Alberto Angela e il Natale di Roma: «L'Urbe ha creato il mondo com'è oggi»

Alberto Angela e il Natale di Roma: «L'Urbe ha creato il mondo com'è oggi»
di Mario Ajello
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Giovedì 21 Aprile 2022, 07:19

Alberto Angela è un profondo e appassionato conoscitore della storia di Roma, come tutti sanno vedendo le sue trasmissioni televisive e leggendo i suoi libri.

Angela, oggi come ogni 21 aprile si celebra il Natale di Roma, una grande avventura cominciata nel 753 avanti Cristo. Che cosa significa questa ricorrenza?
«Al di là della data un po' simbolica della fondazione, quello che importa a tutti è che l'età romana ha plasmato il nostro modo moderno di vivere: dall'arte all'abitudine del buon cibo e ai piaceri conviviali, dalla moda all'arredamento, dalle lingue alla genetica delle popolazioni. Perfino la religione che c'è in Europa ha avuto un forte impulso dall'età romana. I caratteri che noi usiamo sullo smartphone sono romani. Parigi e Londra, così come tante altre città europee, sono state fondate dai romani. Il made in Italy è stato inventato nell'Urbe».

Un mondo intero cresciuto sulle spalle dei giganti, in seguito al tempo mitico della fondazione?
«Roma era riuscita a far vivere un impero che inglobava quelli che poi sono diventati più di 50 Stati e più di un quarto delle nazioni del pianeta.

L'impero coinvolgeva quasi tre continenti e noi, oggi, spesso fatichiamo a mettere d'accordo i 27 Stati membri dell'Unione Europea»

I romani erano più bravi?
«Mettere d'accordo 450 milioni di persone è più difficile che metterne d'accordo 50 o 60 milioni, quanti erano al tempo dell'impero romano. La verità è che era un premio, per i non romani, essere considerati dei cittadini di Roma. E poi c'era una questione d'identità e di coesione. Tu nascevi all'interno di qualcosa di molto definito e che si opponeva al mondo esterno, in cui c'erano i barbari. Roma era un punto che ti faceva sentire unito agli altri, capace di amalgamare tramite il commercio, la cultura, le lingue. Nella Ue, viceversa, ognuno nasce con una lingua diversa, un piatto diverso, tradizioni diverse. E dunque è più difficile unire genti che hanno così tante differenze».

Però non c'è alternativa, non crede?
«Siamo ancora molto giovani. Roma ha impiegato generazioni e generazioni, secoli e secoli, a raggiungere quella che è diventata l'unità dell'impero. Che era attraversato da ogni tipo di diversità ma riusciva a far sentire tutti parte di una stessa entità».

L'attuale guerra in Ucraina non può aiutarci a riconoscerci di più e meglio, tutti insieme, come europei?
«Io sono fiducioso. La nostra unione sarà sempre più stretta. Dobbiamo risolvere i problemi interni ma soprattutto, guardando fuori, riconoscere non che cosa ci separa tra di noi ma che cosa ci unisce. In questo momento di tensioni internazionali, riusciamo a capire l'importanza di questa unione. Se fossimo stati Paesi sparsi e non accomunati in un vincolo, ci troveremmo oggi in una situazione molto più difficile».

In questa fase storica, più che mai, il Natale di Roma può essere la festa di tutti?
«Segnò l'inizio di una civiltà che ha determinato il nostro presente. Per questo motivo ci riguarda tutti. L'eco di quella storia arriva dappertutto e attraversa pure l'Atlantico. Pensiamo a Capitol Hill. O, per tornare in Europa, alle aquile di Napoleone. E ancora: la parola Cesaree si è trasformata in kaiser e in zar, si è cercato insomma di ispirarsi alla grandezza di Roma in epoche successive anche da parte dei sovrani. Ma è in generale l'ordine e il sistema romano che riecheggiano lungo i millenni nelle varie parti del mondo. Roma è riuscita a creare il suo impero e la sua civiltà globale senza avere un computer né il web né un telefonino. Ciò significa grande organizzazione e grande efficienza nel farla funzionare. E pensare che tutto questo è partito da noi italiani. 2000 anni fa, l'Italia era una superpotenza che non solo dominava ma insegnava agli altri a vivere. La cosa che a noi tutti impressiona è che eravamo noi italiani a dettare l'efficienza e a costruire un mondo ammirato e condiviso da tutti, un modello a cui ispirarsi».

Qui non stiamo parlando dei lati oscuri del modello romano che pure erano tanti. Ce ne può indicare qualcuno?
«La schiavitù. Le pulizie etniche alle frontiere. Il fortissimo classismo. E potrei continuare».

Perché oggi è la disunità a dominare?
«Guardi, la storia si ripete. Quello che vediamo oggi in Ucraina lo abbiamo già avuto in casa 80 anni fa. Con le stesse tragedie e gli stessi orrori contro i civili. Bisogna conoscere la storia perché aiuta a capire il presente e a indirizzare il futuro. Le risposte del futuro in gran parte si trovano nel nostro passato».

Nel futuro immediato, e parliamo del 2025, cioè dietro l'angolo, c'è a Roma il Giubileo. Mentre voi sabato sera su Rai1, a Ulisse, parlerete del Giubileo della regina Elisabetta.
«Sì, è un periodo di giubilei, laici e religiosi. Elisabetta festeggia i 70 anni di regno. Quando salì sul trono, nel 1952, il mondo era completamente diverso. Non si era neppure andati nello spazio. I giubilei, compreso quello di Roma 2025, servono a dare coesione e identità attorno a qualcosa o a qualcuno. Danno un senso comunitario. Uniscono il passato al presente e sono uno stimolo al ragionamento sui nostri tempi».

E intanto, la fondazione di Roma che tipo di rifondazione potrebbe ispirare?
«Mi piacerebbe che venisse riportata un po' di quella efficienza che c'era in età romana. Perché, vorrei ricordare, i romani eravamo noi».
 

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