Mine Vaganti debutta a teatro: Ferzan Ozpetek colpisce ancora

Mine Vaganti debutta a teatro: Ferzan Ozpetek colpisce ancora
di Roberta Marchetti
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Giovedì 20 Febbraio 2020, 12:39

Dopo 2 David di Donatello, 5 Nastri D'Argento, 4 Globi D'Oro e un premio speciale al Tribeca Film Festival di New York, Mine Vaganti debutta a teatro. In scena all'Ambra Jovinelli fino al 1 marzo, è la prima regia teatrale per Ferzan Ozpetek, che con grande generosità artistica mette in scena l'adattamento di uno dei suoi capolavori cinematografici. Se il cast del film è eccellente, non può dirsi da meno quello che si vede sul palcoscenico: da Francesco Pannofino nei panni del signor Cantone, vestiti sul grande schermo nel 2010 da un indimenticabile Ennio Fantastichini, a Paola Minaccioni nel ruolo di sua moglie, mentre a interpretare i figli Antonio e Tommaso sono rispettivamente Giorgio Marchesi e Arturo Muselli.

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Caterina Vertova è la nonna, Sarah Falanga zia Luciana, Mimma Lovoi la cameriera Teresa, Roberta Astuti nel ruolo di Alba Brunetti, Luca Pantini interpreta il fidanzato di Tommaso, Edoardo Purgatori e Francesco Maggi, invece, i suoi inseparabili amici. Undici attori, diretti magistralmente dal papà di questa brillante commedia corale che dietro al sipario non perde nulla del suo dna. Cambia l'ambientazione, non più in Salento,- ma una cittadina come Gragnano, e gli amici gay del protagonista da tre diventano due. Resta intatta la famiglia Cantone, il suo pastificio e le radicate tradizioni minacciate dall'omosessualità dei due fratelli a cui il padre non vede l'ora di lasciare la direzione dell'azienda. Parterre d'eccezione, ieri alla prima romana. In sala (sold out da settimane) Lunetta Savino, che recitó nel film, Beppe Fiorello, Elena Sofia Ricci, Lina Sastri, Emanuela Grimalda e Francesco Arca, diretto da Ozpetek nel 2014 in Allacciate le cinture. Tanti applausi a scena aperta e standing ovation finale che ha emozionato Ferzan, omaggiato dal pubblico all'uscita del teatro. Forse una delle prove più difficili teatralizzare Mine Vaganti, specie per un cineasta come lui concentrato su sentimenti e malinconie.

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«Ho dovuto lavorare per sottrazioni, lasciando quell'essenziale intrigante, attraente, umoristico - spiega il regista - Ho tralasciato circostanze che mi piacevano tanto, ma quello che il cinema mostra, il teatro nasconde, e così ho sacrificato scene e ne ho inventate altre, anche per dare nuova linfa all'allestimento». Un linguaggio diverso, quello teatrale, che Ozpetek dimostra di riuscire a utilizzare altrettanto sapientemente quanto quello cinematografico per raccontare storie, scelte sessuali, rapporti familiari e un cambiamento sociale irreversibile.

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