Hama Woods: «Dipingo sui muri orsi polari, panda e leopardi per salvarli dall'estinzione»

Across The Ice
di Matteo Maffucci
4 Minuti di Lettura
Domenica 18 Aprile 2021, 13:24 - Ultimo aggiornamento: 22 Aprile, 17:51

Un leopardo che si aggira cautamente tra blocchi di colore. Un castoro con il naso da pagliaccio. E poi iguane, castori, panda, pantegane. Sono animali in via di estinzione e non solo i protagonisti delle opere a cielo aperto di Hama Woods, ritratti in situazioni inaspettate, circondati da paesaggi geometrici colorati. I suoi lavori potete trovarli in Scozia o per le vie di Oslo, lei infatti è norvegese e ha stabilito un fortissimo legame con la natura fin da quand’era piccola. Oggi il suo obiettivo è quello di sensibilizzare alla protezione della vita selvaggia e alla tutela dell’ecosistema per garantire all’uomo e agli animali un futuro migliore. Per Hama l’arte urbana è un mezzo per ottenere un cambiamento sociale: può piacere, provocare, stimolare, sussurrare con una voce sottile o ruggire in faccia, come gli animali che rappresenta.

Come ha realizzato e cosa vuole rappresentare la sua opera creata in esclusiva per “Il Messaggero”?

«Si intitola Across the ice e raffigura un orso polare in cima a un iceberg. Sono partita come sempre dalla raccolta di foto, poi ho lavorato con gli schizzi su Photoshop. Spesso succede che il prodotto finito sia completamente diverso dall’idea originale. L’orso è uno stencil a sei strati, quindi taglio ogni strato a mano, poi dipingo lo sfondo sulla tela, spruzzo il contorno dell’orso polare e lo posiziono sull’iceberg che è realizzato con forme geometriche di vari colori».

Cos’è per lei la street art?

«È la diversità artistica non ufficiale e indipendente che trovi nel tuo quartiere. È un commento scritto su un muro che ti fa ridere. È una stanza dei giochi abbastanza grande da accogliere tutti i tipi di espressione che attira l’attenzione sui problemi attuali. È anticonformista, è gratuita. È un museo aperto 24 ore su 24, in luoghi incerti e non supervisionati in cui l’artista lavora da una prospettiva libera dalle aspettative».

Quale pensa sia la forza della street art nei confronti del pubblico?

«La street art invita il pubblico a mettere in discussione l’opera che stanno vedendo, quindi è ricca di valore politico e sociale. Pertanto, una città che ha molta arte di strada può essere considerata come una città che apprezza le voci dei suoi abitanti e incoraggia la diversità. Ma è allegra, colora muri grigi e quindi è anche un fattore di felicità».

Qual è la sua routine quotidiana?

«Inizio la mia giornata con un caffè, se ho tempo faccio colazione.

Poi salgo sulla mia bici color menta che ho comprato in un mercatino dell’usato. Seguo il fiume che attraversa Oslo e raggiungo il mio studio. Con un altro caffè e buona musica lavoro per ore e mi dimenticare di tutto il resto. Quando inizia la canzone che amo, faccio una pausa e ballo in studio, la canzone attualmente è Jerusalema. Prima di tutto sono una ballerina di street dance».

Negli ultimi anni, i marchi si sono avvicinati agli artisti di strada per creare operazioni di marketing. Come la vede?

«Il marketing e la street art sono per me l’esatto opposto. Quando l’arte viene utilizzata per fare pubblicità per le aziende, credo che perda la sua energia, a meno che non sia una collaborazione per raggiungere un obiettivo comune. Inoltre, molte pubblicità distruggono completamente lo spazio pubblico. Ancora peggio quando l’industria è accusata di appropriazione culturale, nel senso che usa il lavoro degli artisti senza il loro permesso, mentre poi spende milioni per proteggere i suoi marchi».

Qual è la città architettonicamente più adatta alle sue esigenze artistiche?

«Mi piace il diverso punto di partenza in ogni nuova città: l’architettura, la posizione, la molteplicità delle trame sui muri. Ho bei ricordi di Aberdeen in Scozia, chiamata anche la città d’argento poiché gli edifici sono fatti di granito e il colore della pietra è grigio. Proprio lì ho incorporato per la prima volta i triangoli geometrici nel mio lavoro, uno sviluppo importante nella mia carriera. Sogno di andare ad Hanoi per un progetto di edilizia incompiuta alla periferia della capitale del Vietnam. Mi piacerebbe dipingere un muro lì, con il focus sulla fauna selvatica in via di estinzione».

Non crede che gli street artist possano essere considerati oggi dei veri influencer?

«Credo di essere allergica agli influencer. Sento che il mondo occidentale sta diventando un guscio vuoto con notizie false, bei volti, facciate apparentemente perfette ma senza alcun coinvolgimento autentico, dove i social media sono diventati una discarica. Quindi no, non credo che gli street artist abbiano nulla da condividere con questa parola».

Lei dipinge soprattutto animali, come mai?

«Fin da piccola guardavo documentari sulla fauna selvatica e sono sempre stata affascinata dal delicato equilibrio che esiste tra gli animali e la natura. E oggi è più importante che mai proteggere la vita selvaggia. Secondo un rapporto del World Wildlife Fund, le attività umane hanno causato un calo della fauna selvatica del mondo di oltre due terzi negli ultimi 50 anni. E questo rappresenta una minaccia anche per la vita umana».

© RIPRODUZIONE RISERVATA