Apprezzano l’istruttivo giro guidato il conte Piero Cutelè, arrivato da Milano, ma anche don Fabrizio Turriziani Colonna con la principessa Alessandra Colonna, in giaccone di pelliccia e occhiali da sole molto scuri. Nel Salone d’Onore dei primi del Novecento fanno il loro ingresso gli artisti Massimiliano Kornmuller, in procinto di inaugurare una mostra, il pittore Giulio Gorga e lo stilista-astrologo Massimo Bomba, con un libro in uscita. «Nel 1922 iniziata la costruzione del museo - spiega Camarota al folto e blasonato pubblico - con soldi e manovalanza dei Granatieri e in soli due anni lo stabile è compiuto. Poi, nel 1986, è ceduto allo Stato. Oggi ci fa piacere ospitare delle conferenze».
Si ammirano i quadri del pittore Walter Lazzaro, in due autoritratti. Poi è il turno di Franchini. Appludono Emilio Petrini Mansi della Fontanazza, Carlos Canevaro di Zoagli, Pierluigi Brancia d’Apricena, che saluta Daniele Liotta, presidente movimento tradizionale romano. E ancora l’avvocato Gaetano Parrello, delegato nazionale ordine degli avvocati d’Italia, Fulvio Rocco de Marinis, Lelio Orsini d’Aragona. «Chi possiede degli immobili storici ha il dovere di mantenerli - spiega Franchini - proprio come gli antichi romani, che distinguevano tra un bene immobile comune e un altro che invece era soggetto a dei vincoli. Si capisce dalla disciplina a cui erano sottoposti». Si dice che Augusto avesse ricevuto una Roma fatta di legno e consegnato ai posteri una città fatta di marmi. Ma in realtà anche in epoca precedente esistevano domus signorili magnifiche e le ville di campagna. E si fa cenno agli ornamenti da non toccare. Su questo, e molto altro, si riflette e si commenta nel corso del cocktail che segue l’interessante incontro.
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