Da Leonardo a Piero della Francesca: le cacciatrici di panorami dei grandi capolavori

Da Leonardo a Piero della Francesca: le cacciatrici di panorami dei grandi capolavori
di Fabio Isman
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Lunedì 1 Settembre 2014, 20:02
Una insegna all’Universit; l’altra dipinge e salva rose la cui specie in pericolo: ne ha fatto perfino un museo. Ma il loro lavoro, in realt, un altro: singolare, pieno di fascino e addirittura di risultati. Sono due cacciatrici di panorami. Dal 2007, ne hanno individuati una dozzina, in buona parte ancora esistenti, in altrettanti capolavori di Piero della Francesca, Raffaello e Leonardo. Il primo fu lo sfondo del Dittico dei Duchi di Piero, agli Uffizi; il più recente, è perfino la Gioconda. Olivia Nesci, la docente, e Rosetta Borchia sono di Urbino; «è lei a esordire in questo chiamiamolo mestiere, profonda conoscitrice del paesaggio», dice Olivia; «ha trovato lo sfondo dei ritratti di Federico da Montefeltro e Battista Sforza, di Piero». Sotto il mento del Duca, il Monte Fronzoso, nella valle del Metauro, tra Sant’Angelo in Vado e Urbania. «Ha avuto una folgorazione, un’impressione di “deja vu”. Da allora, lavoriamo assieme. Prima, io solo durante le feste; ora che la faccenda ha destato interesse, ci chiedono pure delle ricerche, assai di più».



«Tutti paesaggi delle Marche, attorno a Urbino; o di sue otto città che, dopo un referendum, oggi fanno parte della Romagna: Pennabilli, San Leo e altre zone del Montefeltro». Per loro, ovviamente, la Gioconda non è Monna Lisa, bensì Pacifica Brandani da Urbino, come sostiene uno studioso, Roberto Zapperi: «Non ci conoscevamo, e siamo arrivati, per vie diverse, a un’analoga soluzione. Zapperi è uno storico, ha trovato documenti e prove sull’identità della donna più celebrata nella pittura; noi, contemporaneamente, abbiamo identificato il paesaggio a destra della Gioconda: è nella valle del Senatello, sempre nell’area del Marecchia. E ne abbiamo trovato conferma in quattro codici: l’Arundel e tre di Windsor; immagini catalogate come anonime: ma, per noi, studi preparatori, in realtà, proprio di quel paesaggio».



Procedono in mille modi: «Utilizziamo le foto satellitari e aeree; compiamo voli con i droni; studiamo antiche carte e sfruttiamo tutte le modalità dell’alta definizione e della digitalizzazione. Perché alcuni panorami sono rimasti; ma altri, ormai, sono stati modificati dall’antropizzazione e dai mutamenti del suolo. Sono intervenute delle frane, e laghi che un tempo esistevano non ci sono più». Ma alcuni siti restano del tutto intonsi: «Come quelli del Dittico di Piero; oggi, penserebbero di farci passare una strada a sei corsie, come già un tunnel ha adulterato il panorama sotto Urbino della Crocifissione di Federico Barocci, a Madrid».



La Provincia di Rimini ha chiesto loro una ricerca sui Balconi di Piero: i terrazzamenti dove lui ha lavorato, da cui inquadrava le sue prospettive. «Ne abbiamo identificati sette; tre sono i punti da cui lui traguardava nel Dittico di Firenze; gli altri, quelli della Natività e Battesimo di Cristo della National Gallery di Londra; della Resurrezione di Sansepolcro; e del San Gerolamo con devoto, di Venezia». Luoghi, è documentato, che Piero, e Leonardo, percorrevano; «Piero, per andare a Rimini: dai committenti Malatesta».



E i siti meno identificabili oggi, «vanno studiati. Per esempio, Leonardo, nel Trattato della Pittura, un codice Vaticano però prima a Urbino, parla della “prospettiva dei rimpicciolimenti”: così, abbiamo usato anche noi riduzioni ed ingrandimenti, per essere certi e sicuri». Anche alcuni sfondi di Piero sono ormai diversi: «Se il Monte Fronzoso dietro al ritratto di Federico è rimasto intatto, dietro Battista il paesaggio è invece mutato. Quell’angolo di Val Marecchia che c’è nel dipinto, manca di una parte. Abbiamo scoperto che una frana ha distrutto un paese nel ’700: lo confermano gli archivi e antichi documenti; è la Rupe di Maioletto». Tutto scientificamente provato, anche se resta qualche mistero. «Dietro a parecchi quadri di Piero della Francesca, come il San Gerolamo, c’è una città fortificata; per gli studiosi, probabilmente è Sansepolcro, il luogo natale. Ma per noi questa città non è parte del paesaggio che l’artista ritrae: l’aggiunge, come un segno distintivo. Perciò, il paesaggio c’è ancora: è il rilievo di Uffogliano in Val Marecchia; ma la città non è visibile».



Ma qualche purista non storcerà magari il naso? «Noi ci dedichiamo ai paesaggi, non ai dipinti; se arriviamo a una conclusione, la comunichiamo solo se ne siamo assolutamente certe, se identificazione e analogie sono scientificamente provate». Sicure che il paesaggio della Gioconda non sia lombardo o toscano, come in molti vorrebbero, ma una valle già delle Marche e ora in provincia di Rimini?

«Non c’è alcun dubbio: abbiamo scritto anche un libro Electa, il Codice P, che sta per Paesaggio. Abbiamo individuato Monte Fumaiolo, con un lago scomparso e il torrente Senatello a destra; e la Valle del Marecchia e il Ducato di Urbino a sinistra. È sparito il ponte sul Marecchia, che si vede nel quadro: era sotto Pennabilli, ma l’ha inghiottito una piena del fiume».
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