Addio a Francesco Di Giacomo, la voce storica del progressive italiano

Addio a Francesco Di Giacomo, la voce storica del progressive italiano
di Fabrizio Zampa
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Venerdì 21 Febbraio 2014, 22:23
Francesco Di Giacomo, vocalist del Banco del Mutuo Soccorso, insieme a Vittorio Nocenzi era l’anima e la forza di una delle band pi longeve del nostro rock, nata nei primi anni Settanta e ancora oggi attiva come ai vecchi tempi, anzi di pi. Bravissimo, generoso, instancabile, altruista, pronto a esplorare qualsiasi esperienza musicale e umana, Francesco era l’immagine della voglia di vivere, di far musica, di misurarsi con le esperienze più diverse.



«Nel 1971 Vittorio cercava un cantante alto e biondo, e arrivai io che sono l’esatto contrario»: così raccontava, sorridendo, l’inizio della carriera della band dalla quale non si è mai separato. Il Banco e poche altre formazioni parteciparono nei primi anni Settanta al Festival d’Avanguardia e Nuove Tendenze che si tenne a Viareggio (in uno sterrato recintato non per dare uno spazio al rock ma per impedire ai bambini della zona di mescolarsi a quella che allora rappresentava la ”musica del diavolo”) e che fu per l’Italia il primo autentico raduno di vere rockband e diede in via alla nascita di tantie altre storiche formazioni.



Con il Banco, gruppo di progressive rock intelligente, aperto e sempre al passo coi tempi, che in oltre quarant’anni ha inciso tanti splendidi album ancora oggi attuali e modernissimi, Francesco si divertiva a suonare e a tirar fuori la grinta, l’inventiva e la creatività senza mai seguire le ricette di moda, senza preoccuparsi di dar retta alle discutibili opinioni dei cosiddetti direttori artistici delle case discografiche.



Lui e i suoi compagni hanno suonato tutto quello che volevano facendolo come volevano, e solo per questo avrebbero meritato una medaglia e un diploma di «specie in via d’estinzione», naturalmente con obbligo di protezione da parte del Wwf.

Il Banco è stata una delle pochissime band italiane chiamate a rappresentare il nostro rock in giro per il mondo. Negli anni Francesco e compagni hanno fatto concerti dappertutto, anche in quegli Stati Uniti chiusi a quasi tutte le rock band non angloamericane, hanno dato tour negli Usa, a Panama, in Giappone («A Tokio ci mettemmo in fila per un’ora, finché qualcuno ci spiegò che eravano nella coda del pubblico che aspettava di comprare il biglietto per il concerto e ci invitò a seguirlo perché la gente già applaudiva per il nostro ritardo», raccontava), a Panama, nel Sudamerica e ovviamente in quasi tutti i paesi europei.



Francesco, oltre che con il Banco, ha fatto mille altre esperienze, da incursioni nel fado (insieme a Eugenio Finardi, per esempio) a concerti con altri musicisti non solotanto rock ma anche di altri generi. Era pronto a partecipare a ogni sperimentazione, ma era anche disposto a difendere qualsiasi minoranza, a cantare per beneficienza, a faticare senza accusare mai stanchezza e senza badare a quanto guadagnava. Insomma, con lui abbiamo perso un grande rocker ma soprattutto una persona straordinaria. Una di quelle rare persone alle quali era impossibile non volere bene con tutto il cuore.
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