Nuovi documenti e nuovi dati, inedite mappe assonometriche dei campi e fotografie di famiglia che finora non erano mai state esposte. Dopo una preview per il Giorno della Memoria, ha riaperto al pubblico la mostra “Dall’Italia ad Auschwitz” a cura di Marcello Pezzetti e Sara Berger, organizzata dalla Fondazione Museo della Shoah e allestita alla Casina dei Vallati a Roma. La mostra, patrocinata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dall’Unione delle Comunità ebraiche italiane, descrive la storia di tutte le persone arrestate tra il 1943 e il 1944 nel territorio italiano e deportate nel complesso concentrazionario di Auschwitz-Birkenau. Si tratta innanzitutto delle persone di origini ebraiche – spesso interi blocchi familiari – compresi gli ebrei stranieri che negli anni precedenti avevano cercato rifugio nella penisola e quelli che risiedevano nelle isole del Dodecaneso. «Ma grazie alle nuove indagini condotte - spiegano i curatori - si è scoperto che la realtà della deportazione “politica” – nella quasi totalità costituita da donne residenti nel territorio dell’Adriatisches Küstenland (Litorale Adriatico) – è ben più consistente rispetto a quella proposta finora dalla storiografia e che la deportazione ha toccato anche un piccolo numero di rom – dato fino ad oggi sconosciuto – anch’essi arrestati nell’Adriatisches Küstenland».
L’esposizione si apre con un’introduzione sulla storia del lager dal 1940 al 1943, ovvero del periodo precedente l’arrivo dei primi prigionieri dall’Italia, per poi proseguire con una sala dedicata ai trasporti, dove appaiono volti e numeri dei deportati di ogni convoglio partito dal territorio italiano. È messa in luce la specificità della sorte degli ebrei deportati, che rappresentarono la parte più consistente delle vittime, dalla selezione all’arrivo all’omicidio sistematico di massa. Si descrivono le procedure di immatricolazione (in particolare il tatuaggio, metodo utilizzato solo ad Auschwitz) e le terribili condizioni igienico-sanitarie del campo, nonché la sperimentazione medica.
«Abbiamo cercato di dare un volto alla deportazione dall’Italia ad Auschwitz - spiega Marcello Pezzetti - proponendo nuovi e commoventi percorsi biografici di numerose vittime, sia tra i “sommersi”, sia tra i “salvati”, senza tralasciarne alcuni relativi ai persecutori. Abbiamo potuto esporre preziosi documenti originali e oggetti personali. L’ampio uso di disegni e dipinti realizzati nel dopoguerra da artisti sopravvissuti alla deportazione ad Auschwitz, inoltre, ci fanno comprendere situazioni che non sono documentate da immagini fotografiche. Nuove mappe assonometriche realizzate in Germania dall’architetto Peter Siebers ci permettono una migliore visualizzazione di Auschwitz I, di Birkenau e di Monowitz».
«Molte novità - spiegano i curatori - sono il frutto di un lavoro di ricerca effettuato per diversi mesi con autorevoli studiosi della Shoah, della deportazione ebraica e della deportazione politica. Per la prima volta gli enti più prestigiosi che si occupano del tema hanno lavorato fianco a fianco in previsione della realizzazione del memoriale italiano che sarà allestito dal Governo italiano nel Blocco 21 di Auschwitz. Si tratta del Cdec (il Centro di documentazione ebraica contemporanea) di Milano – Liliana Picciotto e il suo staff –, della Fondazione Memoria della deportazione, sempre di Milano, dell’Aned (l’Associazione nazionale ex deportati nei campi nazisti) e dell'Auschwitz-Birkenau State Museum».