Queste pagine le ho viste crescere giorno dopo giorno. Sono frutto di un dialogo ininterrotto su Roma, nel quale un po' per indignazione, un po' per spirito di denuncia e un po' per gioco abbiamo scelto di raccontare questa città attraverso uno sguardo disincantato che unisse i fatti politici ai cambi di costume. Collocando il tutto in una dimensione storica, che poi è quella che più appassiona l'autore. Abbiamo puntato il dito contro chi ha maltrattato Roma, spingendola in un immeritato degrado, cioè offendendo la sua dignità e sfregiando la sua storia.
Questo racconto del Disastro Capitale ha cercato di svelare talvolta ciò che di marcio si nascondeva, e per certi aspetti si nasconde ancora, sotto la pelle di questa metropoli. Nostro malgrado, abbiamo dovuto ricordare - come da queste pagine emerge in maniera mai retorica - alcuni principi che sembravano ovvii e sacrosanti quali il rispetto del bene pubblico e che invece, come avviene in altre latitudini d'Italia, sono stati calpestati in una fase dall'amministrazione della città.
Non è tempo di miracoli. È il tempo di fare gli straordinari, di dedicare un surplus d'impegno a una metropoli che ne ha urgente necessità. Il marcio della politica, che in buona parte è stato smantellato dalle inchieste giudiziarie e soprattutto dal malcontento e dalla rabbia popolare, cerca di resistere nel sottobosco della politica politicante e delle clientele. Serve una mutazione genetica dei partiti, che a Roma hanno toccato il fondo, anche a causa dell'inadeguatezza e dell'affarismo dei loro ceti dirigenti. Il cui declino ha creato un contrasto stridente, che desta stupore e indignazione anche fuori dai confini nazionali, tra la brutta politica e il palcoscenico unico e grandioso della bellezza di Roma a cui il marcio ha cercato di rubare la scena.
"Disastro Capitale" di Ajello, una preghiera laica per Roma
di Virman Cusenza
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Sabato 21 Maggio 2016, 09:27 - Ultimo aggiornamento: 7 Giugno, 15:10