EPOCHE A CONFRONTO
«L'era della religione sta tramontando, e sta per sorgere l'era della scienza». Leader mondiali e vip, tivù e giornali, non aspettano altro, ma sul più bello Kirsch viene assassinato con un colpo di pistola alla testa. Tà-dà. Non lo fò per piacer mio ma per piacere a Dio. Qua entra in gioco il solito Robert Langdon che ha ricevuto un invito che non poteva rifiutare: una immagine col Santo Graal. «Ora è il momento di agire». Anche se il tempo passa anche per lui e per Tom Hanks, che lo interpreta nei film tratti dai precedenti romanzi: Il codice da Vinci, Angeli e demoni e Inferno.
Langdon, che è il Montalbano internazionale e che ha pure studiato inventore della teoria dio dei vuoti che segue quella dei Pooh dio delle città con le sue 50 vasche al giorno che lo tengono in forma, e la claustrofobia ricordata in ogni conversazione per annunciare scene di sofferenza, esperto di storia delle religioni e un tempo insegnante di Kirsch, proverà a svelare il grande segreto. Lui che ama Bosch e Goya e non capisce la Pop Art, si trova a parlare col cane di peluche Puppy di Jeff Koons che fa la guardia al museo di Bilbao: «Ho gusti più classici. Me la cavo meglio con da Vinci che con de Kooning». Anche se poi vacilla davanti all'International Klein Blue.
I lettori di Brown lo conoscono già, le sue preferenze pittoriche servono solo a compiacerli e a ribadire che se si occupa del passato è perché lo ama. E poi anche il presente fa di tutto per rimandarcelo, è inutile perdere tempo con le rappresentazioni di oggi. È una contrapposizione volutissima, ed è anche la caratteristica migliore del mondo brownesco, salva il futuro solo un uomo che si proietta nel passato, perché è nel passato che sta il segreto della vita: come sapevano anche i monaci benedettini e William Blake. Il format Brown è uguale ai tiggì: allarma e rassicura; segue approfondimento storico e geografico, mistero e rivelazioni, arte, morte, puzzle, simboli, carambola e rimando, coscia e molti sguardi in questa puntata: Ambra Vidal, direttrice del Guggenheim e fidanzata ufficiale, anche se controvoglia, come ogni favola che si rispetti, del principe ereditario della corona di Spagna: Julián.
Brown porta il museo a casa tua, con l'aggiunta dell'alta tecnologia, e anche stavolta il mondo è salvo. È Umberto Eco spiegato ai social, e senza nemmeno l'incomodo del dibattito sul liceo che fu dell'Autore e l'intervista amarcord a Gianni Rivera. Brown si preoccupa di dare le misure di tutti i personaggi con le taglie e il numero di scarpe, i suoi sono libri con sceneggiatura e pure identikit degli attori che verranno, e questa volta c'è anche un minicatalogo di arte contemporanea per chi è a digiuno di Richard Serra. E, finalmente, l'edificio-scultura di Frank Gehry, troverà posto al cinema contrapponendosi al monolite di Kubrick. Intorno c'è il solito attacco alle religioni, questa volta affidandosi alla teoria sull'origine della vita elaborata da Jeremy England fisico del Massachusetts Institute of Technology, che dice: possiamo fare tutto da soli senza intervento divino. Manca Ray Bradbury che è quello che vorrebbe essere Brown. Fioriscono gli ateisti con i berretti da baseball come tifosi del nulla e/o ragione; ci sono i dispacci modello Assange di ConspiracyNet; c'è l'elogio del mondo arabo che fu: come nemmeno Benigni seppe fare ne La tigre e la neve; ammiragli in pensione e fisioterapisti palmariani che tramano contro papa Bergoglio; c'è persino una tirata per il braccio a John Steinbeck di Uomini e topi; c'è Zeus che lotta per non sparire come un concorrente di MasterChef e con lui tutto il resto delle religioni, in un gigantesco Risiko su pagina, il solito, apparecchiato da Brown: questa volta ha scoperto che serve un processo mentale in più per scavalcare l'idea di dio.