Braido torna alle sue "Origins", nel nuovo cd Pink Floyd, Clapton, Hendrix: «Sono le mie radici»

Braido torna alle sue "Origins", nel nuovo cd Pink Floyd, Clapton, Hendrix: «Sono le mie radici»
di Massimo Chiaravalli
3 Minuti di Lettura
Mercoledì 26 Dicembre 2018, 15:06
Dieci tracce, di cui quattro strumentali. Due inediti e otto cover. Non di brani qualsiasi: Andrea Braido torna alle sue “Origins” e si cimenta con mostri sacri della sei corde come Jimi Hendrix, Eric Clapton, David Gilmour e Jeff Beck, dopo i leggendari assoli che in tanti hanno amato sulle musiche di Vasco e molti altri, nel cd in uscita il 18 gennaio, con etichetta Videoradio.

Quali sono le origini di Braido?
«L’idea mi è stata data in parte da alcuni fans: hanno chiesto di fare un disco con alcuni brani che interpreto in video su Youtube. Le mie radici sono più legate agli anni ’70, anche se avevo pochi anni. Così ho suonato “Stranger to himself” dei Traffic e “We’re not gonna take you”, che gli Who suonarono a Woodstock, piena di rabbia e ribellione positiva. E poi “Can you see me” di Hendrix, “May be a Leo” dei Deep Purple, “South California purples” che fa parte del primo disco dei Chicago, proposta in una versione più veloce. Inoltre ci sono brani più recenti come “Comfortably numb” dei Pink Floyd: a parte “The dark side of the moon” e “Wish you were here” in quel periodo non li ascoltavo molto, ma mi piaceva questo brano. Infine “The pump” di Jeff Beck e due inediti, molto diversi tra loro. Si tratta di “Windy Meadows”, che riporta ai miei ricordi adolescenziali in Trentino, e “Memory”, un omaggio a grandi maestri come Zappa».

Le cover sono fedeli all’originale o molto rivisitate?
«Alcune sono molto vicine, come quelle di Beck e Clapton: qui sono stato abbastanza tranquillo. Le altre di Hendrix, Pink Floyd, Chicago e Traffic le ho rifatte invece con arrangiamenti diversi».

I puristi di Gilmour su “Comfortably numb” saranno attentissimi.
«Sui social l’avevo già proposta e molti l’hanno apprezzata. Ma la musica non è scimmiottare le note: chitarristi come Hendrix o Beck dal vivo non suonano mai un assolo allo stesso modo. Penso che uno debba imparare e suonare a modo suo. L’originale c’è già, ripetere sarebbe riduttivo, sicuramente la parte più difficile è provare a tirare fuori la propria personalità».

Quali strumenti sono stati utilizzati nel cd?
«A parte una Martin e una Gibson acustica, c’è un sound molto omogeneo creato da Fender Stratocaster, Gibson Les Paul e varie Sg. Come amplificatori invece Marshall, Soldano e Fender».

Il brano della tracklist che ti rappresenta di più?
«E’ difficile, sono tutti una parte di me. Ci trovo molto in quello dei Chicago: è un blues in la minore con andamento funky e momenti jazz come scelta armonica».

Quello più ostico da interpretare?
«Ho suonato Clapton molto più rilassato. Non è stato ostico dunque, ma avendo una personalità molto più aggressiva della sua, ho cercato di suonarlo in maniera tranquilla come lui».

Sei un musicista completo: ci sono brani in cui suoni tutto?
«Sì: a parte le tastiere, in quello di Clapton e i miei due brani. Chitarre e bassi un tutto il cd».

Molti si sono avvicinati a Braido ai tempi di Vasco: come sei cambiato da allora?
«La mia vita musicale è partita prima di arrivare a lui. Avevo già suonato con Patty Pravo, Baccini, Bertoli, jazz nell’aria milanese e romana, avevo fatto un’esperienza fondamentale negli Usa. Ne parlo anche nel libro che sto scrivendo. Da allora ho migliorato ciò che pensavo di suonare bene, imparando nuove cose. Ad esempio, non sono mai stato un fanatico dei Queen, eppure dopo aver visto “Bohemian Rapsody” al cinema ne ho capito molte più cose, sto entrando nelle loro composizioni, alcune delle quali incredibili. Questo, secondo me, è il segreto: migliorare ciò che sai già e imparare cose nuove. Come mi vedo oggi? Amo il jazz ma sono molto rock: la musica è libertà e voglio abbattere queste barriere».
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