Milo Manara al Lucca Comics: «Il fumetto è la nuova letteratura. E ora vorrei fare un videogame»

Milo Manara al Lucca Comics: «Il fumetto è la nuova letteratura. E ora vorrei fare un videogame»
di Andrea Andrei
4 Minuti di Lettura
Mercoledì 2 Novembre 2016, 18:26 - Ultimo aggiornamento: 12 Novembre, 18:21
LUCCA - A vederlo camminare fra gli stand del Lucca Comics & Games, con la sua eleganza e il suo completo scuro in mezzo a parrucche fucsia e costumi steampunk, si direbbe quasi che con quell'ambiente non abbia nulla a che spartire. E invece Milo Manara è una delle grandi star della cinquantesima edizione della rassegna toscana dedicata a fumetti e videogiochi, dove l'evento più atteso era l'incontro di ieri pomeriggio fra lui e un altro grande maestro delle vignette, Frank Miller. Per rendersi conto di quanto Manara sia rispettato ancora oggi nel mondo del fumetto bastava vedere la folla che si accalcava allo stand della Panini Comics, dove solo otto fortunati, estratti a sorte, hanno potuto avere un copia autografata del proprio libro, da Indian Summer fino al più recente I Borgia, scritto da Alejandro Jodorowsky e pubblicato in versione integrale da Panini Comics. Una folla eterogenea, composta da adulti e ragazzi, figli e genitori.

«Il Lucca Comics ogni anno è più sorprendente - ci racconta nel retro dello stand mentre un coro di nooo sottolinea la fine dell'estrazione - rispetto ai primi anni è cambiato radicalmente. Da un tendone si è passati a un'intera città, che vive attorno a questo evento, come nei grandi festival europei».

Il fumetto da qualche anno ha avuto un vero boom in Italia.
«Sì, e non posso che esserne contento. Anche se oggi non si chiamano più fumetti, ma graphic novel, l'importante è che vengano finalmente presi sul serio, come dovrebbe essere. Hugo Pratt diceva sempre che in fondo gli autori di fumetti sono scrittori che in più sanno anche disegnare. E oggi ci sono autori, soprattutto giovani, davvero bravissimi».

Zerocalcare, ad esempio?
«È proprio a lui che stavo pensando. È incredibile che con i suoi fumetti sia stato tra i finalisti del Premio Strega e che abbia ottenuto diversi riconoscimenti in ambito letterario. Stessa cosa ha fatto Gipi. In Italia una cosa del genere era impensabile fino a qualche anno fa».

Il costume preferito dai cosplayer qui a Lucca è quello di Harley Quinn, la sexy cattiva di Batman con l'aria da scolaretta impunita ma armata di mazza da baseball che è tornata in auge grazie a Margot Robbie nel film Suicide Squad. E lei l'ha scelta come soggetto di una sua tavola.
«È una moderna icona di sensualità. Spesso l'abbigliamento non è solo un elemento di seduzione, ma è anche il segnale che indica come sta evolvendo l'erotismo. Io credo che la sensualità non sia una brutale esibizione di carne, ma si ritrovi negli atteggiamenti e quindi nei personaggi. Il che corrisponde anche all'evoluzione del ruolo sociale della donna, quel ruolo che gli uomini non vogliono accettare e che in molti di loro suscita una reazione scomposta e grezza, come a voler riaffermare con la forza un potere che non hanno più. Basti pensare ai femminicidi. Il problema è che la donna è andata avanti, mentre gli uomini forse sono addirittura regrediti».

Personaggi di finzione a parte, esistono ancora delle icone di sensualità come Marilyn Monroe o Brigitte Bardot?
«No, credo che come loro non possano essercene più, perché nella loro diversità rappresentavano un fenomeno unico, tipico di quegli anni. Oggi comunque ci sono tante attrici davvero splendide, fra cui alcune dal fascino indiscutibile e complesso, come Kristen Stewart o Léa Seydoux. Sono in grado di ricoprire tutti i ruoli pur rimanendo se stesse».

Sono passati trent'anni da quel suo Viaggio a Tulum al fianco di Vincenzo Mollica e Federico Fellini.
«Ho una grande nostalgia di Federico, soprattutto delle conversazioni con lui. Era davvero funambolico. Sceglieva sempre dei vocaboli particolari, ma comunque perfetti. Ascoltarlo era un piacere. All'epoca io ero un fumatore accanito. A lui il fumo dava fastidio, e io riuscivo a passare ore e ore in sua compagnia senza fumare, e non me ne accorgevo nemmeno. Mi faceva ridere e intanto mi parlava dei suoi progetti. Ultimamente ne aveva uno: voleva raccontare la storia dei Papi».

Tipo Sorrentino.
«E infatti Sorrentino è puramente felliniano. Sto vedendo The Young Pope. Sul piano delle immagini è bellissimo, molto ricco e curato. Certo - ride - ancora devo capire cosa voglia raccontare, ma a me basta la bellezza delle immagini. Spesso ci si dimentica che il cinema è anche estetica, oltre che narrazione. Il cinema è spettacolo, prima di tutto».

Oggi al cinema si stanno affiancando i videogame, il cui punto di forza è l'interattività. Lei se ne è mai interessato?
«Di più: parecchi anni fa ne avevo progettato e disegnato uno. Cominciava con una ragazza che andava su uno scooter e arrivava a un semaforo: a seconda che la luce fosse verde o rossa, la storia prendeva una piega diversa. Avevo pensato a tutta una serie di variabili che avrebbero potuto modificare il racconto. Alla fine però non l'ho fatto, la tecnologia di allora non me lo permetteva».

E oggi?
«Mi piacerebbe molto. Dovrei essere affiancato da qualche tecnico, ovviamente. Ma se me lo proponessero, accetterei».

andrea.andrei@ilmessaggero.it
© RIPRODUZIONE RISERVATA