Resuscita Poirot, la letteratura come brand

Resuscita Poirot, la letteratura come brand
di Luca Ricci
2 Minuti di Lettura
Mercoledì 26 Novembre 2014, 20:52 - Ultimo aggiornamento: 29 Novembre, 14:30
E così è resuscitato anche Hercule Poirot, il celebre investigatore belga creato dalla penna di Agatha Christie. E’ infatti appena uscito “Tre stanze per un delitto” (Mondadori, pp. 312, € 18), un libro scritto da Sophie Hannah, importante autrice inglese di crime-novel, dopo un conciliabolo tra gli eredi della Christie e la casa editrice Harper Collins. Indipendentemente dalla qualità del libro- è stato detto da più parti che è un buon giallo ma un pessimo “Poirot”, perché la Christie voleva scrivere solo intrattenimento, mentre la Hannah ha ambizioni più letterarie, un desiderio di complessità che nuocerebbe soprattutto alla costruzione dei personaggi-, l’opera d’arte è giunta davvero nell’epoca della sua riproducibilità tecnica.



Citare Walter Benjamin non è fuori luogo se ci si sofferma un momento sulla copertina di “Tre stanze per un delitto” nella versione Mondadori. La circostanza che Sophie Hannah sia la vera autrice della storia è messa in secondo piano, mentre tutta la visibilità è data al nome e cognome di Agatha Christie. La Christie cioè non è più solo una firma, ma è divenuta un marchio registrato, un’industria la cui produzione di romanzi può tranquillamente continuare anche dopo la sua stessa scomparsa. In fondo succede la stessa cosa anche a molti scrittori viventi, soprattutto americani (Tom Clancy, James Patterson, James Frey): qualcuno, i cosiddetti ghost-writer, scrive per loro quando il rapporto tra domanda e offerta è molto sbilanciato.



Tornando agli autori morti, il caso Agatha Christie non è una novità. Tralasciando i numerosi testi apocrifi non autorizzati da agenti, editori ed eredi, ci sono illustri precedenti. Nel 2012, a 84 anni dalla morte di Arthur Conan Doyle, lo scrittore per ragazzi Anthony Horowtiz riportò in vita Sherlock Holmes con “La casa della seta”, dichiarando: “Il mio Holmes sarà esattamente lo stesso Holmes dei vecchi romanzi, non voglio prendermi libertà con questa grande figura”. Nel 2011 invece il già celebre bestsellerista Jeffrey Deaver, con l’assenso della Ian Fleming Pubblications, decise di scrivere “Carta Bianca”, una nuova avventura di James Bond, lo 007 più amato della storia letteraria (e cinematografica).



Magari le serie di Sherlock Holmes e James Bond non saranno opere d’arte, ma certo la letteratura intesa come esaltazione di uno stile particolare- e verrebbe da dire tutto il modernismo- ne esce malconcia. Gustave Flaubert diceva a un giovane e ammirato Guy de Maupassant che la letteratura è una lunga attesa, che lo scrittore deve pazientare per riuscire a gettare sulle cose uno sguardo unico, solo suo. Con la letteratura brandizzata ci troviamo esattamente dall’altra parte della barricata. Certo, l’operazione è possibile solo con certi autori e certi titoli. Innanzitutto, come si è visto, ci dev’essere di mezzo un personaggio forte, preferibilmente con un percorso di romanzi seriali già avviato. Ma il personaggio forte non basta, perché altrimenti qualcuno potrebbe mettersi in testa di scrivere il seguito del Don Chisciotte di Miguel de Cervantes o dell’Ulisse di James Joyce. Quelle replicabili sono scritture particolari, anche molto accurate, che si basano però più sulla tecnica che sullo stile, più sull’intreccio che sulla lingua.



Twitter @LuRicci74