Braido, dalla chitarra all'autobiografia. «Vasco, Mina e gli altri: vi racconto tutti i dietro le quinte»

Braido, dalla chitarra all'autobiografia. «Vasco, Mina e gli altri: vi racconto tutti i dietro le quinte»
di Massimo Chiaravalli
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Venerdì 22 Luglio 2022, 04:30 - Ultimo aggiornamento: 14:04

Leggere "Energy life", la nuovissima autobiografia di Andrea Braido, è come immergersi in un pezzo di vita non solo del mago della chitarra – o della "bestia", come lo aveva ribattezzato Vasco Rossi – ma anche della miriade di musicisti cui ha prestato il suo modo di suonare. Che poi sono nomi così: Mina, Marcus Miller, Zucchero, Adriano Celentano, Francesco Baccini, Patty Pravo, Eros Ramazzotti, Enzo Jannacci, Ligabue, Laura Pausini. Praticamente mezzo mondo musicale italiano e internazionale. Una pubblicazione, edita da Andromeda production, che è una tappa obbligata per chi vive di pane e note. E scorre in maniera incredibilmente agevole, nonostante le oltre 500 pagine.
 
Passare dalla tastiera della chitarra a quella del pc è stato traumatico?
«Fin quando scrivi una decina di pagine sembra una cosa normale, quando diventano centinaia l’esperienza è molto diversa e per certi versi più faticosa di suonare. Perché vanno ricostruite le parti salienti della mia vita, fin da quando ero piccolo. Devo ringraziare Cristian Bressanelli, che mi ha dato una mano fondamentale nella stesura».

In tanti anni di attività sono una marea gli aneddoti inediti, ad esempio quello su Lenny Kravitz.
«Era durante le prove dell’ultima puntata di “Stasera pago io 2”. Nella sala di Fiorello c’erano un sacco di persone, poi lui ha detto a Lenny: guarda, ti faccio vedere come suono. Io sono partito con la chitarra, ma Kravitz dopo mezzo secondo si è voltato e ha capito subito che a suonare ero io. Si è rivolto a me dicendo “brilliant guitar player”, complimentandosi».

Braido è stato, tra le altre cose, uno dei pochissimi a dover dire no a Mina.
«E’ successo che mentre stavamo facendo le prove a Pianoro per Fronte del palco. E' arrivato Paul Martinez, il bassista, e Vasco mi ha detto: visto che suoni anche il basso, vedi con lui i pezzi. Per me andava bene, sarei stato libero il sabato e la domenica. Quando mi ha chiamato Massimiliano Pani, il figlio di Mina, ho quindi detto di sì. Tutto entusiasta l’ho riferito a Vasco, per me era una bellissima cosa. Lui invece mi ha risposto che non sarei potuto andare, quindi con mio grande rammarico ho richiamato spiegando che purtroppo non ero più libero perché avevamo le prove. Ma mi sono reso disponibile per il successivo disco».

Su Fronte del palco è noto che lei ha dato un contributo fondamentale sulla chitarra solista, ora invece si scopre che il merito è suo anche su varie parti di basso e chitarra ritmica.
«Vasco non voleva che questa cosa fosse raccontata, ma ne ha già parlato anche Tedeschi, il batterista: il live è stato messo un po’ a posto. Non mi sembra così grave: a parte Made in Japan dei Deep Purple e pochi altri esempi, qualsiasi disco dal vivo è stato ritoccato. Anche i Led Zeppelin quando hanno fatto The song remains the same, lo hanno ampiamente aggiustato in studio. Io mi sono trovato nella situazione di essere disponibile a farlo.

Batterie, voce, le mie parti e le tastiere andavano bene. Non farà piacere ad alcune persone, ma ci sono testimoni che sia andata effettivamente così, musicisti compresi».

Da Vasco a Zucchero: nei giorni del Live at the Kremlin ha rischiato di saltare il concerto per un'intossicazione, cosa è andato storto?
«Su 40 persone dello staff tra tecnici, musicisti, manager e autisti sono stato l’unico a sentirsi male. Per me è stato un po’ strano, forse qualcuno non voleva che suonassi. Non è stato comunque questo concerto a far arrabbiare Vasco, ma il tour di 18 date che si era svolto prima in tutta Europa: con Vasco si veniva fuori dalle date a San Siro e al Flaminio. Non è stato un tradimento, come lui sostiene, per me era lavoro. Se la pensa così mi dispiace, ma non mi sento di appartenere a una persona o a un’altra. Un musicista dà il massimo quando è coinvolto in un progetto, poi è giusto che sia libero di fare altro».

Di tutte le esperienze raccontate nel libro qual è stata la più divertente?
«Ognuna ha dei lati positivi. In studio ho un bel ricordo del disco con Paola Turci, perché sono stati divertenti i brani e l’atmosfera. E anche di quello con Mina: oltre che divertente è stato emozionante, in quanto ero l’unico in studio con lei insieme al fonico. Bello anche quando ho registrato per Vasco le chitarre di Stupendo o Gabri: qui mi hanno fatto uno striscione con scritto “Facce sognà Braido”, con le luci spente e le candele accese. È stato molto carino».

Tra tutte le collaborazioni descritte in "Energy life" emerge che i musicisti di elevatissimo calibro sono spesso i più umili.
«Non è sempre così, quelli che però ho incontrato io nel 90 per cento dei casi sono stati molto esigenti ma tranquilli. Per il cantante invece il discorso è diverso da quello del musicista. E' un po’ come il calciatore: purtroppo si parla spesso dell’attaccante, meno del terzino, anche se sono tutti fondamentali».

Il suo lavoro da solista a cui è più affezionato?
«Compositivamente parlando, Sensazioni nel tempo. C’è molto sentimento e poi era un periodo particolare della mia vita».

Se Braido potesse tornare indietro cambierebbe qualcosa?
«Valuterei meglio e con più calma. A volte mi sono trovato a fare delle scelte che col senno di poi avrei potuto gestire diversamente. Ero anche giovanissimo e mi trovavo in situazioni molto grandi, quindi sicuramente qualche errore l’avrò fatto. Magari sarei meno rigido e più scherzoso su certe cose che possono accadere in tour e che vanno anche capite. Però credo che nessuno dei cantanti con cui ho collaborato possa dire che non ho fatto al meglio il mio lavoro».


 

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