Dunque la riscoperta delle lentezza, seguendo il ragionamento di Maffei, potrebbe essere una buona terapia contro gli effetti dello stress digitale, dove tutto viene comunicato in tempi record attraverso e-mail, sms, tweet. È come se una macchina naturale, il cervello, riuscisse a fare da argine alle macchine artificiali, quelle che gonfiano la potenza del web. E considerando che soltanto nell’ultimo anno, per stare dietro al pressante uso di questi strumenti, abbiamo perso un’ora di sonno, forse è utile ricordarci che l’uomo non è programmato per essere troppo veloce. Anzi. Se il corpo, come raccomanda l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha bisogno di almeno 5mila passi, lenti, al giorno, la mente rischia il buio nel sovrapporsi di decisioni troppo rapide e noi rischiamo di fare le scelte sbagliate. Ricordate il vecchio proverbio popolare? Respira, prima di parlare. E nell’attimo del respiro c’è il riconoscimento del valore della lentezza che, allo stesso tempo, riesce a farci ascoltare le ragioni degli altri prima di esporre le nostre. Solo questo ritmo, non sottoposto alla pressione di continui strappi, porta al vero dialogo ed a una vera ricerca di reciproca conoscenza.
La lentezza espressa attraverso l’uso fisiologico di una macchina lenta, il cervello, sviluppa la creatività. Si potrebbe sfogliare a lungo l’interminabile album di geni del pensiero, dagli scienziati ai letterati, immersi, anche con la loro apparente, precaria fisicità, nel vigore propulsivo del pensiero lento. Lo scrittore Luis Sepùlveda, autore di una straordinaria favola intitolata Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza, arriva perfino ad attribuire alla lentezza il valore di un comportamento di rottura, di un gesto rivoluzionario. «È una nuova forma di resistenza, in un mondo dove tutto è troppo veloce. E dove il potere più grande è quello di decidere che cosa fare del proprio tempo» dice Sepùlveda.
Forse proprio per il fatto di essere diventata merce rara, la lentezza negli ultimi anni ha sollecitato diversi libri, dibattiti, incontri. Esiste la giornata mondiale della lentezza, 13 maggio, ed è molto attiva in Italia l’associazione Vivere con lentezza (www.vivereconlentezza.it) che promuove questo stile di vita in contrapposizione con i ritmi frenetici della nostra agenda quotidiana. E’ stata creata da Bruno Contigiani, un personaggio singolare per formazione e storia professionale: ha studiato in uno dei templi della velocità in versione accademica (la Bocconi), ha lavorato in aziende dove certo la lentezza non è prevista (dall’Ibm alla Telecom), e poi ha deciso di dedicarsi alla sua nuova missione. Diffondere il piacere, il senso della lentezza. Tra le cose di cui parla l’associazione ci sono anche alcuni comandamenti che possono essere utili nel tentativo di affrontare, con piccoli gesti, la battaglia del gigante Davide (la velocità) contro Golia. Per esempio: se fate la fila, in un supermercato, davanti a uno sportello di banca, in un locale pubblico, non cedete alla tentazione della rabbiosa insofferenza, e approfittatene piuttosto per fare una nuova conoscenza, o ascoltare una storia. Non inzeppate l’agenda di impegni, così come non provate a fare sempre più cose contemporaneamente. E non dite mai: Non ho tempo. Anche perché non è vero, e la lentezza è molto più di una possibilità come ci ricorda il funzionamento del nostro cervello. Lento dalla nascita.
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