Bob Dylan, gli 80 anni del cantautore profeta dei diritti civili

Bob Dylan, i primi 80 anni del cantautore profeta dei diritti civili
di Niccolò Agliardi
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Lunedì 24 Maggio 2021, 09:08 - Ultimo aggiornamento: 19 Febbraio, 10:00

«La gente ne ha abbastanza. Ne ha troppe. Di fatto, se da oggi in poi nessuno scrivesse più canzoni il mondo non ne soffrirebbe. Non importa a nessuno. Ce n'è già a sufficienza di canzoni da ascoltare, per chi le vuole ascoltare. Si potrebbero spedire ad ogni uomo, donna e bambino della terra, cento dischi a ciascuno senza mai spedirne due copie uguali. Ce n'è a sufficienza di canzoni. A meno che non spunti fuori qualcuno con un cuore puro e qualcosa da dire. Allora è tutta un'altra storia». Rispondeva così, esattamente 30 anni fa nel 1991, a una domanda di Paul Zollo (cantautore e critico musicale statunitense) un 50enne di nome Bob Dylan. Oggi il ragazzo ne compie 80, e dopo quelle parole ha pubblicato altri 12 dischi tra cui l'ultimo Rough and Rowdy Ways dell'estate scorsa, a detta di molti, forse il suo miglior album. Ma come puoi aspettarti coerenza da uno che ha sconfessato sè stesso almeno 39 volte, quanti sono i suoi dischi, e chissà quante altre volte dopo aver predetto verità e averle ritratte solo dopo il loro compimento.

È questo che fa Bob da più di sessant'anni, indossa infinite maschere senza mai travestirsi.

Non è possibile quindi tracciare una mappa attendibile per la selva di poesie e canzoni che si snoda per almeno quattro generazioni e ottant'anni di vita non solo dylaniana ma anche americana. Tuttavia c'è qualcosa che è riuscita a conservarsi intatta e illibata per tutto l'arco della sua carriera: l'inconfondibile eleganza, e la bellezza quasi biblica delle sue rime. Rime, rime, e poi ancora rime. Guai se non ci fossero. Tormento e assillo. Croce per lui, delizia per noi. Vertiginose e splendide. Quella maledetta costrizione che ben conoscono coloro che scrivono canzoni, comprime lo spirito del poeta come la caldaia comprime il vapore. Eppure senza quella costrizione il getto che va alla valvola non avrebbe nessuna forza. E nessun movimento per nessuna locomotiva; ma nemmeno per un caffè della moka. Dylan, sputando poesia tra le cerniere d'acciaio delle rime, è capace persino di smuovere le montagne. Profeta dei diritti civili, cantore di una generazione di sogni e utopie, paladino della rinascita del folk acustico che poi ha tradito superbamente abbracciando la chitarra elettrica.

L'ebreo che canta il gospel, il cowboy che va a cantare per il Papa o il Premio Nobel che non si presenta ma cita Moby Dick. È un vortice di paradossi e contraddizioni. Un moltiplicatore di significati, oltreché di storie. Un uomo che contravviene sistematicamente le aspettative dei suoi ascoltatori ma anche dei suoi detrattori, modificando senza mai preavviso i versi, le melodie e anche la sua stessa voce. Dylan ha assunto decine di identità restando un mito unico e ineguagliabile e potrebbero occorrere secoli prima di giungere ad una piena comprensione della sua impresa. Lo studioso del futuro si guarderà indietro pieno di meraviglia per quell'uomo che da solo è riuscito a produrre un'opera tanto vasta e straordinaria. Ed io lo voglio aiutare, quello sbarbato studentello di domani, scegliendo - oggi - una di quelle che tra le sue oltre 600 canzoni pubblicate, è senza alcun motivo, tra le mie preferite.


Amore e protesta


Si chiama Not dark yet (Non è buio ancora) presente in Time out of Mind il suo trentesimo album in studio del 1997. È l'ennesima, straordinaria variazione sui temi d'amore e di protesta. È l'amore per tutti gli esseri umani e la ribellione per la loro comune condizione di sofferenza. E tu non correre, ragazzo, respira profondamente e lentamente. E tra un respiro e l'altro, leggi un verso di questa meraviglia. «Well my sense of humanity has gone down the drain» (Il mio senso di umanità è sgocciolato via nella fogna); «Behind every beautiful thing there's been some kind of pain», e dietro al volto della bellezza è nascosta la sua parte ineluttabile di sofferenza. E poi, ancora, in mezzo allo scenario di richiami che sono la cifra del suo cantare; anime inaridite, gelide e ormai insensibili: «I've been down on the bottom of a world full of lies», quanto può essere difficile credere ancora all'amore quando al fondo di ogni viale si apre sempre una curva di bugie? Forse, quando il dolore è così forte e se ne perdono di vista le ragioni, ogni tentativo di comprensione si annulla nella sua sola accettazione. A poche ore dallo scoccare degli ottant'anni, allora anche l'oscurità che incombe potrebbe non essere più semplicemente un artificio di metafore e nel silenzio di un buio che tutto sta per avvolgere, neppure il mormorio sommesso di una preghiera brilla più come una scintilla di speranza. A meno che a meno che non spunti fuori qualcuno con un cuore puro e qualcosa da dire. Allora è tutta un'altra storia. L'ha detto lui.

 

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