Il disegnatore Paolo Eleuteri Serpieri: «Così Tex è diventato duro e senza scrupoli»

Il disegnatore Paolo Eleuteri Serpieri: «Così Tex è diventato duro e senza scrupoli»
di Valeria Arnaldi
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Lunedì 2 Ottobre 2017, 15:20 - Ultimo aggiornamento: 3 Ottobre, 00:35
Eroe classico secondo i canoni dell'epica, sempre dalla parte del Bene, ma pronto a violare la legge per far trionfare la giustizia. Tex Willer sta per compiere settant'anni - prima uscita, il 30 settembre 1948 - e il mondo del fumetto, ma non solo, si prepara a festeggiarlo, perfino con un concorso, SettanTEXimo, lanciato dall'associazione Omnibus Omnes. Nel tempo, però, a celebrare un monumento della fumettistica italiana, hanno pensato anche alcune star del genere. Il primo a firmare il Tex d'autore, pubblicato proprio da Sergio Bonelli Editore, di cui Tex è una delle creature più note, è stato Paolo Eleuteri Serpieri, che al western ha dedicato molte storie e le cui tavole su Tex, insieme ad altre della sua ricca produzione, saranno in mostra da giovedì a domenica a Romics, alla Fiera di Roma, dove l'autore sarà insignito del Romics d'Oro.

Qual è il segreto della longevità del ranger texano?
«Quando ero ragazzino, chi leggeva i fumetti guardava principalmente a quelli western. Pure al cinema si andava per i western. Il West rappresenta l'avventura pura e nessuno la incarna come Tex. Amavo anche Pecos Bill e Oklahoma. Quando ero piccolo disegnavo molto, copiando quelle immagini».
Per chi ha imparato a disegnare sulle sue linee, come è stato poi rivedere un personaggio iconico?
«Mi sembrava che nel tempo Tex fosse diventato meno western, almeno secondo la mia idea, che non è quella di Sergio Leone ma quella di film come Corvo Rosso non avrai il mio scalpo o Sentieri selvaggi. Era rimasto un grande personaggio, intenso, ma si era un po' svuotato del suo fascino. L'ho voluto cambiare».

Come lo ha reso più western?
«Ho raccontato la violenza del Far West, restituendo realismo alla narrazione. C'è uno scalpo, un'azione violenta. Anni fa avevo proposta la storia a Sergio Bonelli, ma l'aveva ritenuta troppo dura, non me l'avrebbe mai fatta fare. Poi mi chiese di limare alcune scene ma non avevo tempo. Dopo la sua morte, un paio di anni fa, alla Bonelli mi hanno dato carta bianca, così ho scritto la mia storia e l'ho dedicata a lui con sincero affetto. Immagino però che da lassù si sia un po' arrabbiato Il mio Tex è più vicino a quello del suo ideatore, Gianluigi, papà di Sergio, che d'altronde aveva battezzato il personaggio Tex Killer, salvo poi cambiare il nome in Willer. Ecco, lui avrebbe voluto un Tex più vero, più filmico».

Un Tex più violento
«All'Ovest non si possono avere scrupoli, come faccio dire a un personaggio nella storia: bisogna sparare dritto. Dobbiamo dimenticare l'immagine letteraria, la frontiera era violenta. Non possiamo raccontarci favole, quello degli indiani è stato un genocidio. Questa violenza poi nella storia americana è rimasta».

Il western è stato sempre una sua grande passione: quanto ha influito il cinema sulle sue storie?
«Moltissimo. Adoravo le epopee, i costumi straordinari, gli spazi infiniti, le situazioni. E poi c'era il fascino epico delle narrazioni. Il cinema è stato fondamentale anche quando mi sono dedicato alla fantascienza. Il mio immaginario non è quello di Guerre Stellari, ma di Alien e Blade Runner, dove il mistero porta con sé una dose di spavento. Per me la fantascienza è 1984 di George Orwell».

I punti di contatto tra Far West e fantascienza?
«L'incognita. Nel West mi affascinava l'idea di andare a vedere cosa c'era dietro la collina. L'indiano era l'alieno. A legarmi all'avventura dell'uomo nello Spazio è stata la ricerca di ciò che c'è al di là della nostra dimensione. Era questo, in fondo, il grande mito del West: c'era sempre qualcosa da scoprire, un nuovo mondo o la felicità».
Dal western maschio al grande successo con un personaggio femminile, Druuna
«Mi ero stancato dei personaggi maschili, li trovavo obsoleti. La soluzione spesso viene dalle figure femminili. Druuna, per me, è l'immagine della vita, anche nella sua sensualità. Alcuni mi hanno definito un autore erotico, come Milo Manara, non è così. L'erotismo è solo un elemento nelle mie storie, non è protagonista».

Lei ha lavorato molto in Francia, l'Italia è un paese di grandi fumettisti ma paradossalmente non un Paese da fumetti?
«La Francia, dal punto di vista editoriale, è la realtà europea più importante per il fumetto. In Italia ci sono tanti pregiudizi e il fumetto viene relegato a letteratura minore. Tutti dicono che oggi è diverso, ma non è vero, si continua così. Qui abbiamo il difetto di guardare all'estero per storie e stile, penso a comic americani e manga, e di pretendere le stesse cose, mentre potremmo produrre tante storie di grande respiro».
Guardando al futuro del fumetto, cosa pensa dei nuovi nomi italiani?
«Non amo le nuove tendenze nate su internet con giovani che raccontano storie di giovani, in modo spiritoso ma limitandosi a fare pupazzi. Io penso che nel fumetto il disegno sia importante. Quei pupazzetti che commentano storie attuali non sono il mio mondo».
 
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