Lo Statuto dei lavoratori compie 50 anni: la Fondazione Feltrinelli su Facebook lo rilegge in chiave post Covid-19

Il Quarto Stato di Pellizza da Volpedo
di Francesca Nunberg
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Martedì 19 Maggio 2020, 21:50 - Ultimo aggiornamento: 21:51
Compie 50 anni, ma di strada ne ha ancora da fare. Tra le questioni che lo Statuto dei lavoratori ha lasciato aperte molte sono datate ma attualissime, come il riconoscimento dell’attività femminile o il lavoro nero, altre sono figlie degli eventi più recenti, come le tensioni tra il diritto al lavoro e la salute in questa fase di pandemia o il rapporto tra lavoro e tempo libero con l’aumento degli smart-workers.

Comunque è un anniversario “tondo” da celebrare: la legge n. 300 del 20 maggio 1970 è una delle normative principali della nostra Repubblica in tema di diritto del lavoro. In occasione dei 50 anni dello Statuto, la Fondazione Giangiacomo Feltrinelli mercoledì 20 maggio propone sulla sua pagina Facebook un percorso di voci e interventi per rileggere la legge n. 300 alla luce della crisi in corso post Covid-19.

La Fondazione ha inaugurato il 1 maggio scorso #Forzalavoro, un percorso di proposte editoriali sui canali social e sul sito e a cinquant’anni dalla stesura dello Statuto dei lavoratori ha chiesto ad alcuni rappresentanti di categorie di “condividere storie, vissuti, insoddisfazioni, situazioni, per volgere alla ricerca di risposte comuni”. Sulla pagina facebook di Fondazione, sette voci sono chiamate a riflettere su alcuni temi fondamentali. Dopo un’introduzione storica del professor Stefano Musso interverranno Angelo Avelli su questioni legate alla sicurezza dei riders, Giulia Pastore su lavoro e reddito per i lavoratori dello spettacolo, Nino Cartosio per i metalmeccanici, Renata Semenza per i lavoratori della cultura e dell’istruzione, Massimo Bonini in rappresentanza della Cgil e Brando Benifei, eurodeputato.

A introdurre i sette interventi sarà Stefano Musso, docente di Storia contemporanea all’università di Torino, che analizzerà il clima in cui ha preso corpo lo Statuto dei lavoratori spiegando come molte delle norme previste «fanno riferimento alle azioni repressive messe in atto dai datori di lavoro nel clima di aspro conflitto politico legato alla guerra fredda». E quindi il titolo primo relativo alla libertà e alla dignità dei lavoratori, l’articolo 2 con il divieto di vigilanza dei lavoratori da parte delle guardie giurate, l’articolo 5 che proibisce ai medici aziendali di effettuare accertamenti sanitari sui lavoratori, l’articolo 8 con il divieto di indagine sulle opinioni dei lavoratori, e via dicendo fino al più famoso articolo 18 che prevede la reintegrazione nel posto di lavoro per licenziamenti senza giusta causa.

«Lo Statuto dei lavoratori - spiega Musso - venne approvato a ridosso dell’Autunno caldo. Fu senz’altro frutto delle ampie mobilitazioni operaie del periodo. Ma godette anche di un’opinione pubblica ampiamente schierata a favore di concessioni agli operai, nella convinzione che i lavoratori avessero ottenuto meno del loro contributo al miracolo economico, per i salari aumentati meno della produttività del lavoro, per i pesanti disagi vissuti da milioni di migranti alle prese con la mancanza di case e di servizi». Ma a distanza di cinquant’anni la struttura delle imprese è cambiata enormemente, si è passati dal lavoro ai lavori, dalle numerose imprese medio grandi alla miriade di microimprese che sono ben al disotto dei quindici dipendenti. E i tempi sembrano maturi per un rinnovato Statuto».

La necessità di un aggiornamento dello Statuto è condivisa anche da Elia Rosati, docente e ricercatore all’Università degli Studi di Milano: «Parlare storicamente oggi dello Statuto significa forse confrontarsi su quello che succede nella contemporaneità e nella materialità dello sfruttamento dell’oggi, più che pensare a ere fordiste passate, consapevoli però della necessaria urgenza di dare diritti e tutele alle nuove, molteplici e invisibili soggettività del lavoro precario postfordista, inevitabilmente partendo da un ampio e articolato dibattito su un nuovo e rapido ammodernamento del welfare».
Secondo Rosati è necessario «aprire una discussione, impantanata nel dibattito politico-sindacale degli ultimi trent’anni sullo Statuto, polarizzatosi tra chi lo dipinge come una anticaglia di cui liberarsi, figlia di un’altra epoca e chi, invece, lo narra come un testo sacro inalterabile e inscalfibile, da scolpire nella roccia».
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