Guccini torna all'Ostaria delle Dame ma rinnega il passato: «Canzoni politiche? Sono state etichettate così ma non lo erano»

Guccini torna all'Ostaria delle Dame ma rinnega il passato: «Canzoni politiche? Sono state etichettate così ma non lo erano»
di Rita Vecchio
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Venerdì 27 Ottobre 2017, 12:36 - Ultimo aggiornamento: 4 Novembre, 17:42

«Buonasera e benvenuti all’Ostaria delle Dame. A disposizione la sua fornita cantina. Gratis!». La voce è di Francesco Guccini. Una voce di trentacinque anni fa. È al concerto del 23 gennaio 1982 nel locale di Bologna da lui stesso aperto nel ’70 insieme a padre Michele Casali che ricorda le “cave” francesi. Il “Maestrone", da anni oramai ritiratosi a Pavana in mezzo agli Appennini tosco-emiliani, oggi risponde a chi gli chiede cosa è rimasto di quel Guccini politico delle canzoni: «Le mie canzoni, politiche? Piuttosto, le definisco anarchiche e di protesta. Si pensi a “Locomotiva” o a “Dio è morto”. O canzoni esistenziali e d’amore. Il termine politico, è stato associato in passato per colpa di chi le ha etichettate tali».

E risponde così dall’Ostaria delle Dame, che riapre dopo decenni diventando “Casa della canzone d'autore italiana storica ed attuale”. Occasione è l’uscita (il prossimo 3 novembre per Universal Music) della trilogia dei concerti acustici del 1982, 1984 e 1985, registrazioni integrali mai pubblicate prima narrate dalla voce di Francesco Guccini, accompagnata dalla chitarra di Juan “Flaco” Biondini. 

«Ritornare qui mi ha commosso», dice Guccini, alternando racconti che riportano prepotentemente indietro nel tempo. 

Un po’ perché l’”ostaria (rigorosamente con la lettera “a” e guai a chiamarla “osteria”) è un pezzo di storia non solo musicale, nata quando gli “happy hour” non si sapeva ancora cosa fossero, anticipatrice delle attuali tavolate social: un luogo di aggregazione, con serate di musica, spettacolo, poesia, degustazioni. Che poi, l’avventura di Guccini come “socio” durò appena 3 anni, «tre anni di canzoni, di forsennate partite a carte, di discussioni, di giochi, di amori», racconta nel booklet che accompagna le edizioni del nuovo lavoro (cofanetto deluxe con 6 cd o in 2 cd con una selezione dei live).

Nella tracklist, un’antologia della storia gucciniana. «Io mi sono sempre sentito un burattinaio che giocava con le parole», dice. Dalle canzoni d’amore e quelle “quasi” d’amore «che ribaltano certi cliché», a quelle “tormentate” («Le canzoni funzionano perché tutti noi abbiamo avuto un amore sfigato», come parla lui stesso durante il concerto di allora), a quelle politiche e sociali, incise grazie al trasferimento diretto dei nastri magnetici mantenendo lo stato primordiale dell’atmosfera che sui respirava. Dei concerti informali e goliardici. Liberi da schemi. E all’insegna di “buona la prima”. «Quelle di un tempo erano canzoni diverse. Auschwitz è del ’64, eppure sempre attuale. Ci saranno sicuramente molti giovani cantautori oggi. Ma fanno il talent, cosa ben diversa dalla canzone d’autore. I rapper? Li conosco poco. E a Sanremo, potrei tornare solo come autore. Alla mia età, i live mi stancano e le mie dita sulla chitarra fanno fatica». 

D’altronde le Dame (dal nome dell’istituto femminile che lì si trovava) era un luogo anomalo in quel tempo, diverso dall'Osteria dei Poeti di Bologna, dal “Folk Studio” di Roma o dal “Derby Club” di Milano. Si ascoltavano musiche tra le più disparate, dai Beatles alle canzoni dialettali. Qui si incideva, si registrava, si facevano programmi televisivi. Se si pensa che esiste una registrazione rarissima del concerto Guccini-Vecchioni del 1975, che qui è nato “Opera buffa”, quinto LP del Maestrone nel 1973,“Messico e nuvole” di Paolo Conte, “The Time Is Right” di Woody Shaw e programmi televisivi (una puntata di “Odeon” di Giovanni Minoli o il programma Rai degli anni’70 per la regia di Beppe Bellecca).

“L’Ostaria delle Dame” uscirà fisicamente il 3 novembre, ma è già disponibile in pre-order (https://udsc.lnk.to/guccinidame). 

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