Riccardo Pirrone: «Il mio libro su Taffo, come ridere della morte per esorcizzarla»

Riccardo Pirrone
di Leonardo Jattarelli
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Lunedì 13 Luglio 2020, 11:27
Il genio di un social manager fa la differenza. Lo sa bene Riccardo Pirrone, 37 anni,  che ha intuito come ridere della morte sia l’unico modo per esorcizzarla. Nasce così la campagna per Taffo, l’agenzia funebre che è riuscita a catturare grande attenzione sui social e persino a creare un’enorme community di fan, attraverso una strategia di comunicazione controcorrente basata sul black humor. Grazie all’intervento di Pirrone da 2000 follower iniziali, ad oggi, l’agenzia vanta un seguito di oltre 300mila persone ed ogni post raggiunge milioni di utenti. Ma come si vende l’invendibile? Ridere della morte è davvero possibile? Riccardo Pirrone lo spiega in un libro che uscirà il 16 luglio per Baldini+Castoldi e già il titolo è un marchio di vendita sicuro: Taffo, ironia della morte.



Il libro e già il più venduto delle ultime 24 ore su Amazon e il 17 luglio verrà presentato a Roma da Marmo (ovviamente) alle ore 19,30. Condurrà la serata lo speaker di Rds Renzo Di Falco, accanto all’autore Riccardo Pirrone, ci sarà Alessandro Taffo Responsabile Marketing e Commerciale della Taffo Srl e la giornalista Giulia Marchina, più altri ospiti noti che hanno collaborato con loro in questi anni. 
Ma chi è Riccardo Pirrone? È CEO e digital strategist di KiRweb, agenzia creativa romana. Non è un marketer, non è un pubblicitario, non è un troll, non è un copywriter e non è un imprenditore digitale. Lavora nel web da sempre e da sempre il web non è etichettabile. Conosciuto ai più come il social media manager di Taffo, oggi segue la comunicazione digital di molte aziende italiane e ONG internazionali; tiene spesso lezioni e speech in vari eventi di settore e nelle università italiane. Questo è il suo primo libro e «se non lo comprate sarà anche l’ultimo» dice scherzando: «Nessuno vuole sentirsi ricordare che la propria morte o quella di un proprio caro può arrivare in qualsiasi momento, e infatti rassicuriamo tutti: Ci vediamo il più tardi possibile».
«Nel 2016, insieme al mio amico Gianluca Tursi abbiamo deciso di avviare un progetto alternativo, una startup. Allora andavano molto di moda (era prima che le statistiche le dessero per spacciate, tre su quattro, a pochi anni dalla nascita)- leggiamo nel libro -. Tra le tante possibili idee che ci venivano in mente, abbiamo scelto di creare il primo comparatore di agenzie funebri. Voi direte: ma lo vedi che parli sempre di morte? In realtà era la prima volta, ma poi non mi sono più fermato. Si chiama Lastello, last hello: l’ultimo saluto, in un inglese un po’ maccheronico, ma molto markettaro. Volevamo che le persone avessero la possibilità di comparare velocemente i servizi e i prezzi di varie agenzie funebri su tutto il territorio italiano. Il portale viene subito apprezzato dalla stampa, un po’ meno dal pubblico. La notizia fa il giro di tutte le testate giornalistiche. Alessandro Taffo, incuriosito da un articolo sul giornale, decide di contattarmi. Così è nata la nostra collaborazione».


E ancora, Pirrone racconta nel libro gli inizi della collaborazione con Taffo: «Alessandro, insieme a suo fratello Daniele, aveva già iniziato a trasmettere, sui cartelloni stradali, dei messaggi che scalzavano i classici stereotipi sulla morte. Ma prima ancora della comunicazione fuori dagli schemi, Taffo ha voluto distinguersi nei servizi offerti al cliente in modo mai visto prima. Si pensa, infatti, che le agenzie funebri siano tutte uguali, in fondo non devono fare altro che organizzare un funerale. Hanno inventato la linea Taffo Pet: un vero e proprio funerale con cremazione per i nostri amici a quattro zampe, la diamantificazione delle ceneri: creare un anello con diamante con le ceneri del defunto (ve la ricordate quella pubblicità che fecero? Tuo marito adesso non potrà più dirti di no), insomma, parliamo di un’azienda che ha nel suo DNA l’innovazione e lo sguardo sempre rivolto al futuro».


Poi chiede ad Alessandro Taffo: Come ci si sente a essere figli di necrofori? «Quando ero piccolo mi vergognavo a dire quale lavoro facesse mio padre. Sul volto dei miei compagni e dei loro genitori vedevo tanta ignoranza e superstizione. Crescendo ho smesso di avere timore a dire che i miei facessero questo lavoro: addirittura mi accompagnavano a scuola con il carro funebre. Potete immaginare gli sguardi dei compagni e delle maestre. Oggi penso che i miei figli vivano con più serenità il lavoro di loro padre. Oggi ci chiedono i gadget che di solito regaliamo tramite i social, cantano la nostra canzone dell’estate insomma si sentono un po’ vip, quasi fortunati. Possiamo dire che in un percorso mediamente breve abbiamo rivoluzionato il pensiero nel campo funerario. Forse riusciremo anche a cambiare il punto di vista sulla morte».

Pirrone, si legge nel suo libro di una proposta anche a favore dell'eutanasia...
«Sì, abbiamo inserito questa proposta in linea con l'impegno sociale che da sempre Taffo porta avanti. Un post inedito mai uscito sui social che sostiene la battaglia dell’associazione Luca Coscioni, per far approvare in Italia la legge sull’eutanasia. Con Taffo abbiamo sempre affrontato temi sociali appunto come la droga, l'omofobia e stavolta  trattiamo quello dell' eutanasia. Un argomento su quale, all'apparenza sono tutti favorevoli ma poi la proposta di legge che giace in Parlamento non diventa ancora legge, appunto. Quindi abbiamo pensato ad un post che smuova l’opinione pubblica. Insomma una libera scelta di mettere fine alle sofferenze». 



Su Amazon avete già fatto il pieno di vendite con il libro che esce il 16 nelle librerie...
«In realtà abbiamo creato un booktrailer con tutte le varie uscite dei nostri eventi. Noi siamo partiti come social ma poi è arrivata la canzone, gli eventi nelle discoteche per Halloween e devo dire che il booktrailer in 24 ore è stato il più venduto. Ora aspettiamo di vedere l'esito del libro».
Come è nata l'idea del libro?
«Per mettere un punto di fine, visto che ora Taffo per la prima volta diventerà un franchising in tutte le città d’Italia».
In quanti vi seguono?
«Abbiamo migliaia di follower in tutto il Paese. E c'è molta curiosità tra gli studenti ai quali, alla fine del libro, spiego come creare strategia efficaci di marketing per diventare vincenti. Perché alla fine, se ci pensate, l'agenzia Taffo era una semplice agenzia funebre romana. Ma il segreto, che poi diventa una forma di collaborazione sociale, è quello di  spendersi per cause che servano alla collettività, anche contro i nostri interessi. Tanto per fare un esempio che non è affatto banale, durante la quarantena, Taffo ha creato una raccolta fondi a favore dello Spallanzani . E’ un cortocircuito vero e proprio a pensarci bene ma è bello che sia così. Un’azienda che si spende per il sociale. La pubblicità tradizionale è finita. Le aziende ora sono dei personaggi attivi, devono avere valori, ideali, senza paura di scontentare nessuno. A molti il nostro black humor non piace, è vero...».



Però è servito a sdoganare in qualche modo anche la morte...
«Il tabù della morte è stato molto discusso in Italia. Grazie anche a Taffo, ora la fine di tutto fa anche meno paura perché fa parte della vita. Alessandro Taffo mi dice sempre "per me la morte è come la vita. Io ci lavoro con la morte. E' parte integrante della quotidianità". Il black humor disinnesca la paura che diventa liberatoria».
Se l'aspettava un successo così grande?
«Assolutamente no.  E ci sono voluti cinque anni per arrivare al libro. Ora  con un post raggiungiamo anche 4 milioni di persone, all'inizio non ci si filava nessuno, anzi...Per questo è il momento di spenderci per iniziative importanti. Ovviamente il mio lavoro riguarda anche altro, aziende, associazioni, brand importanti, dal WWF a Medici senza Frontiere e poi il commerciale come Rocchetta . Con Taffo abbiamo collaborato anche con personaggi famosi. Ricordo ad esempio un concerto con Elio e le storie Tese per il loro ultimo live; una finta locandina funebre. Poi è arrivato il Buondì Motta e major cinematografiche come Universal e Warner». 
Alla fine dell'intervista, non evitiamo l'inboccallupo per ottenere l'ovvia risposta di Pirrone: «Crepi».



 
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