Dopo secoli, nuova attribuzione per la Madonna di San Luca, icona romana

La Madonna col Bambino
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Giovedì 18 Ottobre 2018, 18:56
Philippus Rusuti Pinxit. In latino, «Dipinse Filippo Rusuti», a grandi lettere bianche su verde, nel decoro appena sopra l'aureola di Maria. «Già trovare una firma su una tavola del '200 è un miracolo. Per secoli, in quella posizione, nessuno l'ha notata. Ma sono bastati 15 secondi per riconoscerla», dice lo studioso Alessandro Tomei.

È la firma, inequivocabile, che riscrive la storia e l'attribuzione della Madonna di San Luca, dipinto celeberrimo e una delle più antiche, preziose e venerate icone della cristianità, conservata nella Chiesa di Santa Maria del Popolo a Roma (luogo, anch'esso, tra i più celebri della città per i capolavori che conserva, da Raffaello a Caravaggio) e fino al 18 novembre eccezionalmente esposta al Museo Nazionale di Castel Sant'Angelo nella mostra che ne racconta le ultime sorprendenti vicende,
Filippo Rusuti e la Madonna di San Luca in Santa Maria del Popolo. Il restauro e la nuova attribuzione di un capolavoro medioevale romano.

Tutto nasce proprio da quel «restauro risolto con grande cura metodologica dalla Soprintendenza Speciale Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Roma», racconta la direttrice del Polo Museale del Lazio, Edith Gabrielli, insieme al Prefetto Angelo Carbone, alla Direzione centrale per l'amministrazione del Fondo Edifici di Culto.

Gli ingredienti per «una mostra dossier c'erano tutti», ricostruisce, a partire dalla storia, già da romanzo, della tavola, bellissima e commovente con quella Madonna su fondo oro preziosamente ammantata di blu, in stile bizantino, che china il capo verso il bambino benedicente, nei tratti tipici dell'iconografia dell'Odigitria («colei che mostra la via», cioè Cristo).

Da sempre oggetto di grande devozione, documentata dalla fama di immagine miracolosa, ma anche dagli atti ufficiali della Chiesa, il suo potere taumaturgico consolidò la credenza che fosse stata dipinta per mano stessa di San Luca, quando nel 1235, al canto del Salve Regina Papa Gregorio IX la fece trasferire da San Giovanni in Laterano nella cappella di Piazza del Popolo, accanto alle reliquie del latte, del velo e delle vesti mariane poste un secolo prima da Pasquale II (per scacciare lo spirito funesto di Nerone che si dice si aggirasse nei dintorni).

«Di Madonne achirotipe, non di mano d'uomo - spiega il Soprintendente Francesco Prosperetti - ne esistono diverse. Qui qualcuno si impegnò a cancellare la firma, proprio per avvalorare la tradizione popolare che assegnava l'opera a San Luca».

Nei secoli portata in processione per scongiurare l'attacco dei turchi, più volte riprodotta per diffonderne il culto anche al di fuori di Roma (Alessandro Sforza ne commissionò una copia a Melozzo da Forlì, un'altra andò al Duomo di Trento e lo stesso Pinturicchio ritrasse San Luca a dipingerla nei suoi affreschi a Santa Maria del Popolo), depredata delle corone che la ornavano (e di cui si leggono ancora tracce), fino a oggi gli studiosi attribuivano la Madonna al Maestro di San Saba, autore degli affreschi della quarta navata della Chiesa all'Aventino.

Fino ai lavori di restauro diretti da Simonetta Antellini, quando durante le «operazioni di consolidamento del legno e della superficie pittorica» emerge la firma di Filippo Rusuti, maestro del Duecento romano, noto per i mosaici di Santa Maria Maggiore, «ma piuttosto defilato rispetto ad altri artisti come Jacopo Torriti e Pietro Cavallini», dice Tomei.
Con un magistrale coup de theatre, la firma ritrovata riscrive non solo una pagina di storia dell'arte medioevale, ma anche nel catalogo di Rusuti al quale, dice lo studioso, «a questo punto vanno attribuiti anche gli affreschi di San Saba, frutto della stessa mano». 
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