 8- il ritorno del boss su Canale 5 dove è Sarah, un’agente dei Servizi Segreti. Con Piero Chiambretti, lo scorso anno su Rete4 lavora nel programma La Repubblica delle donne. Impegnata anche in teatro, a Londra principalmente, con opere di Shakespeare in molte piéce teatrali tra le quali spicca il suo personaggio di Cordelia in King Lear diretto da Peter Brook.



Ora per il cinema a cosa sta lavorando?
«Dovrei girare una spy story, una coproduzione americana e belga. Il ruolo è quello di una ragazza euroasiatica agente dell’Fbi che nella vita, come copertura, fa la ballerina». 
Qual è la sua anima italiana?
«Culturalmente mi sento giapponese, madre italiana, padre giapponese, nonna di Haiti, un bel mix! L’approccio metodologico non è così italiano ecco, anche se adoro il vostro Paese. Sono abituata alla velocità. In Giappone in una settimana costruiscono un grattacielo».
E la tv?
«Mi hanno proposto diversi reality, ma ho sempre rifiutato. Ho detto no all’Isola dei famosi, al Grande Fratello a Pechino Express. Quella del reality non è la mia dimensione».
Lei ha studiato canto...
«Sono soprano lirico, mia nonna materna, marchigiana, era soprano ed è stata la mia prima insegnante. Con lei ho imparato l’Ave Maria di Schubert. Poi ho studiato lirica al Conservatorio e ho avuto l’onore di cantare per Papa Francesco in San Pietro». 

Una volta ha detto che nella filosofia del Gospel, pentagramma e copione si somigliano. Qual è il senso?
«Quando ho studiato in Florida, la mia insegnate gospel era una delle vocalist di Aretha Franklin e mi spiegava che non c’è poi una grande differenza tra una sceneggiatura e un pentagramma: si tratta per entrambi di mettere su carta un passaggio di emozioni. E ho anche imparato la “trasversalità” dell’arte. Negli Usa personaggi come Hugh Jackman, Kevin Costner o Jamie Foxx e ancora Nicole Kidman e Jennifer Lopez tanto per fare qualche esempio, uniscono recitazione e canto, composizione e set o palcoscenico».
La bellezza quanto l’ha aiutata?
«E’ un vero boomerang: può aiutarti, certo, ma anche tornarti contro. Rotea su se stesso, crea un bell’effetto, nascono emozioni, attese. Molti ruoli al cinema li devo inizialmente alla bellezza ma spesso, quando avverti che sei oggetto del desiderio, allora iniziano i guai. Capisci che molte persone ti avvicinano solo per ciò che appari. Ho rifiutato tanti calendari osé che mi hanno proposto. Ma io sono nata così, che ci posso fare?».
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