“Il faraone, il selvaggio e la principessa”, film d’animazione di Michel Ocelot incanta il Red Sea International Film Festival

Il cineasta francese, decano dei registi che si dedicano all’animazione in Europa, è una vera istituzione tra i suoi coetanei e alla soglia di quasi 80 anni continua a regalare meraviglie come questa

“Il faraone, il selvaggio e la principessa”, film d’animazione di Michel Ocelot incanta il Red Sea International Film Festival
di Rossella Fabiani
4 Minuti di Lettura
Giovedì 8 Dicembre 2022, 15:04 - Ultimo aggiornamento: 25 Febbraio, 08:57

Un trio di racconti animati colorati e sofisticati che ci portano in Sudan, nella Francia medievale e nella Turchia del XVIII secolo. E’ il film di Michel Ocelot in cartellone al Red Sea International Film Festival che ha incantato il pubblico di Jeddah, in Arabia Saudita. Il cineasta francese, decano dei registi che si dedicano all’animazione in Europa, è una vera istituzione tra i suoi coetanei e alla soglia di quasi 80 anni continua a regalare meraviglie come questa. “Il faraone, il selvaggio e la principessa”, il suo nuovo film, inizia con un prologo in cui vediamo una donna, una “narratrice”, a cui viene chiesto da un pubblico appassionato di raccontare loro delle storie.

La prima è ispirata alla “Stele dei sogni” e ci colloca nell’epoca del regno di Kush, in Sudan, e del suo sovrano che partì per conquistare l’impero dei faraoni. Le immagini evocano gli affreschi dell’epoca mentre il protagonista sogna gli dei che fanno parte della sua volta celeste, da Khnum, il dio delle cateratte a Sekhmet la dea della guerra. La conquista si compie senza carneficine e si conclude con le nozze tra il faraone e la figlia della regina di Kush, la Candace.

L'incontro con Ninetto Davoli chiude la due giorni dedicata a Pier Paolo Pasolini

La seconda storia, quella del Selvaggio, ci trasporta nel Medioevo, in Francia, nel palazzo di un nobile cattivo con un figlio dal carattere gentile e generoso allo stesso tempo, che suo padre ostacola sempre nelle sue attività, qualunque esse siano. Il tono del racconto del Selvaggio è molto più fosco e le sagome sono dettagliate nei lunghi corridoi e nei cortili interni di un austero castello. Una pallina arancione e motivi verdi conducono il racconto verso una rilettura alla lontana di Robin Hood che si conclude con un ritorno al buon governo e a un incontro tanto atteso.

La terza storia è ambientata nel XVIII secolo, in una Turchia molto lontana da quella del “Bourgeois Gentilhomme” di Molière ma più vicina all’orientalismo del “Ratto dal serraglio di Mozart” dove un principe costretto a fuggire per salvarsi la vita, giunto in un’altra città, diventa un venditore di frittelle agli ordini di un mercante tirannico.

E incontra una principessa tenuta in clausura da suo padre

Il film è un inno alla fiducia in se stessi, all’amicizia e all’amore. Le storie narrate da Michel Ocelot sono insieme tradizionali e innovative. Il sovrano del regno di Kush del primo episodio dovrà impadronirsi dei due regni dell’Antico Egitto (Alto e Basso), ma senza scoccare una sola freccia, soltanto con la forza della convinzione, con la capacità di portare benessere ai suoi sudditi, agendo come l’onesto statista. Il figlio del nobile iniquo affronterà la propria tragedia per prevenire il male atroce degli altri e diventerà un ibrido tra Robin Hood e il Buon Selvaggio di Rousseau, per dare un esempio continuo e costante della sua generosità anche a chi ha tramato il suo male, pur essendo del suo sangue. Il principe detronizzato, infine, troverà la felicità preparando ciambelle per la sua amata, la principessa delle rose. Ognuna delle tre storie ha un diverso trattamento visivo. La prima, quella del Faraone, ricorda fortemente il disegno bidimensionale, un tipo di disegno volutamente ingenuo, che mostra quasi sempre i suoi personaggi di profilo, che tra l’altro ben si addice all’immagine che abbiamo dell’Egitto dei faraoni. La seconda storia, quella del selvaggio, ha un trattamento come un gioco di ombre o un teatro di ombre, con le sagome dei personaggi ritagliate e colorate di nero. La terza, invece, è un tripudio di colori. Semplicemente delizioso, con questo film, il regista francese conferma che il disegno bidimensionale non è solo antico, ma piuttosto eccezionalmente moderno, e che i racconti possono essere sia confortanti che istruttivi in un modo che né Hofmann, né i fratelli Andersen, né Perrault avrebbero potuto immaginare.

© RIPRODUZIONE RISERVATA