Biennale Architettura, il ministro Sangiuliano inaugura il Padiglione Italia: «Innamorato di questo progetto»

Il ministro ha ricordato che questa Biennale «guarda all’Africa e ciò piace, perché è il futuro del mondo e non a caso il governo Meloni guarda a questo continente», ha aggiunto, riferendosi mostra di Lesley Lokko “The Laboratory of the Future”,

Biennale Architettura, il ministro Sangiuliano inaugura il Padiglione Italia: «Innamorato di questo progetto»
di Simona Antonucci
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Venerdì 19 Maggio 2023, 20:49

«Di questo progetto mi sono innamorato perché ho visto il futuro, l’avanguardia di chi guarda oltre, come dice Benedetto Croce nel saggio sull’estetica, l’uomo esce dalla caverna e guarda alla luce attraverso la tecnologia e quindi la cultura»: è il commento del ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, che questo pomeriggio, 19 maggio, alla Biennale Architettura di Venezia, ha tagliato il nastro del Padiglione Italia, all’Arsenale, insieme con Luigi Brugnaro (sindaco di Venezia), Francesco Calzavara (assessore regionale al Bilancio) e Vittorio Sgarbi (sottosegretario alla Cultura), accompagnati dal presidente della Biennale Roberto Cicutto.

Il fondo correlato al Pnnr

«La Biennale di Venezia», ha aggiunto il ministro, «è una grande istituzione e fu una grande intuizione storica da parte di chi la volle. Nel corso degli anni si è rafforzata ed è diventata importante. Noi siamo a disposizione. C’è uno stanziamento di 150 milioni di euro fatto con un fondo correlato al Pnnr spero che questo soldi vengano spesi rapidamente con efficacia e onestà per rendere la Biennale ancora più grande», ha ricordato facendo riferimento alle risorse stanziate per riqualificare tutti gli spazi e le sedi della Biennale, in primo luogo l’Arsenale, dove sorgerà il futuro centro internazionale delle arti contemporanee, sviluppo dell’archivio storico.

L'Africa

Sangiuliano, che per anni come giornalista ha seguito l’evento, ha poi ricordato che questa Biennale «guarda all’Africa e ciò piace, perché è il futuro del mondo e non a caso il governo Meloni guarda a questo continente», ha aggiunto, riferendosi all’esposizione “The Laboratory of the Future”, curata da Lesley Lokko per la Mostra Internazionale di Architettura che viene aperta al pubblico domani, sabato 20 maggio, e resterà aperta fino al 26 novembre ai Giardini, all’Arsenale e a Forte Marghera. Il ministro ha visitato anche il padiglione ucraino «perché», ha spiegato, «ho ritenuto doveroso ancora una volta dare un segnale di solidarietà al popolo ucraino che è stato vittima di una criminale aggressione da parte della Russia».

Spaziale. Ognuno appartiene a tutti gli altri

Sotto i riflettori del nostro Paese, alle Tese delle Vergini, le istanze di una nuova generazione di progettisti attenti alle tematiche della sostenibilità e della condivisione: “Spaziale. Ognuno appartiene a tutti gli altri” è il titolo che rappresenta il percorso curato da Fosbury Architecture, promosso dal ministero della Cultura che ha contribuito con 800.000 euro, sostenuto anche da Banca Ifis in qualità di main sponsor, di Bottega Veneta e Rilegno. Nove i gruppi che hanno coinvolto altrettanti advisor, provenienti da diversi campi delle industrie creative, per un totale di circa 50 persone con età media di 33 anni, che si sono misurate per espandere i limiti dell’architettura. Per la prima volta, infatti, il Padiglione Italia è stato interpretato come attivatore di azioni concrete a beneficio di territori e comunità locali. Una parte consistente dei fondi pubblici è stata infatti utilizzata per innescare nuovi processi o potenziare realtà esistenti.

Da Taranto a Trieste

A Taranto la convivenza con il disastro viene raccontata sui tetti che vengono trasformati in palcoscenico dal collettivo Post Disaster, con Silvia Calderoni e Ilenia Caleo. Nella Baia di Ieranto, oasi naturalistica del Fai, gli architetti Alessandro Bava e Fabrizio Ballabio con Terraforma Festival mettono in scena la riconciliazione con l’ambiente. A Trieste la coesistenza multiculturale viene analizzata da Giuditta Vendrame con Ana Shametaj. A Ripa Teatina, (Chieti), gli HPO con Claudia Durastanti coinvolgono la comunità nel recupero del patrimonio incompiuto. Nella terraferma veneziana, i Parasite 2.0 con Elia Fornari affrontano il tema dell’inclusione sociale. A Cabras, il gruppo Lemonot lavora con Roberto Flore sulla transizione alimentare. A Librino, Catania, Studio Ossidiana collabora con Adelita Husni Bey a un progetto di rigenerazione delle periferie. A Belmonte Calabro, il collettivo Orizzontale con Bruno Zamborlin si interroga sul divario digitale.

E nella piana fra Prato e Pistoia, i progettisti (ab)Normal e Captcha con Emilio Vavarella investigano i limiti della tutela del paesaggio. Tutte iniziative che avranno un impatto di lunga durata delineando un’inedita geografia per un rinnovato “Viaggio in Italia”.

Lesley Lokko

Una scelta in linea con “The Laboratory of the Future”, di Lesley Lokko. Dove viene presentata l'architettura intesa come campo di ricerca per lo sviluppo dell’umanità. E come forma dinamica che s’intreccia con altre discipline, dall’antropologia all’arte, dalla storia al cinema. Proponendosi come il linguaggio più malleabile per tradurre passato presente e futuro. «Niente archistar ma “practitioner”, termine più ampio di architetto o urbanista, pochi progetti di edifici e molte idee su come l’abitare richieda nuove sfide dal punto di vista sociale, ambientale e della sostenibilità», spiega la scrittrice e architetta scozzese con cittadinanza ghanese che per questa 18esima edizione ha puntato per la prima volta i riflettori sull’Africa e sulla diaspora africana, su quella cultura fluida e intrecciata di persone di origine africana che oggi abbraccia il mondo.

Il presidente Cicutto

«Un laboratorio della sperimentazione», aggiunge il presidente Cicutto, «dove poter ascoltare dall’interno le diverse voci che vengono dall’Africa e dialogano con il resto del mondo, costringendoci ad abbandonare un’immagine di quel continente e dei suoi abitanti che abbiamo perpetuato per secoli, quella di un’Africa vista più come un problema (migranti, povertà, fame, conflitti…) o solo come un paese da aiutare». 89 partecipanti, di cui oltre la metà provenienti dall’Africa o dalla diaspora africana, con un equilibrio di genere paritario e l’età media dei partecipanti di 43 anni.

I Leoni d'oro

Durante la cerimonia inaugurale, sabato, alle 11 a Cà Giustinian, sarà consegnato il Leone d’Oro alla carriera a Demas Nwoko, artista, designer e architetto nigeriano. A seguire la consegna di tutti gli altri premi (Leone d’oro per la miglior Partecipazione Nazionale, Leone d’oro per il miglior partecipante e Leone d’argento per un promettente giovane partecipante) dalla giuria presieduta dall’architetto e curatore italiano Ippolito Pestellini Laparelli.

Il Carnival

Agli occhi dei visitatori si presentano sale (tutte riallestite con il materiale già usato per Biennale Arte da Cecilia Alemani) che ospitano parlamenti in legno e materiali riciclati, progetti in cui si celebra il recupero, modellini, tessuti, mappe, musiche, installazioni, insediamenti nomadi nel deserto convertiti al turismo, “case” intese come comunità di idee, momenti di riflessione. E alle industrie estrattive che aprono ferite sulle montagne vengono contrapposti villaggi fondati su parametri funzionali ed ecologici. Un percorso, dove la scienza del costruire non è dominante, ma apre finestre su pratiche e modalità future di vedere e di stare al mondo,  ponendo al centro interrogativi e risposte su problemi centrali come la decarbonizzazione, la sostenibilità ambientale, la decolonizzazione. Al via anche un “Carnival”, un ciclo di incontri, tavole rotonde, film e performance che accompagna i sei mesi dell’esposizione, per tentare di colmare il divario tra gli architetti e il pubblico. 

Achille Mbembe

L’umanità, «con sguardo miope», ha presunto che il pianeta fosse interamente al suo servizio e per questo «molte risorse cruciali sono state esaurite. Perché la Terra è stata considerata in modo così limitato?». La frase proiettata su un poster di Achille Mbembe, camerunese, uno dei massimi teorici del postcolonialismo, apre il percorso dove si analizza l’abitare, ma anche del modo di abitare, di prevenire, di rendere sostenibile non solo la costruzione, ma anche i nostri comportamenti. «Molti», conclude Cicutto, «si domanderanno dov’è l’architettura. Noi preferiamo domandarci quali sono di doveri dell’architettura e a che cosa serve ciò che andiamo a costruire».

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