Da “Dio è morto” ai “Watussi”: nel mondo dei nuovi censori, nessuno è più al sicuro

Da “Dio è morto” ai “Watussi”: nel mondo dei nuovi censori, nessuno è più al sicuro
di Niccolò Agliardi
3 Minuti di Lettura
Mercoledì 13 Ottobre 2021, 22:11

Canzone: (da cantio- cantionis in latino) significa canto ma anche incanto, incantesimo, formula magica. Sarebbe sufficiente fermarsi qui. La formula magica, fino a prova contraria, non esiste e pertanto non è possibile che venga giudicata. Cioè, assolta perché il fatto non sussiste. Ma se per un attimo, ipotizzassimo pure che le canzoni siano brandelli di realtà (e io che di mestiere le scrivo, vi posso assicurare che possono essere leali, veritiere, oneste, ma quasi mai vere) se dobbiamo rinunciare a Brown sugar, allora disponiamoci anche ad altri, infiniti ritiri; perché se la legge è uguale per tutti, allora stiamo per metterci seriamente nei guai. 
Bad boys
Partiamo da fuori confine. Se cominciassimo a stilare la lista funebre rischieremmo di sentirci, per ogni nome fatto, un pochino più poveri e più soli. Che ne sarebbe di tutta la produzione dei Sex Pistols? Della loro Pretty Vacant, per esempio.  Il modo in cui Rotten strilla proprio la parola va-cant, genera un doppio senso con il termine «cunt» volgare e offensivo, con cui si definisce spregiativamente la vagina. E come dovremmo comportarci davanti a Whole Lotta Love, la canzone che meglio definisce i Led Zeppelin; oscena, brutale e assolutamente fantastica. «Dentro, fino in fondo», grida Robert Plant, «Voglio darti il mio amore fino all’ultimo centimetro» e poi: «Voglio essere quello che entra dalla porta di dietro», tanto per aggiungere un po’ di romanticismo.
Una ragazza siede vicino alla riva e un tale la uccide con un sasso, la storia di Where The Wild Rose Grow è più o meno questa. Un destino segnato, quasi una conditio sine qua non tra vittima e carnefice. Piaccia o non piaccia, questa è La canzone di Nick Cave ispirata, per sua stessa ammissione alla tradizione delle murders ballad. Temo che anche questa ce la dovremo scordare. Eminem, rapper bianco sporco, cattivo e vincente; lui non ha risparmiato nemmeno la madre, figuriamoci se la coltre del politicamente corretto potrebbe risparmiare qualcuna delle sue opere. E insieme a lui il rap nero, tutto nell’indifferenziata. 
Dibattito
Il politicamente corretto, quella sorta di autolimitazione atta al «non offendere nessuno» che caratterizza ormai da un lustro qualsiasi dibattito, opinione e produzione destinata al pubblico, ci sta decisamente sfuggendo di mano. E non può, non deve, non conviene che sia applicata alle canzoni. La membrana tra autolimitazione e censura è sottilissima nell’arte. Ed è un attimo che possa squarciarsi. 
Torniamo a casa. Tra Bocca di Rosa di De Andrè e i Watussi di Vianello, un’intera stirpe di meravigliosi personaggi che vivono nelle canzoni, che respirano, soffrono, commuovono, e persino irritano, sarebbe bandita. Perderemmo un patrimonio incommensurabile a vantaggio di un’equità che nemmeno gli stessi personaggi sarebbero disposti a tollerare. 
Dietrofront
Era il 1965. Il mondo era quasi alle porte di quella che sarebbe stata una contestazione epocale, che avrebbe avuto luogo nelle piazze e nelle più grandi città del pianeta solo tre anni dopo. In questo clima imbevuto di fermento culturale e politico, Guccini scrisse un testo da molti ritenuto l’apripista per la canzone italiana di protesta. In realtà, quella canzone non era stata pensata espressamente per esserlo, e nemmeno per dare voce a una generazione, ma semplicemente per mettere in parole i pensieri del suo autore. Dio è morto. Guccini non venne perdonato dai dirigenti della Rai per aver usato un’espressione così colorita; ma fu proprio la Chiesa, sparigliando le carte, nella figura di Paolo VI ad affrancarsi da un pregiudizio ritenuto ipocrita, perbenista e fastidiosamente conformista. Se Dio muore, è per tre giorni poi risorge. E con una certa dose di buon senso quel testo straordinario veniva riaccreditato. Poi è giunta l’epoca liquida del digitale che ce l’ha messa tutta ad agonizzare le canzoni, se ora, la mano pesante la muove il braccio della morale, prepariamoci all’ammaraggio. Raggiungeremo presto l’abisso del silenzio.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA