De Gregori parte con il nuovo tour nei club. Ma senza barba e cappello

Foto di Enrico Ballestrazzi
di Rita Vecchio
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Sabato 14 Ottobre 2017, 14:33 - Ultimo aggiornamento: 17 Ottobre, 19:04

Senza cappello. Senza barba. Senza la batteria. Francesco De Gregori, partito con il nuovo live nei club, presenta se stesso spogliato di aggiunte. Stupisce con «stranezze» e finale a sorpresa: sul palco della data uno di Nonantola (Modena) canta con «la sua sposa», che chiama “Chicca", (all’anagrafe Alessandra Gobbi insieme dal ’78, «la mia fidanzata che conosco da un po'»), con cui duetta in “Anema e core”.
 

 

Succede alla data uno di ieri sera al Vox Club di Nonantola (Modena), quello dove suonò con Lucio Dalla per il “Work in progress”. Il tour partito il 13 ottobre, che porterà in giro per Europa e Stati Uniti e tredici città, tra cui Parigi, Londra, New York e Boston. «Ho sempre amato i club e i posti piccoli dove si possa suonare», aveva detto Il Principe quando rese note le date (che però non sono tutte nei club) e i luoghi intimi, raccolti, “vicini al pubblico” del nuovo tour. «Vedo concerti trattati come eventi muscolari che usano parole come mega numeri, mega palchi, mega schermi. A me è sempre piaciuto il suono un po' ferroso fatto solo per chi sta lì in carne ed ossa, magari con una birra in mano e ogni tanto esce a fumarsi una sigaretta quando faccio un pezzo che non gli piace».

Stranezze, quindi. Eppure, subito dopo il concerto, quando gli si chiede se ha iniziato un’altra fase di sé, la risposta è secca. «Non credo di essere diverso solo perché non porto il cappello: ho semplicemente tagliato i capelli e mi stava male. O perché non ho un batterista sul palco che suona: cercavo semplicemente un suono nuovo».

Una formazione inedita in cui grande assente (ma di cui non se ne sente assolutamente la mancanza in tutte le due ore di concerto) è proprio la batteria. «Mi annoia. La trovo ripetitiva. Qui volevo qualcosa che non fosse rigido binario ritmico di appoggio», dice. Cambia di fatto le carte in tavola per «la ricerca di un suono diverso dal consueto. Condensato e potente anche senza la batteria. Ci sarò io che batto il piede sul palco». Con lui c’è Guido Guglielminetti al contrabbasso e al basso, Carlo Gaudiello al piano, Paolo Giovenchi alle chitarre e Alessandro Valle al mandolino al pedal steel guidar.

Un tour che chiude al Town Hall di New York. «La mia prima volta live in America. Provo curiosità. Il locale è quello storico di Broadway, dove pare abbia suonato Bob Dylan appena uscito dai piccoli club del Village». Di Dylan in scaletta “Amore e Furto”, preso dall’ultimo disco di sue traduzioni. «Una stranezza il fatto che io canti in italiano? La nostra lingua piace molto all’estero. Pensate a “Les feuilles mortes” cantata da Dylan a Parigi in inglese: da qui ho capito che si può fare tutto». E a Parigi, De Gregori sarà al Bataclan, luogo colpito nel 2015 dalle vicende terroristiche. «Ho lo stesso stato d’animo di chi prende una metro a Londra, passeggia sulla Promenade di Nizza o lavora in un grattacielo di New York. Il terrorismo vuole interrompere la normalità, cosa che non voglio io».

Una lotta con se stesso per i pezzi da scegliere in scaletta. Così racconta. Poco più di venti brani (ma nel cassetto del nuovo tour ce ne stanno almeno trenta che probabilmente saranno usate in qualche data) presi dal repertorio più conosciuto a quello meno noto. “Generale”, “Buonanotte Fiorellino”, La donna cannone”, “Sempre e per sempre”, ma anche “Deriva” (mai eseguita dal vivo), canzoni raramente portate sul palco, “I matti”, “Cose” e “Due Zingari” fatta con Dalla. «Avrei voluto farne di più di lente», confessa Il Principe.

Sui progetti futuri non si espone. Anche se qualche desiderio sembra di intravederlo. «A Roma, in sala prove ho visto uscire una band di adolescenti. Ho pensato che mi piacerebbe interagire con dei musicisti più giovani. Non quanto loro siano disposti ad ascoltare la mia musica, però. E non ho avuto grande voglia nemmeno io di spiegarla. Di artisti nuovi, e non faccio i nomi, non c’è nessuno attualmente che mi piace».

E spiegando il finale. «A me piace fare stranezze.
Questa è una di quelle», racconta dopo la sorpresa che è toccata per prima al pubblico di Nonantola che si è visto il duetto di “Anema e core” con la moglie, dopo che il concerto pareva essere giunto a conclusione con “Alice”. «Mi fa piacere cantarla insieme. Lei mi accompagnerà tutte le volte che vorrà durante il tour. Ma decide lei quando e dove. Non è un mio dipendente. In più non la pago».

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