Pasolini, le sue foto inedite per una celebrazione fuori dal brusio a 40 anni dalla morte

Pasolini, le sue foto inedite per una celebrazione fuori dal brusio a 40 anni dalla morte
di Luca Ricci
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Giovedì 22 Ottobre 2015, 09:18 - Ultimo aggiornamento: 24 Ottobre, 11:41
Il 2 novembre del 1975 ad Ostia moriva in circostanze tragiche quanto misteriose Pier Paolo Pasolini, e da allora la sua fine - benché emblematica e carica di simboli - ha soverchiato l’autore. E’ stato un omicidio a sfondo sessuale, politico, un incidente, un complotto? Queste domande, in buona sostanza, si rincorrono parallelamente alle sentenze di tribunale da quarant’anni senza trovare risposta e, quel che è più grave, offuscando le opere.



Anche per questo anniversario il diluvio d’interventi, pubblicazioni e appuntamenti è stato e sarà notevole, ma l’impressione è quella di un brusio, come del chiacchiericcio che si dimentica della cosa più importante: Pasolini. Come antidoto al brusio ho un unico suggerimento (a parte quello sempre azzeccato di tornare all’opera di Pasolini): ammutolire di fronte alla celebrazione. Dal 24 ottobre al 4 novembre all’Archivio fotografico Riccardi a Roma in via Crescenzio 99/d presso Spazio 5 (una miniera di oltre un milione di negativi originali che ritraggono momenti più o meno noti della vita politica, sociale e di costume del paese) verranno esposti ventisei scatti di Pasolini, molti dei quali inediti.



La mostra, che s’intitola “I tanti Pasolini”, ci mette di fronte al mostro senza nessuna mediazione intellettuale, senza nessun paracadute critico, senza nessuna esegesi politica. Osserviamo Pasolini nella sua vita pubblica - ad esempio nel 1961 al Premio Strega -, nella sua vita artistica - ad esempio nel 1960 sul set de “Il gobbo” -, nella sua vita privata - ad esempio nel 1963 al bar con Laura Betti e Alberto Moravia. Guardando le foto, per una volta e come dovrebbe essere sempre, sarà Pasolini a interrogare noi, e non noi Pasolini. Perché come ogni vero problema, Pasolini non può avere una soluzione univoca: la sua vita non ha le caratteristiche del gialletto, semmai dell’Enigma.



Nel catalogo della mostra ogni foto è accompagnata da una brevissima didascalia- le firme sono molte, si va da Stefano Petrocchi a Dacia Maraini, da Elisabetta Sgarbi a Marino Sinibaldi- che vuol essere solo un saluto assai poco commemorativo. Di seguito la mia, che accompagna una foto del 1963, al tribunale di Roma, dove Pasolini si era recato per difendersi dall’accusa di vilipendio alla religione di stato per il film “La ricotta”.



“Da quando sono nato (posso dirlo, visto che sono nato nel 1974, cioè un anno prima della sua morte), ho sentito spesso dire che Pasolini è stato un intellettuale scomodo. In genere con quest’espressione si allude sempre a una scomodità sociale, l’autore scomodo è quello che in qualche misura attraverso la sua figura e la sua opera lancia un j’accuse alla società, opera una denuncia che riguarda un collettivo, sia esso politico o economico o religioso. Con Pasolini però le cose non stanno esattamente così, e la natura della “frase fatta” cambia. Non c’è autore che abbia letto, visto e ascoltato come Pasolini, eppure ogni volta che devo scrivere di Pasolini non mi ricordo nulla. E’ come se ogni volta dovessi ricominciare daccapo, tornare a documentarmi, aprire libri o riguardare spezzoni di film. Motivo? Pasolini è anzitutto un autore scomodo per ciascuno di noi, perché è troppo penetrante- e a tratti insostenibile- quello che ci dice. La rimozione di Pasolini è individuale ancora prima che collettiva, ecco perché non bisogna smettere di continuare a guardarlo”.





Twitter: @LuRicci74