«Quando mio padre Art Kane riunì i giganti di Harlem in una foto»

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di Flaminia Bondi
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Giovedì 30 Aprile 2020, 16:39 - Ultimo aggiornamento: 17:11
È un'afosa giornata di agosto del 1958 e 57 musicisti jazz si sono svegliati all'alba, malgrado una notte passata a suonare, per dirigersi verso una residenza di Harlem. Ad aspettarli c'è Art Kane, un giovanissimo art director con una macchina fotografica in mano. Aveva lanciato un appello a tutti i grandi artisti del jazz qualche settimana prima, per conto della rivista Esquire, ma non aveva idea di chi si sarebbe presentato.

«Diceva che sarebbe stato fortunato ad averne 20», racconta oggi il figlio, il musicista e fotografo Jonathan Kane, 63 anni. Invece ecco che in poco tempo la 120esima strada si trasforma in una festa a cielo aperto. Si chiacchiera, ci si racconta le ultime novità, come in famiglia. «Tutti andavano d'accordo», sottolinea Jonathan, «tutti erano felici di ritrovarsi». Poi, per prendere posizione sui gradini, si improvvisa, come in una vera jam session. Per Kane, vedere riuniti davanti ai suoi occhi tutti i suoi eroi, come Count Basie e Gene Krupa, fu commovente. Ma come mai tutta questa partecipazione? Secondo Jonathan, poter apparire sulla famosa rivista Esquire, che godeva di un vasto pubblico, era un'opportunità unica per ottenere finalmente un certo rispetto da quella che definisce come l'America tradizionale.

L'OBIETTIVO
La segregazione razziale, racconta, pesava infatti ancora sugli artisti afro-americani, che nonostante fossero all'origine di tutte quelle nuove creazioni musicali, non erano veramente conosciuti dal pubblico. «Il jazz era un grande affare», spiega, «ma il volto del jazz per l'America era Benny Goodman, non Duke Ellington». Per quanto riguarda le ragioni del padre nell'immortalare quella foto, Jonathan ricorda: «Il suo obiettivo era innanzitutto quello di creare qualcosa che nessuno aveva mai visto prima, e di farlo celebrando artisti che tanto amava». E ci riuscí, grazie alla sua audacia. Per Art Kane la fotografia non era solamente un modo di immortalare ciò che lo circondava, ma un modo per esprimere appieno la sua visione del mondo. Lo scatto di Harlem 1958 lo lanciò nel mondo della fotografia, ma fu solo una delle innumerevoli foto che lo resero celebre.

«Mio padre era sempre alla ricerca della sua prossima creazione», aggiunge. Art Kane e suo figlio hanno senz'altro questo in comune: il coraggio di sperimentare per creare qualcosa di nuovo. Jonathan spiega così il suo amore per la musica minimal, che condivide con la sua band February. Oltre alla sua musica, Jonathan è risoluto nel mantenere viva la memoria del padre, morto nel 1995, organizzando mostre e pubblicando nuove raccolte dei suo lavori, come l'ultimo libro Art Kane: Harlem 1958, nato dalla collaborazione con Guido Harari.

UNA GIORNATA MERAVIGLIOSA
Così come Art Kane aveva riunito i grandi del jazz in «una meravigliosa giornata ad Harlem», la musica continua a riunire le persone durante la quarantena. Il Covid-19 è stato particolarmente violento nel mondo del jazz, togliendo la vita a grandi nomi come Mike Longo e Wallace Roney. Ma Jonathan vuole concludere con una nota è il caso di dirlo più positiva, augurandosi che questo difficile momento possa almeno rappresentare una rinascita artistica, per ritrovare quella creatività di cui, secondo lui, il mondo del jazz ha oggi bisogno. «Io terrò senz'altro il cuore e le orecchie ben aperte».

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