Achille Lauro: «La trap è morta, mi copiano tutti»

Achille Lauro: «La trap è morta, mi copiano tutti»
di Marco Pasqua
3 Minuti di Lettura
Martedì 17 Luglio 2018, 08:48 - Ultimo aggiornamento: 20:37

L'ultimo tatuaggio, sulla guancia destra, porta il nome del suo quarto album, quel Pour l'amour, che sancisce la chiusura anche se solo parziale con il mondo della musica trap. E se Achille Lauro, ovvero Lauro de Marinis, rapper classe 1990 cresciuto nella periferia romana di Vigne Nuove, ha sempre rifiutato ogni genere di etichetta, adesso spiega di aver virato verso la samba-trap, in cui le contaminazioni latine rappresentano l'evoluzione di un «qualcosa di superato».
 


«Non sopporto più la trap sbotta il cantante, mentre in questi giorni è uscito, su Youtube, il videoclip di Angelo Blu, con Cosmo il mercato è ormai saturo. Tanti pischelli la considerano ancora come punto di arrivo, perché in 10 ce l'hanno fatta e sono riusciti a guadagnare tanti soldi. Ma la musica trap poteva essere una novità nel 2014, oggi non lo è più. Quelle che ascoltiamo sono soltanto delle copie. Questi ragazzini si svegliano, decidono di fare trap e copiano gli stessi quattro, cinque artisti». Lauro, che in Ammò canta con Clementino e Rocco Hunt, attacca i suoi colleghi («musicalmente più giovani di me, ma non farmi fare nomi, non mi abbasso al loro livello», puntualizza): «Mi hanno copiato tutti. Come la moda degli occhiali da donna, che ho indossato per primo, nel mio ambiente: ora li vedo ovunque».

LEGGI ANCHE-----> Achille Lauro dona un defibrillatore alla Palestra del Quarticciolo

Con Pour l'amour, un primo passo verso «qualcosa che non esisteva: stiamo introducendo qualcosa di nuovo. È come se, con questa samba-trap, una sorta di cantautorato sporco, stessimo aprendo insieme un vaso di Pandora». Quarto album, ma altri due già pronti nel cassetto, da pubblicare quando il mercato sarà pronto: Lauro punta a essere uno dei rapper più prolifici («ho già scritto altre 200 canzoni, non mi fermo mai», confessa). «Agli inizi della mia carriera scrivevo da solo. Adesso per comporre e buttare giù dei brani solitamente prendo in affitto una grande villa - spiega - l'ultima era al Circeo, sui monti. Con me, c'erano tanti amici, colleghi, dieci chili di marijuana (ride, ndr): alla fine non volevo più uscirne. Giravo tutto il giorno scalzo e mangiavo la frutta che raccoglievo dagli alberi. Quel posto era diventato una specie di Villaggio Lauro».

VASCO E JIM
A Marracash deve moltissimo («è stato il primo a credere nel mio talento»), ammira Coez («mio fratello») e Calcutta, e dice di sentirsi vicino «ai poeti neri, Vasco Rossi e Jim Morrison». Gira in tour per l'Italia, sognando gli stadi: «Prometto che ci arriverò: voglio riempire San Siro e l'Olimpico». A differenza di molti suoi colleghi rapper, si tiene fuori dalle liti sui social: «Mi taggano in continuazione su Facebook e Instagram, anche solo per fare polemiche racconta ma io non rispondo mai. Vogliono solo farsi pubblicità. Io su questi piccoletti mi ci faccio delle grandi risate».

© RIPRODUZIONE RISERVATA