Le lezioni di scrittura di Pontiggia tra ragione e sentimento

Le lezioni di scrittura di Pontiggia tra ragione e sentimento
di Luca Ricci
3 Minuti di Lettura
Sabato 3 Dicembre 2016, 09:05

“Dentro la sera” (Belleville Editore, pag. 312, 21,00 €) raccoglie le venticinque conversazioni sullo scrivere che Giuseppe Pontiggia tenne, su invito di Aldo Grasso, per l’omonimo programma di Radio2 nel 1994 (abbinato al volume c’è anche il CD con le registrazioni originali, supporto interessante per capire il piglio caparbio e al contempo umanissimo di Pontiggia, il suo modo d’approcciare la scrittura tra ragione e sentimento). Come il termine “conversazioni” lascia ampiamente supporre, le incursioni nel mondo della scrittura cosiddetta “creativa” di Pontiggia non solo non hanno niente di cattedratico e ingessato, ma hanno proprio un andamento divagato e colloquiale, come se un vecchio amico ci offrisse qualcosa al bar e si mettesse a raccontarci due o tre cose di capitale importanza sull’arte di scrivere. Pontiggia non si nasconde dietro la foglia di fico di un linguaggio specialistico da critico, e in genere va sempre dritto al punto.

Ecco ad esempio come affronta il problema tra arte e vita: “Noi tendiamo a confondere la pagina con la realtà, e diciamo per esempio che «la pagina è intrisa di vita» o che «la vita irrompe nella pagina». Sono metafore da cui mi terrei un po’ lontano: la vita può anche non funzionare, l’importante è che funzioni la pagina”. Molto efficace è anche il passaggio sulla scrittura intesa come esaltazione della “memoria”: “Proust non è affatto uno scrittore che ricorda tutto, non obbedisce a un processo mnemonico, ma a un principio gerarchico compositivo. Il principio compositivo non deve essere mai subordinato al principio mnemonico, sennò vengono fuori certe saghe familiari noiosissime”. Oppure quando sostiene che, in un testo letterario, non esistano parole equivalenti o sostituibili, trasformando lo scrittore in un cecchino che ha un solo un proiettile a disposizione, deve sempre centrare la parola giusta: “Non esistono parole sinonimiche. Un sinonimo di «casa» cosa potrebbe essere? «Abitazione», «edificio», «sede», «dimora»? son tutte parole diverse”.

Sono lezioni disciolte in un discorso, che quindi non hanno mai un carattere normativo, ma al contrario vogliono mettere a fuoco alcuni problemi, per restituire intatta e senza soluzioni al potenziale scrittore la sfida e l’avventura- come la chiama spesso Pontiggia- della scrittura. Ai consigli si mischiano spesso e volentieri aneddoti gustosi della vita di Pontiggia, come quando, nella prima conversazione, accenna ai suoi primi, timidi e impacciati tentativi di farsi largo nel mondo delle lettere. Diciamo che la letteratura può essere intesa anche come una strepitosa forma di riscatto, uno dei modi più efficaci che esistano per reagire a uno schiaffo. Per problemi familiari Pontiggia fu costretto a entrare in banca a soli diciassette anni, e il frutto di quell’esperienza traumatica fu il romanzo breve “La morte in banca”. Dopo averlo terminato Pontiggia lo portò a Vittorini il quale impartì al giovane la prima, e forse più importante, lezione di scrittura: “Vittorini mi ha mostrato- proprio indicandole col dito- le parti del testo che secondo lui andavano o non andavano. Le parti che funzionavano o no”. Nell’esordiente è effettivamente una piccola rivoluzione copernicana scoprire che ciò che si scrive non è una Legge immodificabile scolpita su una tavola di pietra, e che il testo- quel flusso di parole, frasi, periodi, paragrafi- dopo la prima stesura in genere è pieno di dislivelli: c’è da lavorare.

Il volume segna anche la nascita della casa editrice Belleville (già scuola di scrittura fondata a Milano nel 2014), il cui programma editoriale sarà curato da Ambrogio Borsani e Roberta Cerasa. L’obiettivo è pubblicare con uscite mirate quanto di più interessante offra il panorama letterario nostrano e straniero circa lo spinoso tema della “scrittura creativa”. Le premesse per fare bene, dopo questo Pontiggia così struggente e acuto, ci sono tutte.

 Luca Ricci (Twitter: @LuRicci74)
© RIPRODUZIONE RISERVATA