Sciascia, a cento anni dalla nascita il ricordo su L'Ora di Palermo: «Finestra sul mondo a metà degli anni ‘60»

Sciascia, a cento anni dalla nascita il ricordo su L'Ora di Palermo: «Finestra sul mondo a metà degli anni ‘60»
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Venerdì 8 Gennaio 2021, 12:24 - Ultimo aggiornamento: 12:31

di Valentina Pinello

Cent’anni oggi dalla nascita di Leonardo Sciascia, centinaia gli aspetti della sua personalità e della sua attività letteraria già spulciati, eppure resta viva la voglia di approfondire, rileggere, reinterpretare il suo pensiero, attualizzarlo. Uno dei suoi cento profili che mi piace ricordare è quello di giornalista del quotidiano L’Ora di Palermo. Se è vero che i numeri giocano a volte degli scherzi nella vita di un uomo, è vero pure che dalla loro combinazione nascono insolite coincidenze. E proprio l’esperienza di Sciascia all’Ora è influenzata dai numeri: la sua collaborazione ha inizio nel 1955 all’età di 34 anni e continuerà, seppure non costantemente, per 34 anni, cioè fino alla morte. Tirando le somme, 34+34, avremmo gli anni della sua vita, 68 anni vissuti tra Racalmuto, in provincia di Agrigento, Caltanissetta e Palermo. Da siciliano “di scoglio” e non “di mare aperto” (la distinzione è dello storico direttore dell’Ora, Vittorio Nisticò) Sciascia non si è allontano dalla terra d’origine (mai più di un mese di seguito) e anzi ne ha fatto un punto di osservazione ideale, addirittura una metafora del mondo. Come afferma Claude Ambroise: “Lasciare la Sicilia gli è possibile forse solo in sogno. E se quel sogno, l’unico che diventi realtà, perché attuabile in Sicilia, fosse la letteratura? La letteratura come possibilità di staccarsi dalla Sicilia, pur restando in Sicilia”. Sciascia si serve della letteratura per aggiungere sapore e sostanza alla realtà, alla cronaca, alla storia, e anche per fare i suoi voli verso mete lontane dalla sua terra. E si serve anche del giornalismo. Quando inizia la sua collaborazione con il quotidiano di Palermo, non ha ancora fama di scrittore, visto che il romanzo che gli darà notorietà, “Le parrocchie di Regalpetra”, uscirà l’anno successivo. Ma il direttore di allora, Vittorio Nisticò, anche grazie alle sollecitazioni di intellettuali come Gino Cortese e Mario Farinella, ne seppe fiutare la grandezza di scrittore e gli propose una collaborazione. Sciascia accetta e dal quel momento, a fasi alterne, sarà collaboratore prestigioso del battagliero quotidiano palermitano fino alla sua morte. Di quei trentaquattro anni di collaborazione presso la testata palermitana, sono particolarmente interessanti gli anni che vanno dal ’64 al ’67, perché significativi per comprendere il ruolo di Sciascia giornalista de L’Ora e soprattutto per delinearne la natura di tale “illustre” collaborazione. In quegli anni lo scrittore tiene infatti una rubrica dal titolo Quaderno, a cadenza settimanale, generalmente il venerdì, in cui si esprime senza alcun condizionamento sugli argomenti più disparati. Gli articoli della rubrica sono già stati raccolti nel 1991 e pubblicati nel volume fuori commercio che prende il nome di Quaderno. La rubrica ci offre la possibilità di conoscere Sciascia nelle sue più varie sfaccettature, senza mai perdere di vista qual è il suo interesse principale, la Sicilia, (anche perché il quotidiano era distribuito solo nella città di Palermo), ma dimostra anche un’apertura verso i problemi di tutta l’Italia, anche perché lo stesso giornale è ben lontano dall’avere un’impostazione provinciale o periferica. Emblematica è a tal proposito la prima pagina che equamente distingueva le notizie nazionali o dal mondo da quelle locali, ad eccezione forse solo per quanto riguarda delle notizie fin troppo eclatanti, come l’arresto di un boss o un qualsiasi attentato di mafia, a cui viene in genere dedicata l’intera pagina. Nei brevi articoli di quella rubrica sull’Ora ci sono già i suoi testi più famosi, come “La scomparsa di Majorana” o “L'affaire Moro”. In poche righe, Sciascia tocca attualità, storia e letteratura. L’interesse verso la realtà nazionale diventerà precipuo in altri articoli giornalistici, quelli scritti a partire dal ’69 per il Corriere della sera, alcuni dei quali confluiranno nella raccolta “Nero su nero”. Questo sarà il primo nucleo di un risentito “diario in pubblico” che prosegue sulla stessa linea della rubrica Quaderno, ma con accenti più pessimistici (neri, appunto). Tornando all’Ora. Negli articoli scritti da Sciascia si nota che la vocazione di scrittore è sempre preponderante e sfogliando la sua rubrica si delinea pian piano il ritratto di uno scrittore esordiente pieno di passioni, di ansie, di aspettative. Emerge il suo interesse per la Spagna e per i pochi ma significativi viaggi intrapresi (tra le mete preferite, oltre alla penisola iberica, anche Parigi, impressa nella sua memoria). Traspare dalle recensioni che scrive il suo amore verso l’arte (non solo verso gli artisti siciliani, Antonello da Messina, Emilio Greco, Renato Guttuso e Bruno Caruso, ma anche Toulouse-Lautrec, René Magritte). E poi le sue preferenze e competenze in campo letterario, l’interesse per le tradizioni locali e le annose problematiche politiche, economiche, sociali della Sicilia, che spesso hanno generato lunghi dibattiti.

Gli articoli giornalistici, oltre a svelare aspetti nuovi della sua variegata personalità, confermano anche il profilo noto di Sciascia, quello di “mafiologo”, politologo e scrittore polemico. La sua penna non rifugge da animate controversie se si presenta l’occasione. Come nel ’65 quando, spinto da un articolo del giornalista Fidia Sassano su l’Avanti!, dà inizio ad un botta e risposta consumatosi nelle colonne delle due testate da febbraio ad aprile Continuando a parlare della produzione giornalistica dello scrittore su L’Ora bisogna tener conto che, oltre all’esperienza degli anni ’60, conclusasi nel ’67, alla fine degli anni ‘70 un’altra rubrica vedrà la firma di Sciascia, Incidenze e coincidenze. Si potrebbe anche accennare ad altre collaborazioni giornalistiche, precedenti a Quaderno (come quella sul quotidiano “Sicilia del popolo” a metà degli anni ’40); o contemporanee (come quelle sul “Corriere del Ticino” e sulla “Gazzetta del Mezzogiorno”); oppure ancora successive (come quella già accennata sul “Corriere della sera” o su “La Stampa” di Torino). Nonostante Sciascia si trovi a collaborare per numerose testate, sembra manifestare una predilezione verso il giornale di Palermo. E addirittura consegna proprio a L’Ora le sue ultime parole: trenta righe (la sua misura ideale), dettate alla figlia dal suo letto pochi giorni prima di morire; sono una nota ad un volumetto con gli scritti dell’amato Borgese, che il giornale si apprestava a pubblicare.

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