Uomini che uccidono le donne, 7: Anna, una vita spezzata di notte

Uomini che uccidono le donne, 7: Anna, una vita spezzata di notte
di Roberto Costantini
6 Minuti di Lettura
Venerdì 19 Agosto 2016, 13:09 - Ultimo aggiornamento: 13:14
IL THRILLER
BALISTRERI
L'appartamento di Anna Bianchi era un monolocale in affitto in un palazzone nei pressi di via Ostiense, accanto alla Piramide. Il medico legale e la Scientifica erano già al lavoro quando arrivai dopo aver attraversato la città avvolta in una cappa di afa e percorsa da sciami di turisti esausti e ancora troppe auto, bus, scooter.
Graziano Corvu, il piccolo Sardo mio preziosissimo vice, mi aspettava sulla porta dell'appartamento, vestito come un astronauta con la tuta della Scientifica.
Hanno quasi finito, dottor Balistreri.
Continuava a darmi del lei e a chiamarmi dottore ed io a dargli del tu e a chiamarlo Corvu, sia sul lavoro che al tavolo di poker o nei pranzi di famiglia di cui ormai lui faceva parte. In particolare da quando la sua Natalya era tornata in Ucraina e Bianca e Linda avevano iniziato a presentargli inutilmente giovani donne.
Che dicono, Corvu?
La ragazza è morta da diverse ore. E' stata pugnalata con un coltello da cucina che è accanto al corpo.
Chi l'ha trovata?
Questa mattina la ragazza non si è presentata al lavoro in una boutique del centro ed era già stata assente anche ieri, martedì. Solo che ieri aveva avvertito, oggi no ed era irraggiungibile sul cellulare. L'altra commessa si è preoccupata, all'ora di pranzo ha preso un taxi, è venuta qui, ha suonato e non avendo risposta ha chiamato il 113.
Deve essere una gran ficcanaso, questa tizia. Tu faresti così se io non venissi al lavoro e non rispondessi al cellulare?
Corvu mi lanciò un'occhiata incerta. Dopo tanti anni era ancora incapace di distinguere con certezza sia le mie battute che i miei bluff a poker. Scelse di passare.
Non è una ficcanaso, sembra una brava ragazza che aveva a cuore la sua amica.
Presi nota della difesa accorata di questa tizia. Buon segno.
E quelli del 113 sono entrati? Così, senza motivo?
La pattuglia che è intervenuta ha bussato ai vicini di pianerottolo e quando la coppia di anziani qui accanto ha riferito di urla sentite ieri sera hanno chiamato noi. Io ho fatto aprire.
Questi vicini li hai già interrogati?
Sì. Ieri sera dormivano da un bel po' quando sono stati svegliati dalle voci alte di una lite. Una ragazza e un uomo. Poi non hanno più sentito nulla e si sono riaddormentati.
A che ora hanno sentito la lite?
Sono ultranovantenni, dottore. Dicono che il martedì sera non c'è niente in TV ed erano andati a dormire alle nove e mezza, non sanno quanto tempo fosse passato.
Questa ragazza, la commessa, l'hai già interrogata?
Lui arrossì leggermente.
Era stravolta, poverina. L'ho fatta portare al bar vicino alla Squadra Mobile per riprendersi...
Bravo, magari stiamo rifocillando un'assassina! Va bene, Corvu. Entriamo.
Indossai la tuta in kyvek col cappuccio, i guanti in nitrile, le sovrascarpe, la mascherina ed ero pronto per il viaggio sulla Luna. La porta si apriva direttamente su un unico locale sui trentacinque metri quadri dove il letto era sul lato opposto alla porta, accanto all'unica finestra, l'angolo cottura sul lato destro e la porta di accesso al bagno sul lato sinistro, vicino a un mobile con la TV e davanti a un divanetto consunto.
Anna Bianchi giaceva supina a un paio di metri dalla porta d'ingresso. C'era il medico legale dottor Coletta inginocchiato accanto a lei, e tre uomini della Scientifica stavano completando i loro rilievi. Indossava una vestaglia che si era aperta su un completo reggiseno e slip di pizzo verde e la coppa sinistra del reggiseno era spaccata dal colpo del coltello da cucina che era per terra lì accanto.
Era stata una bella ragazza bruna, con un corpo snello e proporzionato e un seno prorompente. Mi chiesi se le avesse giovato nella vita quel corpo e quel seno. Se fosse stato motivo di sicurezza o di insicurezza. Se avesse attratto gli uomini giusti per Anna. Probabilmente no, da quel che vedevo.
Si è difesa?
Coletta mi conosceva da anni e non si seccava per le domande. Tutt'altro.
Nessun segno di difesa. E nessun segno di violenza sessuale. Mi sto facendo un quadro della situazione.
Gli piacevano troppo quei medici legali dei film Americani che trovavano da soli l'assassino. Del resto era vedovo, solo come un cane, a parte sezionare cadaveri che poteva fare oltre che rimbambirsi con le fiction? Solo che io avevo fretta.
Da quante ore è morta?
Dalla temperatura, il rigor e il livor, direi verso mezzanotte più o meno due ore. Potrò essere più preciso dopo il potassio intraoculare. A che ora hanno sentito le urla i due vecchietti?
Finsi di non sentire la domanda e mi congedai. Avevo solo 48 ore per risolvere il caso e partire per la montagna. E una persona da sentire subito.
Corvu, pensi che la signorina che hai fatto accompagnare al bar si sia rilassata abbastanza?
Di nuovo quel rossore. Ottimo segno. Forse quella ragazza sarebbe stata utile. In tutti i sensi.
RUBINI E COLONNA
Erano seduti nel loro bel salotto, Giulia sdraiata sulla chaise long e Marco sul divano davanti al televisore. Edith aveva portato un carrello con vino bianco e piccoli tramezzini, Giulia aveva mangiato e bevuto un po' più del solito, mentre Marco non aveva ancora toccato né cibo né vino. Fissava lo schermo televisivo acceso senza il volume e la scritta che accompagnava il Tg Sky 24.
Ennesimo femminicidio a Roma, Anna Bianchi, 30 anni, accoltellata nella sua casa.
Per favore Marco, mi versi del vino?
Lui allungò la mano meccanicamente verso la bottiglia. La mano gli tremò mentre versava il vino a sua moglie, gli tremò così tanto da versarne un bel po' sul parquet. Giulia gli toccò un braccio.
Marco, stai bene?
Lui si alzò, annaspò quasi cercando l'appoggio di una sedia, poi si girò verso la cucina. Non riusciva a guardare né lo schermo televisivo né sua moglie. Non riusciva a trovare una delle sue solite battute per sviare altrove la conversazione. Non riusciva nemmeno a pensare. Gli mancarono le ginocchia, crollò sul pavimento e si prese la testa tra le mani.
Giulia si alzò, si avvicino, si sedette vicino a lui, gli posò una mano sui capelli e prese ad accarezzargli dolcemente il capo. Non era mai capitato nei loro dieci anni di matrimonio che lei dovesse consolarlo, quell'uomo così spigliato e sicuro di sé. Con gli amici, coi parenti, col mondo intero, lui proteggeva lei, non il contrario. Era stato lui a pretendere che scrivesse sotto pseudonimo e mantenesse il segreto. Non voleva passare per il marito inetto e mantenuto di una donna di successo.
Marco, tesoro. Tua sorella sta davvero così male?
Lui rimase un attimo interdetto. Poi si ricordò, era un'altra delle sue maledette bugie, usata la sera prima per lasciare Giulia a casa subito dopo cena per andare da Anna Bianchi. Aveva simulato una telefonata sul cellulare, mia sorella è peggiorata, non ci vado mai, faccio un salto da lei. L'unica cosa vera era che sua sorella aveva il cancro e che lui se ne fregava e non ci andava mai.
Si preparò a mentire ancora, come sempre in tutti quegli anni. Sì, soffre da morire. Ma questa volta non ci riuscì.
Era stanco, terribilmente stanco. Quelle ultime 24 ore lo avevano distrutto.
Ho fatto un casino, Giulia, un grossissimo casino.
Lei lo abbracciò e lui la sentì forte come non l'aveva mai neanche immaginata. Intelligente sì, ma forte no.
Parla con me. Io sono tua moglie, Marco, sarò sempre al tuo fianco. Ce lo siamo promessi quel giorno in Chiesa, ricordi?

7-continua
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