Alla ricerca di Monna Lisa, dal Dna la verità sulla gioconda

Alla ricerca di Monna Lisa, dal Dna la verità sulla gioconda
di Fabio Isman
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Venerdì 25 Aprile 2014, 13:44 - Ultimo aggiornamento: 28 Aprile, 15:57
Povera Lisa Gherardini del Giocondo, ammesso che sia veramente lei: non la lasciano davvero stare in pace, nemmeno mezzo millennio dopo la sua presumibile morte. Martedì, della chiesa della Santissima Annunziata di Firenze, verranno prelevati i Dna dai resti di alcuni suoi familiari, sepolti nella cappella dei Martiri. Provvederanno un docente di Ravenna e uno dell’Aquila, presente Stefano Vinceti, che, anche con questo metodo, è alla caccia della vera e supposta Monna Lisa. Nella tomba, dovrebbero esserci i resti del marito di colei che è ritenuta la protagonista del quadro più famoso al mondo, il mezzo sorriso più enigmatico e più celebre sul pianeta, Francesco del Giocondo; del figlio Bartolomeo, avuto però da questi con la prima moglie; e dell’altro figlio, Piero, nato appunto da lui e da Lisa.

PARAGONI

I campioni saranno portati all’Università di Bologna. Intanto, per capire se, per caso, anche Lisa sia sepolta nella medesima tomba (e come si farà a saperlo?); perché, nel Seicento, il cimitero di Sant’Orsola dove lei sarebbe stata inumata, ha subito una ristrutturazione, e, dicono quanti stanno svolgendo questi esperimenti, «non si può escludere che i suoi resti mortali possano essere stati trasferiti nella tomba di famiglia». I Dna che forse saranno prelevati martedì (ci sono pure incognite, legate allo stato dei resti, e alla possibilità di riuscire veramente a recuperare frammenti ossei in grado di concederne l’estrazione), saranno poi paragonati a quelli recuperati nel cimitero di Sant’Orsola, sempre a Firenze. Specialmente quelli di alcuni di defunti della stessa età della presunta Monna Lisa, su cui, come ammette lo stesso Vinceti, «non è stato possibile effettuare la prova del radiocarbonio», che potrebbe indicare, almeno con qualche approssimazione, la data della loro morte.



CLAMORE



La notizia è destinata a fare certamente clamore. Come qualsiasi che riguardi lo stupendo ritratto dipinto da Leonardo, e di cui, in realtà, sappiamo ancora molto poco. Ma però da chiedersi: e poi? Quand’anche conoscessimo il Dna di una donna, forse la Gherardini (chissà?), cosa ne potremmo fare? Magari prelevarlo dal quadro del Louvre, e vedere se sono analoghi, identici, o compatibili? Vinceti ci aveva già provato, con la caccia ai «resti mortali» di Caravaggio. Sapere quale fosse il suo Dna avrebbe mutato qualcosa nella realtà delle sue opere, nelle sue capacità di dipingere, o nella sua fama universale? Chiederselo è totalmente superfluo: anche perché anni di ricerche non hanno prodotto alcun risultato scientificamente certo. Come promettono già adesso di non fornirne quelli sulla povera Lisa Gherardini. Si cerca perfino di sapere dove è sepolta; quando si troveranno tracce di una donna con le sue caratteristiche, sarà improbabile accertare che sia proprio lei. E poi, che ce ne facciamo del Dna di una nobildonna fiorentina, quando non siamo neppure sicuri al cento per cento che si tratti esattamente della musa di Leonardo da Vinci? Uno studioso assai rigoroso, tutta una vita trascorsa all’Enciclopedia Treccani, ha per esempio affermato di recente che Monna Lisa ritrarrebbe una donna di Urbino, deceduta di parto: Pacifica Brandani, madre di un figlio avuto da Giuliano de’ Medici, committente di Leonardo (secondo lui) e a Firenze, e non a Roma. La ricostruzione si basa su una serie notevole di indizi «univoci e convergenti», come direbbero i legulei. Quindi, caccia al Dna di una donna, che non sappiamo nemmeno se sia quella ritratta da Leonardo.



EVENTI

L’arte, però, ha bisogno di eventi.
La nostra epoca è di episodi clamorosi, e ormai non più di studi rigorosi. La caccia alla Battaglia di Anghiari (che chissà se c’è ancora: moltissimo lascia supporre di no); ai Dna di immensi artisti (purché dalla vita avventurosa), o delle loro possibili modelle (purché universalmente celebrate). Aspettiamoci altre puntate di questo romanzo, anche se è vagamente «noir». E aspettiamoci, come è sempre accaduto negli altri casi consimili, di arrivare, al massimo, a qualche probabilità. L’unica certezza è che qualsiasi mai risultato non aumenterà la nostra conoscenza, non muterà i modi che abbiamo per ammirare il quadro più famoso e più venerato al mondo.
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