Orsi spera che il quadro finisca nelle collezioni di un museo americano: «Il mercato dei grandi maestri è cambiato a scapito del moderno e del contemporaneo», spiega l’antiquario. Questo significa aggiornare il tiro da parte delle gallerie, ma non per queso manca l’impegno per la ricerca e lo studio. L’Apollo in vetrina a Tefaf per Orsi è un work in progress. Bottegantica di Bologna e Milano ha portato a New York una scelta di opere di artisti italiani rappresentativi del panorama artistico tra fine Ottocento e la prima metà del Novecento tra cui un Autoritratto di Giorgio de Chirico del 1930 esposto per la prima volta nel 1931 alla mostra itinerante nei paesi scandinavi del gruppo «Novecento italiano» e due opere importanti del periodo futurista di Giacomo Balla («Merli futuristi» del 1925) e Tullio Crali («Volo al tramonto» del 1930). Alessandra di Castro ha portato dalla galleria di Piazza di Spagna dipinti romani e napoletani, mobili maggiolini e due opulente consolle veneziane d’epoca.
A suo avviso c’è spazio sul mercato di New York per i mobili italiani, trascurato finora a vantaggio di quelli francesi o britannici. Altri italiani a Tefaf fin dal debutto della fiera oltre l’atlantico sono Robilant + Voena. Una sacra famiglia di Ferdinando Yanez de la Almeida evoca la Madonna dei Fusi di Leonardo: omaggio dell’allievo spagnolo all’artista di cui ricorrono quest’anno i 500 anni dalla morte. Lo stand ha al centro una ballerina di ceramica di Lucio Fontana, uno degli abbinamenti che ha fatto il leit motiv di questa edizione di Tefaf. Come nello stand del britannico ma dagli anni Novanta a New York Sean Kelly, dove l’autoritratto col volto coperto di foglia d’oro di una delle sue artiste, Marina Abramovich, è accoppiato con una testa di età ellenistica. E sempre Kelly ha presentato una versione ridotta di Rumors of War, la monumentale statua eretta a Times Square da Kehinde Wiley, il ritrattista di Barack Obama: raffigura un afroamericano a cavallo in posa da condottiero, addosso la felpa e i jeans strappati, in risposta ai monumenti ai generali sudisti innalzati nelle città del sud degli Stati Uniti.
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