Pompei, gli oggetti (e i volti) ritrovati raccontano la domus e la famiglia di Giulio Polibio

Pompei, gli oggetti (e i volti) ritrovati raccontano la domus e la famiglia di Giulio Polibio
4 Minuti di Lettura
Domenica 22 Dicembre 2019, 19:27
A Pompei la storia di una famiglia falciata dal vulcano. Un beauty in legno e bronzo con le sue boccette di vetro piene di profumi e unguenti, i resti del letto con la sua maestosa testata, un cratere in bronzo che già allora, nel 79 d.C poteva far mostra di sé come un ricco pezzo di antiquariato. Enorme e raffinata, le decine di stanze affrescate con i colori più in voga, il magnificente e odoroso giardino pieno di piante da frutto e di fiori, la casa di Giulio Polibio, candidato di punta alle elezioni che si sarebbero dovute svolgere a breve, era una delle più belle di Pompei, ricca come il suo padrone, facoltoso liberto della gens Julia, commerciante in carriera dalle alte ambizioni e dai gusti elevati. Ma forse anche di più, visto che per gli archeologi questa dimora dalla pianta particolarmente complessa potrebbe essere appartenuta in passato proprio alla gen Julia, in particolare ad un certo L.Julius Philippus il cui sigillo è stato trovato in giardino e che forse potrebbe averla abitata prima che venisse ceduta a Giulio Polibio.

Ai piedi degli dei: a Palazzo Pitti le calzature antiche e la loro fortuna nel Novecento
 


Tant'è, quella meraviglia da 7.500 metri quadrati edificata proprio accanto alla domus dei Casti Amanti (siamo sempre sulla famosa via dell'Abbondanza) è stata abitata fino all'ultimo istante della tragedia, i suoi 13 abitanti, componenti della famiglia di Polibio sono morti tutti fra quelle mura, qualcuno anche nel suo letto, senza portare via nulla, dai gioielli alle suppellettili, i mobili, le argenterie, il vasellame da cucina.



«Con tutta probabilità avevano deciso di non muoversi perché la giovane figlia di Polibio, una ragazzina poco più che sedicenne, era incinta e la gravidanza era ormai agli sgoccioli, sarebbe stato difficile per lei fuggire», spiega il direttore del Parco Archeologico Massimo Osanna.

Quello che è rimasto insieme ai resti dei corpi e a quel carico di suppletiva tragedia è una sorta di manuale della vita pompeiana che ora rivive in una mostra raffinata che in attesa che vengano completati i lavori di restauro della domus Osanna ha voluto allestire nelle sale dell'Antiquarium. Aperta al pubblico da domani, la rassegna fa parte di una serie di esposizioni monografiche sulle più importanti abitazioni della antica colonia romana. E con la sua storia così drammatica e insieme paradigmatica dell'orrore che lo scoppio del vulcano inflisse alla cittadina permette un tuffo ad alto tasso emotivo nella quotidianità di una agiata famiglia di allora.

In mostra, anticipa Osanna, «ci sono oltre 70 oggetti frutto degli scavi terminati all'inizio degli anni '80 da Zevi ed
esposti per la prima volta tutti insieme. Una vetrina raccoglie la bellissima scatola beauty (ricostruita all'epoca dello scavo sulla base di un calco) con le sue preziose ferramenta intagliate, e poi lucerne, porta lucerne, bruciaprofumi, vasellame per la cottura dei cibi, coppe per banchetti e bottiglie di vetro, scaldavivande da sala , candelabri, finanche il calco perfetto di un cesto di vimini. E poi il sigillo di Julius Philippus naturalmente, ma anche un salvadanaio di terracotta e dei dadi da gioco oltre al meraviglioso cratere istoriato ( che arriverà a Pompei il 6 gennaio direttamente dalla mostra romana allestita alle Scuderie del Quirinale) e alla statua in bronzo di Apollo che Polibio aveva voluto nel vestibolo (anche la statua, bellissima, arriverà a gennaio di
ritorno da una mostra su Pompei allestita a Oxford).
 


Ma non solo: a rendere se possibile più commovente questo salto indietro di duemila anni nell'intimità di una famiglia distrutta dall'eruzione, ci sono anche i volti di tre dei suoi componenti, tra cui proprio quello della giovane donna incinta. «Le teste sono il frutto di un esperimento di estrema avanguardia che fu
fatto dai tecnici negli anni '70-'80, qualcosa per allora di assai pionieristico - sottolinea Osanna - noi abbiamo deciso di esporle così ognuna accanto al suo teschio per dare una volta di più l'idea di quello che è stato».

Cina, scoperta tomba di 1.300 anni fa
Roma, scoperta villa di 2300 anni fa

Certo non è detto che quei volti ricostruiti siano in tutto e per tutto fedeli agli originali (ci mancano i dati sui capelli per esempio o sulle sopracciglia, che non sono da poco) ma l'impatto per chi ci si trova davanti è comunque da togliere il fiato. Oggetto di un infelice e costoso restauro nel primo decennio del 2000
all'epoca del ministro Bondi e del commissario Fiori (con una spesa di oltre 1 milione di euro che comprendeva un ricco corredo di multimedialità per la sua valorizzazione comprensivo di ologramma del padrone di casa e un percorso olfattivo) la domus di Polibio fu poi subito richiusa per il crollo di un'architrave. Il nuovo restauro, che comprende naturalmente l'intervento sul fronte di scavo, è in programma per il 2020.
© RIPRODUZIONE RISERVATA