Bruce Springsteen, ecco “Only the Strong Survive”: il nuovo album di cover e ballo. Il Boss riscopre la musica soul

Lo scrittore Leonardo Colombati ha ascoltato per noi il nuovo album dell’iconico artista americano in uscita oggi

Bruce Springsteen, ecco Only the Strong Survive : il nuovo album di cover e ballo. Il Boss riscopre la musica soul
di Leonardo Colombati
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Venerdì 11 Novembre 2022, 08:00 - Ultimo aggiornamento: 10:18

Sì, lo so. È un disco di cover. Una cosa da finale di carriera per ogni cantautore che abbia raschiato il fondo del barile della propria creatività. Ma quando si tratta di Bruce Springsteen non si può mai sapere, vero? Quando andò in copertina su Time e Newsweek per il rock romantico e pomposo di Born to Run la mossa successiva fu il disco più asciutto e punk della sua carriera, quel Darkness on the Edge of Town che prometteva desolazione sin dal suo titolo. E vi ricordate cosa successe dopo il ciclone Born in the U.S.A.? Invece di continuare la strada dei ruggenti inni rock n' roll, tutti muscoli, chitarre elettriche e scintillanti sintetizzatori (oltre che danzanti Courtney Cox), il Nostro se ne uscì con Tunnel of Love, l'equivalente musicale del Mio cuore messo a nudo di Baudelaire.

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IL BRIVIDO

Scettico ma consapevole delle mille vite del Boss, dunque, mi accingo ad ascoltare questo Only the Strong Survive, che poi è il titolo della prima delle quindici canzoni che Springsteen ha tratto dalle teche del suo gigantesco laboratorio di archivista: l'ha scritta e interpretata Jerry Butler nel 1968, ma la versione più celebre (a proposito di cover) è quella che ne diede Elvis un anno dopo: «Ricordo il mio primo amore» recita Bruce nel parlato iniziale, «in un modo o nell'altro l'intera dannata faccenda andò storta» E io già sento quel brivido lungo la spina dorsale che secondo Nabokov è il segno inequivocabile del piacere estetico.

Le altre gemme riportano ai gloriosi tempi dei Walker Brothers (The Sun Ain't Gonna Shine Anymore), di Aretha Franklin (Don't Play That Song), dei Four Tops (Room of Gloom), dei Temptations (I Wish It Would Rain), di Diana Ross & The Supremes (Someday We'll Be Together) di Dobie Gray (Soul Days), Frank Wilson (Do I Love You) e Jimmy Ruffin (What Becomes of the Brokenhearted). L'arco temporale è quello che va dal 1962 (l'anno in cui Ben E. King incise Don't Play That Song) a Nightshift dei Commodores del 1985. I dubbi si diradano al passo della gioia della musica: è talmente divertente ascoltare questo disco che non trovi il tempo di ragionarci su. Sarà un disco necessario, come si diceva un tempo? Boh. Chissene frega. Il piede batte il tempo, il cattivo umore è sparito. Cos'altro importa, ormai? «Guidando la mia Chevrolet / tengo stretta la mia piccola, / ma il mio primo amore sono state le canzoni / che cantavano dei giorni del soul».

 

LA BRILLANTINA

Il terreno di gioco, ebbene sì, è quello del soul, che poi lo capiamo tutti per puro istinto ogni volta che ascoltiamo certi vecchi dischi della Stax e della Motown è la musica più emozionante che sia stata mai inventata per sognare e per ballare. «Quando penso al soul» ha`` detto una volta Tina Tuner, «penso alla brillantina, perché niente funziona senza brillantina». In effetti, cosa sarebbe il soul senza i quintali di gel utilizzati da James Brown e dalle Supremes? Ma la brillantina che fa decollare certi blues fino ad entrarti dentro l'anima sono le trombe e i cori. E le voci. Le voci immortali di Levi Stubbs e Aretha Franklin, Eddie Kendricks e Diana Ross.

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LE VOCI

Fare un disco di cover di pezzi soul significa confrontarsi con quelle voci pazzesche, che ancora oggi sembrano provenire da un altro mondo. Nessuno può vincere una partita del genere; neanche Bruce. Che qui non suona un singolo strumento (lasciando il compito a Ron Aniello, agli archi arrangiati da Rob Mathes e a una nutrita sezione fiati), ma fa semplicemente il cantante. La sua voce calda e sferragliante riesce comunque a confezionare un omaggio pieno d'amore per un genere da lui amato da sempre, e alla fine Only the Strong Survive non ce la fai proprio a toglierlo dal piatto: non vedo l'ora che arrivi la primavera e che le sue note suadenti e gioiose rischiarino il crepuscolo di un barbecue tra amici. Di sicuro una ragazza, da qualche parte, con un bicchiere in mano a qualche festa in qualche giardino, si toglierà le scarpe e comincerà a ballare sul prato sulle note di Turn Back The Hands of Time e nessuno riuscirà più a stare fermo.
 

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