Eros si racconta: «La mia vita on the road»

Eros si racconta: «La mia vita on the road»
di Marco Molendini
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Lunedì 22 Febbraio 2016, 12:58


Eros on the road, ancora. Oggi qui, domani là come diceva la canzone. Vale a dire che oggi tocca al festival di Viña del mar, sabato si riparte con il tour dall'Italia da Acireale, per poi ripassare da Roma con altre due date al Palalottomatica, il 3 e il 4. «Viña del mar è un passaggio obbligatorio per fare promozione. Poi toccherà a tutto il Sud America» racconta Ramazzotti con le valigie in mano, sapendo che si tratterà di fare un po' quello che ha fatto a Sanremo. «Ma all'Ariston - aggiunge - c'erano da festeggiare trent'anni dalla vittoria di Adesso tu, tornare era quasi un obbligo».

In mezzo di cose ne sono successe tante.
«La mia vita è cambiata totalmente».

Buffo, quell'anno al Festival come premio le dettero un cavallo, perché il concorso era abbinato al Totip.
«Si, un cavallo da galoppo, Arbore che arrivò secondo con Il clarinetto ebbe un cavallo da trotto. Io l'ho regalato a mio padre, a quei tempi ero nell'occhio del ciclone, non stavo mai a casa».

A Sanremo si è schierato per le unioni civili e le adozioni. Qualche anno fa, invece, si era detto contrario.
«Ho cambiato idea. Oggi penso che la cosa più importante sia fare crescere i bambini nell'amore, comunque esso sia. L'ho visto personalmente nella mia famiglia attuale».

Eros, rispetto al primo passaggio a Roma, a ottobre, cosa cambia nel concerto?
«La scaletta non è mai uguale. Diciamo che ho uno zoccolo duro di venti pezzi. Il resto è fatto da scelte dell'ultimo minuto».

Nei giorni scorsi l'hanno fotografata con Lionel Messi sul campo del Barcellona.
«È un mio fan, era venuto a sentirmi, ma non c'eravamo visti. Il giorno dopo mi è arrivato l'invito per andarlo a trovare al campo. E' stato molto divertente. Abbiamo palleggiato e, a un certo punto, è riuscito a tirare il pallone dentro la porta, stando cinque metri dietro. Mostruoso».
 

Da ragazzo ha mai pensato di fare il calciatore come professione?
«No, la nazionale dei cantanti, però, mi ha dato la possibilità di farlo davvero».

Il suo tour girerà il mondo, compreso un mese in Russia. Il live è l'unico modo per spingere le vendite dei dischi?
«Il mio album “Perfetto” non è andato come mi aspettavo, lo ammetto. Ma la crisi discografica è di tutti, così i concerti sono diventati la cosa più importante. Il problema è che non tutti sanno cantare».
Nei megaconcerti da stadio, fatti di grandi movimenti in scena e balletti, si ricorre al playback.
«Quei concerti non mi piacciono. Preferisco un artista come Prince».

Non il modello a cui si ispirano i giovani che escono oggi, spesso spinti dai talent.
«I talent producono un appiattimento musicale. I ragazzi invece dovrebbero capire quanto sono grandi Prince o Stevie Wonder».

Nella sua carriera lei è sempre stato molto schivo. Che effetto le fa vedere la frenesia che c'è attorno a sua figlia Aurora?
«Non ho mai amato quel tipo di esposizione. Anche se a volte qualcosa l'ho fatto. Pochi giorni fa è uscita una rivista con le foto della mia famiglia compresi i bambini. Ogni tanto è giusto concedersi, anche se non mi porto dietro il paparazzo come nello sketch di Virginia Raffaele su Belen a Sanremo. Certo è che Ligabue non lo vedi mai su quei giornali. Quando esco da casa ho sempre dieci fotografi appostati. Quanto ad Aurora, preferirei che fosse protetta da tutto ciò».

Oltre a Prince e Stevie Wonder, quali sono gli artisti che ascolta di più?
«Ultimamente sento molto Alan Parsons e gli Steely Dan».

Old style. È un fatto generazionale o la musica del passato era migliore?
«Erano più bravi non ho dubbi. Ora i ragazzi vogliono le canzoncine. Uno bravo, però, c'è fra i nuovi: Ed Sheeran. E' una goccia nell'oceano, ma stranamente piace anche ai giovani».

E del fenomeno Adele che ne pensa?
«L'ultimo disco, “25”, mi ha deluso. Scimmiotta il vecchio album da 30 milioni di copie. Ha una gran voce, ma trovare canzoni che restano non è facile».
 

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