Il concerto, destinato a girare in svariate città italiane fino alla fine dell'anno, vede al fianco di Biondi una agguerritissima band, The Italian Jazz Players, formata da alcuni sperimentati strumentisti che lavorano con lui da tempo come Lorenzo Tucci alla batteria, Claudio Filippini al piano, Ciro Caravano alla tastiera, Marco Fadda alle percussioni, Tommaso Scannapieco al basso e contrabbasso, Michele Bianchi alla chitarra, Daniele Scannapieco al sax e al flauto, Gianfranco Campagnoli alla tromba. Del resto il rapporto con il mondo del jazz è stato sempre molto intenso e caratterizza tutta la carriera del soulman siciliano. Una carriera tenuta a battesimo nel clima familiare: «In qualche modo sono nato famoso. A 12 anni già salivo sul palco con quattromila persone in platea, ospite degli spettacoli di mio padre, Stefano, che in Sicilia era molto conosciuto» ci ricordava tempo fa Biondi.
RICETTA INTERNAZIONALE
Che poi è cresciuto facendosi le ossa nel mondo musicale facendo manovalanza fino, appunto, al boom del 2004. E, in questo decennio, Mario è rimasto fedele alla sua ricetta internazionale, cantando quasi sempre in inglese, anche se confessa di pensarci ogni tanto a usare la lingua italiana: «In verità ho sempre fatto quello che mi piaceva fare, è stato il pubblico a decretare che cantassi in inglese. Però non voglio essere un esterofilo. La verità è che Baglioni, De Gregori, De Crescenzo mi hanno influenzato tanto quanto Ray Charles, Luther Vandross, Al Jarreau. Ho ascoltato di tutto, pop, rock, classica. Ogni tanto ai grandi artisti italiani chiedo di scrivere per me. Tempo fa ho incontrato Francesco De Gregori. Perché non mi fai una canzone? gli ho chiesto. M'ha risposto che ci pensa». Intanto Biondi ha trovato un altro modo per sfruttare il suo inglese: tuffarsi nel repertorio natalizio che ha anche illustri precedenti nel campo del soul, da Ray Charles che forse ha realizzato il più bell'album del genere con Christmas time negli anni 80, a James Brown con il singolare A soulful Christmas di James Brown, inciso nel 68.
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