Uomini che uccidono le donne, 1: quell'incontro furtivo sul treno

Uomini che uccidono le donne, 1: quell'incontro furtivo sul treno
di Roberto Costantini
6 Minuti di Lettura
Venerdì 19 Agosto 2016, 13:07 - Ultimo aggiornamento: 13:14
IL THRILLER
ANNA BIANCHI
Il treno viaggiava per Milano e aveva fatto sosta a Firenze. Mi recavo a un colloquio di lavoro per tentare di utilizzare la mia laurea in modo più consono. Non che fare la commessa in un negozio di abbigliamento vicino a piazza di Spagna fosse degradante, ma non avevo studiato scienza della comunicazione per convincere ricche turiste a comprarsi abiti oltraggiosamente cari e francamente poco adatti a fisici sovrappeso o sotto i centosettanta centimetri di altezza.
Sentii l'odore gradevole del dopobarba prima ancora di vederlo quando lui si sedette nel posto libero accanto a me. Una cosa ho certamente capito attraverso le esperienze con gli uomini: so già dopo un minuto se sono compatibili. Anche dopo un minuto di assoluto silenzio.
Un bel tipo, doveva avere tra i trenta e i quarant'anni, forse a metà strada. Era vestito bene ma non in modo ricercato, il che denotava soldi e gusto. Mi fece un cenno di saluto con un bel sorriso ma evitò di fissare subito la mia quarta misura come facevano quasi tutti. Sistemò il suo IPAD e il Sole 24 ore sul tavolinetto e si mise a leggerli quasi in contemporanea.
Dopo un po' arrivò il controllore e gli porgemmo i nostri biglietti.
Vi siete scambiati i posti? ci chiese.
Io rimasi un attimo perplessa ma il mio vicino si rivolse tranquillamente al controllore.
Sì, la signorina preferisce il finestrino al corridoio.
C'era qualcosa in quelle parole che mi colpì. Tante cose, in realtà. La gentilezza con cui mi aveva lasciato il suo posto senza neanche farmelo notare. La conoscenza di una mia preferenza naturale. Una forma di confidenza non invadente.
Il controllore si allontanò e ora mi sentivo in imbarazzo. Come mi succede spesso con gli uomini che mi piacciono.
Potevamo riprendere a sedere accanto in silenzio? Dovevo scusarmi per aver occupato il suo posto? Proporgli di riprenderselo? Presentarmi?
Lui mi levò d'impaccio con grande naturalezza ed intuii in quel preciso momento che fosse una sua grande dote naturale quella di togliere d'impaccio gente come me.
Mi scusi se l'ho chiamata signorina. Ma lei è così giovane che ho dato per scontato che non sia sposata.
Perfetto. Una frase che apriva una porta per una conversazione persino per una timida come me.
In effetti non sono sposata. Anche se non sono così giovane, vado per i trent'anni.
Riconoscevo i sintomi. Rilassatezza unita ad una leggera euforia. E frasi che salivano alla bocca dalla pancia invece di scendere dal cervello. Oltre al fatto che lui era decisamente un bel tipo.
Beh, per sposarsi c'è sempre tempo.
Sentii i miei occhi correre incontrollabili alla sua mano contro la mia volontà. Non c'erano anelli di nessun tipo. Lui se ne dovette accorgere perché sorrise e mi porse la mano.
Marco Diamanti. Un vecchietto trentacinquenne. Non sposato.
Dallo stomaco arrivò la mia vecchia amica-nemica. Una vampa di eccitazione. La mia mano era nella sua.
Piacere. Anna Bianchi.
MARCO RUBINI
Dopo l'arrivo del treno a Milano trascorsi il pomeriggio dentro una sala riunioni del Hilton a discutere con un dirigente della casa editrice per la quale mia moglie pubblicava sotto lo pseudonimo di Giulia Testa i suoi fortunatissimi romanzi con tanto amore e sesso che da cinque anni facevano impazzire le lettrici Italiane e straniere.
Uno schema davvero fortunato. La protagonista era Anna, una giovane donna romantica ed idealista che cercava il grande amore e maschi incapaci di reggere un rapporto maturo. In ogni romanzo Anna era protagonista di una storia con un uomo diverso. Una storia che iniziava con molto sesso che lei scambiava per amore. Un mix tra Paura di volare e Le cento sfumature, stessa donna ma uomini diversi, la donna che cerca l'amore e gli uomini che cercano il sesso e scappano quando lei inizia a parlare anche d'amore.
Uno schema banalissimo ed irrealistico nel mondo di oggi, dove le donne non erano più bambine incantate dall'idea del matrimonio col Principe azzurro ma adulte forti e consapevoli che il corteggiatore era prima di tutto un amante a letto, e poi, solo in casi molto rari, qualcosa di più.
All'inizio mi ero posto la domanda ovvia. Da dove veniva la fantasia inesauribile della mia dolce metà? I suoi trentasette anni, due più dei miei, non mi erano parsi così densi di avventure. Né prima di me, da ciò che sapevo, né dopo, da ciò che presumevo di sapere. Tra l'altro Giulia era una donna molto forte che nessuno avrebbe definito una sexy. Troppo magra, troppo piatta, troppo scolorita. E col tempo troppe rughe. E naturalmente troppo intelligente per essere sexy.
Perché l'avevo sposata dieci anni prima visto che io ero da sempre in grado di procurarmi una bella ragazza? Perché già da bambino mio padre mi portava a Capannelle alle corse dei cavalli. Lì avevo imparato ad osservare bene e a riconoscere i cavalli vincenti prima della partenza. Per gli esseri umani è la stessa cosa. All'università, dove la conobbi, ne fui subito certo: Giulia era un cavallo vincente. Infatti io che non sono riuscito a laurearmi e non avevo mai cavato un gran che dal mio diploma da ragioniere, oggi ero l'agente dei suoi diritti, l'amministratore dei suoi fondi e il primo beneficiario di tutto quel successo. Casa nuova da Monte Sacro ai Parioli, auto dalla Ritmo alla BMW Z3, abiti da Standa alle sartorie su misura.
Tutte cose che meritavo molto più di tanti laureati in economia visto come sapevo far fruttare i soldi che mia moglie guadagnava. E riuscivo a far scomparire senza lasciare grosse tracce. Giulia non si curava mai di controllare, troppo presa dalle fantasie erotico-sentimentali della sua Anna. Si metteva sulla chaise long, al buio, quel jazz incomprensibile di sottofondo e usava la fantasia.
Io invece avevo in merito una discreta esperienza. Ogni tanto pensavo che avrei potuto scriverlo anch'io un libro, il reciproco di quelli di mia moglie. Sempre lo stesso uomo e tante donne diverse. Ma Giulia, col suo tono un po' troppo cattedratico che aveva sempre avuto ma che si era impennato col successo, mi aveva spiegato che non avrebbe funzionato.
I libri li comprano le donne. E alle donne piace Anna perché è un'eroina lirica, mentre il tuo eroe, che non sarebbe neanche un eroe, è epico. E le donne in fondo, anche le più disinvolte, sono liriche. Perdonano i donnaioli lirici ma non quelli epici.
Non ti capisco Giulia avevo protestato.
Lei aveva tagliato corto.
Non credo di essere la persona più adatta a spiegartelo. Se vuoi leggiti Kundera, L'insostenibile leggerezza dell'essere.
Non mi ero letto questo Kundera, presumibilmente un grosso rompiballe. E ora il dirigente della casa editrice mi riportava al presente.
La serie televisiva ha ottime probabilità di realizzarsi. Naturalmente non sulle reti RAI, lei capisce, dottor Rubini. Anna non è un personaggio adatto al pubblico medio
C'era anche il beneficio dell'essere chiamato dottore. Così mi ero presentato ad Anna Bianchi.
Dottor Marco Diamanti, commercialista con studio e casa a Milano.
Quella che avevo abbordato quella mattina in treno aveva il pregio di essere vera, non come l'eroina romantica di mia moglie. Con la sua terza abbondante, forse una quarta, che avevo notato prima ancora di sedermi. Con un viso un po' triste ma che sicuramente diventava bello in certe circostanze. E il resto, che avevo visto quando eravamo scesi insieme dal treno, era certamente interessante.
Una ragazza disinvolta, moderna. Un'ottima preda.

1/continua
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