Torino un convegno su Jean-Francois Champollion, lo studioso che "decifrò" la Stele di Rosetta

Il filologo francese aveva soggiornato a Torino prima di partire per l'Egitto e aveva detto che "la strada per Menfi e Tebe passa da Torino"

Torino un convegno su Jean-Francois Champollion, lo studioso che "decifrò" la Stele di Rosetta
di Rossella Fabiani
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Mercoledì 12 Ottobre 2022, 18:11

A duecento anni dalla decifrazione dei geroglifici da parte di Jean-Francois Champollion, l’Accademia delle Scienze di Torino dedica un convegno al celebre studioso che ha legato la sua fama alla stele di Rosetta.

Era il 1822 quando il giovane filologo francese, dopo secoli di vani tentativi, trovò la chiave per decifrare i geroglifici. Ma dove leggere l’antica scrittura dei faraoni se non in Egitto? Mentre a Torino, Champollion soggiornerà per studiare in preparazione del suo viaggio lungo le sponde del Nilo, arrivando ad affermare che “la strada per Menfi e Tebe passa da Torino”. Un ponte tra i due Paesi che non si è mai interrotto.

A ricordare la sua figura, il gotha dell’egittologia internazionale da Alessandro Roccati a Gihane Zaki, John Baines, Bernard Mathieu, Jan Assmann e Christian Greco.

Inedito l’approccio dell’intervento della professoressa Gihane Zaki membro dell’Institut d’Egypte al Cairo, “fondato da Napoleone prima ancora della creazione della Classe di scienze morali dell’Accademia delle Scienze, alla fine del ‘700, e che si rinvenisse la famosa iscrizione trilingue a Rosetta”, ricorda il professore Roccati. “Champollion visto dagli egiziani” è il titolo dell’intervento della professoressa Zaki che mette in luce quale fosse l’ambiente all’epoca della scoperta e quali conseguenze tale scoperta generò in Egitto.

“Il nome di Champollion è sempre stato legato a una visione francese, o italiana, prodotta, probabilmente, dal suo percorso comune con Rosellini.

Ritengo invece interessante indagare il soggiorno di Champollion in Egitto da un punto di vista diverso ma, secondo me, egualmente importante: quello degli egiziani. Champollion frequentò le alte sfere e l’élite: come il Vicerè Mehemet Ali, i Pascià dell’aristocrazia egiziana, alcuni Ulama di al-Azhar, ma anche semplici lavoratori e persone più umili durante il suo soggiorno nella riva occidentale a Tebe, nella sua casa sulla riva sinistra. Champollion viene anche rappresentato, in bellissime pitture di stile orientalizzante, come un arabo: sicuramente influenzò diversi artisti a riguardo. E’ interessante riflettere sull’interazione culturale tra Champollion e gli egiziani”, dice al Messaggero la professoressa Zaki.

L’egittologa ricorda poi le figure di due grandi studiosi arabi del decimo secolo che hanno studiato l’antica scrittura egiziana. Ibn Wahshiyya, che visse in Iraq e la cui traduzione dei suoi lavori sulla scrittura geroglifica venne pubblicata a Londra nel 1806 con il titolo “Kitab Shawq al-Mustaham fi Maarefat Romooz Al aqlam” (Ancient Alphabets with Hieroglyphic Characters). Ibn Wahshiyya è stato il primo studioso ad affermare che i simboli significano parole. Il secondo studioso fu il sufi Dhul-Nun al-Misri. Cresciuto in Alto Egitto, nella città di Akhmim, all'inizio del IX secolo d.C., quando la maggior parte dei residenti locali parlava ancora il copto, discendente della lingua degli antichi egizi. Champollion non sarebbe stato in grado di decodificare i simboli del geroglifico senza conoscere il copto, scomparso dalla vita quotidiana egiziana nel Medioevo e rimasto ad essere utilizzato soltanto nelle chiese copte. Il manoscritto di Dhul-Nun al- Misri mostra che conosceva il copto. Entrambi questi studiosi musulmani confermano che la conoscenza della scrittura geroglifica esisteva ancora quando i musulmani arrivarono in Egitto.

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