La mostra, il viaggio di Ulisse nel mito e nell'arte sulla nave più antica del mondo

La mostra, il viaggio di Ulisse nel mito e nell'arte sulla nave più antica del mondo
di Vanna Ugolini
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Venerdì 12 Giugno 2020, 09:42 - Ultimo aggiornamento: 10:30

FORLI' La bellezza che non ti aspetti: una mostra ricchissima di opere che raccontano di Ulisse, del suo viaggio, della sua astuzia e della sua nostalgia all'interno di un altro percorso, quello dell'arte che nei secoli trasforma il mito. Siamo a Forlì, nel complesso dell'Auditorium di San Domenico, ormai da anni punto di riferimento per gli amanti della cultura. In questi giorni ha riaperto, dopo la chiusura forzata per l'emegenza del Covid, la mostra "Ulisse, l'arte, il mito", (chiuderà ad ottobre) curata dal professor Gianfranco Brunelli, filosofo, giornalista, direttore della rivista "Il Regno" che è riuscito a portare a Forlì decine e decine di opere dai più grandi musei internazionali. Perchè scegliere di riparlare attraverso l'arte di Ulisse? «Perchè con Faust e Don Giovanni è uno dei tre miti fondanti del pensiero europeo. Ulisse è la parola».
 

 


Una parola che continua a essere raccontata e ascoltata. «La vasta ombra di Ulisse si è distesa sulla cultura d’Occidente. Dal Dante del XXVI° dell’ Inferno allo Stanley Kubrick di “2001 – Odissea nello spazio”, dal capitano Acab di “Moby Dick” alla città degli Immortali di Borges, dal Tasso della “Gerusalemme liberata” alla Ulissiade di Leopold Bloom l’eroe del libro di Joyce che consuma il suo viaggio in un giorno, al Kafavis di “Ritorno ad Itaca” là dove spiega che il senso del viaggio non è l’approdo ma è il viaggio stesso, con i suoi incontri e le sue avventure». E ci sono tutti questi "segni" nella bellissima mostra al San Domenico, 250 opere, che si apre con l'esposizione mozzafiato dei resti molto ben conservati di una antica nave greca «ritrovata nel mare davanti a Gela, che era imballata in un museo a sua volta chiuso», spiega Brunelli.

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La nave greca. Esposta per la prima volta, questa nave lunga 17 metri - è la più grande mai recuperata di epoca arcaiaca, e appoggiata su una struttura che ricorda il movimento dell'acqua, «si sposa bene con il racconto dell'Odissea perchè Omera racconta la barca di Ulisse in maniera molto tecnica, da esperto». Sulle pareti della sala da un lato il filmato che mostra come doveva essere l'imbarcazione prima del naufragio, dall'altro la proiezione sul muro di una sorta di "corto", sceneggiato dalle stesso Brunelli, che in dieci minuti, grazie a due attori e all'utilizzo di scene tratte da dipinti, viene raccontata - spettacolo nello spettacolo - tutta l'Odissea. Alle due estremità della sala, un quadro di Rubens giovane, considerato un vero e proprio capolavoro e uno splendido cavallo di Mimmo Paladino, un rimando diretto all'arte contemporanea che continua a raffigurare il mito di Ulisse.

Il tutto sotto gli occhi, (si fa per dire, essendo il cantore raffigurato sempre come cieco) di due busti che raffigurano proprio Omero e che portano al corridoio dove il travagliato viaggio di Ulisse si snoda attraverso reperti antichi e unici.

E' qui che la storia di questo mito comincia a essere anche una storia al femminile, di maghe, regine, sirene, dee come Atena, e della fedele Penelope «che ha le stesse qualità del suo sposo: è paziente, astuta, non fa sconti» e alla trasformazione di Ulisse e del suo mito si affianca anche quella delle sirene, che ritroveremo raffigurate con piedi di rapace e poi, via via, come le conosciamo oggi, con la coda di pesce, quella della maga Circe e delle tante altre figure di donne.

Nel passaggio tra il primo e il secondo piano il Laocoonte (un è un calco della statua originale, l'altro un'opera successiva che lo interpreta) fa da momento di passaggio con un'arte più moderna, - anche se richiami ci sono in ogni stanza - il cui il mito di Ulisse viene "adattato" al sentire dell'epoca. Anche il secondo piano è tutto un susseguirsi di opere straordinariamente belle, un percorso che si conclude nelle piazze vuote, abitate da Muse senza testa, dei quadri di De Chirico, il suo omaggio al mito. Un percorso che finisce sotto gli occhi di Ulisse stesso, raffigurato in un busto di epoca romana, con i capelli e la barba spettinati e lo sguardo quasi drammatico, come quello di un uomo che ha visto tanto, troppo ma comunque rivolto in avanti, al futuro. 

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