Le donne di Ernest Hemingway seduttore narciso

Le donne di Ernest Hemingway seduttore narciso
di Giulia Ciarapica
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Martedì 1 Novembre 2016, 00:23 - Ultimo aggiornamento: 20:51
Ernest senza una donna è solo uno scrittore in cerca di una moglie».
Premio Nobel per la letteratura nel 1954, Premio Pulitzer nel 1953 con Il vecchio e il mare, Ernest Hemingway non fu solo uno degli scrittori più celebrati del Novecento, ma fu anche, soprattutto e prima di tutto, un uomo dai piedi di sabbia. Vero è che dietro un grande uomo c’è quasi sempre una grande donna, ma nel caso di Hemingway ce ne sarebbero addirittura quattro, una sorta di passaggio del testimone di un seduttore in bilico tra l’amore adolescenziale per le donne e quello – maturo e sincero – per se stesso e per la scrittura. Naomi Wood, 27 anni, con il romanzo Quando amavamo Hemingway (De Agostini, 256 pagine, 16,90 euro) non ha semplicemente delineato un ritratto inedito del fuoriclasse americano, ma ha dato voce a chi Hemingway l’ha conosciuto da vicino e ne ha toccato con mano spigolosità e debolezze.

«Almeno dimmi che sei innamorato di lei. Abbi il coraggio. O sai fare l’eroe solo in guerra?», gli chiede Fife (Pauline Pfeiffer), amante e poi seconda moglie di Hemingway. È lei, forse, la donna che l’ha amato più di tutte, la ricca signora dal cappotto di cincillà che ha stregato Ernest nella seconda metà degli anni ’20 e che mai ha saputo rassegnarsi all’indole fedifraga del marito. Fife ha condiviso con Ernest e con la prima moglie Hash (Hadley Richardson) gli anni parigini ma soprattutto la famosa estate ad Antibes, che portò alla definitiva rottura fra Hadley ed Ernest.
Nel romanzo – un’opera per lo più di fantasia a cui però non manca la sostanza dell’accurata ricerca storica compiuta dall’autrice – si passa dalla Parigi degli Anni Venti e Key West, fino ad arrivare alla Seconda Guerra Mondiale, a Cuba e all’America della Guerra Fredda. 

ANEDDOTI
Fra gli aneddoti sulla vita privata di Hemingway e sui rapporti con amici di vecchia data come l’incorreggibile Francis Scott Fitzgerald, uno su tutti spicca per curiosità: Hadley, di sette anni più grande di lui, di animo docile ma schietto, perse alla Gare de Lyon la valigia contenente il primo romanzo di Hemingway. Romanzo a cui, come per i seguenti, Hemingway aveva «lavorato moltissimo», benché lo sforzo dovesse rimanere perennemente segreto: «Ah certo, si è dimenticata che per loro il successo deve arrivare senza sforzo o non arrivare affatto. Deve essere sempre ora di ricreazione (…) Come se la vita fosse una continua adolescenza persa in fantasticherie o in un eterno spasso».
La remissività della prima Signora Hemingway (da cui ha avuto il figlio Bumby) ha permesso ad Ernest di sbocciare in tutta la sua beltà di seduttore, mentre l’irruenza di Fife – che ha mantenuto ottimi rapporti di amicizia con Hadley – lo ha messo brutalmente per la prima volta di fronte all’evidenza: Ernest, come un adolescente, si innamora con grande facilità e con la medesima semplicità progetta matrimoni. Ma, vigliaccamente, tenta di mantenere lo status quo nascondendo le sue relazioni extraconiugali, fidanzamenti al di fuori del matrimonio. Come quello con la giornalista Martha Gellhorn, che però, a differenza delle due mogli precedenti, non subisce passivamente il fascino dello scrittore.

«Martha detesta il modo in cui Ernest scorrazza per la città pavoneggiandosi come un signore della guerra. Detesta anche la gente che non sa vedere oltre il suo eroismo di facciata». Il mito dell’uomo Hemingway, al di là dello scrittore, sembra sfaldarsi pian piano sotto le accuse delle sue amanti che, come nel caso di Martha, prendono in mano la situazione e decidono anche per lui. Martha è giovane, intraprendente, coraggiosa, inquieta e soprattutto vuole continuare a fare la giornalista di guerra. Non le interessa il lusso che Ernest le propone per averla accanto, lo accusa di essersi rintanato nella sua villa a L’Avana ad osservare la guerra dal di fuori anziché viverla.
Codardo, vigliacco, immaturo. Oltre il genio letterario, Ernest Hemingway è stato anche un marito ed un amante privo di nerbo; tra le pagine del romanzo emerge il profilo di un uomo che, spesso, si trasforma da amante in figlio, qualcuno di cui Hadley, Fife, Martha e infine Mary – la donna che assisterà anche al suicidio dello scrittore – si prendono cura, passandosi il compito matrimonio dopo matrimonio.

Le donne di cui ci parla Naomi Wood sono molto diverse fra loro, eppure, dalle vicende narrate, emerge un comune punto di vista: Ernest Hemingway è, deve essere, la prima donna, perché prima ancora che marito, amante, figlio, uomo, lui è celebrità. Ma se il fascino capriccioso di Hemingway, forse realmente innamorato solo di sé e del suo lavoro, fa subito breccia nel cuore delle prede, in un secondo momento lascia il posto alla delusione. Sono le sue donne a chiedere un confronto diretto, sono loro a mostrarsi pronte alla verità, e sono soprattutto loro a prendere le decisioni più importanti.
Quando amavamo Hemingway spicca sicuramente per originalità e godibilità letteraria, un bestseller da oltre 60.000 copie in Inghilterra, tradotto in 14 Paesi e da cui prossimamente verrà tratta una miniserie prodotta da Amazon con Jude Law e Ben Jackson in qualità di produttori esecutivi. 
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