Originario della Romania, da bambino Appelfeld era stato strappato ai genitori e aveva vissuto esperienze traumatizzanti fra cui peregrinazioni nei boschi, la reclusione in un campo di concentramento, e la vita clandestina circondato da criminali. Si era poi aggregato all'Armata Rossa, come cuoco.
Dopo la guerra immigrò nella Palestina di allora, dove tornò a ricongiungersi col padre dopo una separazione di 12 anni. Solo allora iniziò a studiare l'ebraico. In decine di romanzi - molti dei quali tradotti in italiano - Appelfeld ha scritto sulla Shoah, senza indulgere in descrizioni dirette degli orrori a suo parere talmente enormi da non poter essere riferiti a parole. «La Shoah era per lui una sorta di Chernobyl, che richiede grande precauzione per essere affrontata», ha osservato oggi lo scrittore Amos Oz, un suo amico personale.
Molti i libri di Appelfeld tradotti in italiano, per la maggior parte da Guanda, in cui lo scrittore israeliano ha saputo dar voce alla sua terribile esperienza facendone un tema universale: 'Badenheim 1939', 'Storia di una vita', 'Paesaggio con bambina', 'Il ragazzo che voleva dormire', 'Fiori nelle tenebre', 'L'amore, d'improvviso', 'Oltre la disperazione', 'Il partigiano Edmond', 'Fiori nelle tenebre' e 'Giorni luminosi'. Mentre Feltrinelli ha pubblicato 'Il mio nome è Caterinà e 'Una bambina da un altro mondo'. Per Giuntina sono usciti invece: 'Storia di una vita', 'Tutto ciò che ho amato' e 'Notte dopo notte'.
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