«L’omologazione comincia ad agitare i popoli»: l'Europa riscopre le sue identità linguistiche

«L’omologazione comincia ad agitare i popoli»: l'Europa riscopre le sue identità linguistiche
di Andrea Velardi
6 Minuti di Lettura
Sabato 29 Settembre 2018, 17:26
«Il patrimonio linguistico europeo, un tesoro da proteggere» è il titolo del convegno ospitato ieri alla Villa Medicea di Castello a Firenze, organizzato dall’Accademia della Crusca e dalla Rappresentanza in Italia della Commissione europea, in continuità̀ con la Giornata europea delle lingue del 26 settembre e ispirato al regolamento n. 1/1958 del Consiglio dell’Unione europea che stabilisce la pari importanza delle lingue ufficiali degli stati membri riconoscendo il diritto di tutti i cittadini dell’Unione di comunicare con le istituzioni dell’Ue nella lingua del proprio paese.

Il dibattito ha avuto come premessa l’assillo dell’egemonia della lingua inglese nella comunicazione pubblica economica, giuridica e scolastico-accademica, affrontando la domanda rispetto alla capacità dell’Unione Europea, composta oggi di 28 paesi e 24 lingue ufficiali, di salvaguardare questa ricchissima varietà̀ linguistica come parte di un unico, complesso patrimonio culturale. In quest’ottica si è promosso un dialogo inedito sulle differenti esperienze delle tre più antiche e prestigiose accademie linguistiche d’Europa: l’Accademia della Crusca (fondata a Firenze nel 1583), l’Académie française (nata nel 1635 a Parigi) e la Real Academia Española (fondata a Madrid nel 1731).
 
 
Per l’occasione abbiamo raccolto le dichiarazioni di alcuni relatori. Claudio Marazzini, Presidente dell’Accademia della Crusca, esordisce con un avverbio volutamente un po’ polemico: «Finalmente la Commissione Europea si occupa di identità nazionali, comprendendo che l’omologazione ad oltranza comincia ad agitare i popoli». Il presidente ha aderito però con entusiasmo al progetto lungimirante e pertinente della rappresentanza italiana della Commissione concentrandosi «sulla fratellanza tra le tre grandi lingue romanze - italiano, spagnolo, francese - volendo che ognuno parlasse nella propria lingua per sperimentare e sviluppare la competenza passiva dei parlante, ben consapevole però del paradosso «che l’Accademia della Crusca, più antica delle altre accademie nate tutte a sua immagine,  non gode dell’importanza istituzionale che esse hanno nei rispettivi paesi.

Quella spagnola è addirittura presieduta dal Re e alla fastosa cerimonia dei 300 anni della fondazione nel 2013, l’Accademia della Crusca aveva un posto d’onore in prima fila. Anche l’Accademia francese fu fondata dal cardinale Richelieu nel 1635 sul modello della Crusca. I francesi hanno ricevuto un grande slancio dal discorso dello scorso marzo fatto da Macron nella sua visita all’Accademia francese. Anche se riconosciamo che il Ministero degli Esteri ha fatto già qualcosa, anche in Italia ci aspettiamo qualcosa di simile, ma dobbiamo dare nuova forza espansiva all’italiano, perché siamo in sofferenza». Marazzini riprende così un tema già affrontato nel suo recente libro di successo dal titolo «L’italiano è meraviglioso» (Rizzoli) dove si lamenta lo scarso uso dell’italiano da parte dei nostri esponenti politici dell’italiano nei summit internazionali.
 
Beatrice Covassi, Capo della Rappresentanza in Italia della Commissione europea, rintuzza ogni possibile obiezione sull’omologazione e, con la pacatezza e la fierezza della consapevolezza storica, ricorda il motto della UE, "Unita nella diversità", sottilmente diverso da quello americano «E pluribus unum», e va alle origini della Unione sottolineando l’importanza del regolamento n.1/1958 che «sancisce il multilinguismo con una pari dignità per le lingue minoritarie come il gaelico o il maltese, cosa questa molto importante per uno stato piccolo come Malta dove l’inglese è la lingua più praticata, anche se pure l’italiano è conosciuto bene».

A lei domandiamo quanto la Brexit e le minacce di richiesta del visto per i cittadini europei da parte del premier inglese Theresa  May siano attuali per questo convegno: «L’inglese è ancora nell’Europa perché l’Irlanda è rimasta con noi e perché rimane una lingua franca procedurale insieme con il francese e il tedesco, quella che usiamo per preparare i lavori della Commissione e dell’Unione Europea. Anche se poi tutti i testi normativi vengono tradotti nelle 24 lingue ufficiali dei 28 paesi membri, con un fortissimo ruolo del traduttore e degli interpreti, con un impegno di circa 552 professionisti del settore.
 
Durante il convegno Beatrice Covassi si è concentrata su due punti: il 2018 in quanto anno europeo del patrimonio culturale, da intendere non solo come patrimonio artistico e monumentale, ma come «tradizione orale, identità linguistica, con un interesse peculiare dunque per l’operato dell’Accademia della Crusca»; «la questione scottante, posta ai membri delle Accademie linguistiche di Spagna, Francia, Italia, su quanto si possa mantenere la ricchezza e la varietà del pluralismo linguistico  nel mondo dei social network, su quanto vengano impoveriti la nostra identità e i nostri concetti nell’epoca della comunicazione veloce».
 
Hélène Carrère d’Encausse, Segretario a vita dell’Académie Française, parla di «Patrimoine linguistique de l’Europe», integrando con una visione assai colta l’indirizzo energico dato dal presidente Macron alla politica per il francese e la francofonia nel suo discorso all’Accademia del marzo scorso. Per Carrère d’Encausse esistono più politiche linguistiche plurali e la strategia di difendere la lingua nazionale si integra oggi con l’idea di « rafforzare maggiormente i legami che uniscono i paesi francofoni», promuovendo sinergie anche laddove il francese non ha un radicamento esplicito, convinti che «le diverse politiche non s’ignorano, ma si fecondano reciprocamente».
 
Il direttore della Real Academia Española, Darío Villanueva, è assente perché impegnato a Madrid con Felipe VI per la giornata sull’Ispanismo Internazionale, dove il re ricorda «i tanti ispanisti non ispanici innamorati della nostra cultura». Al suo posto ci parla Pedro Alvarez de Miranda, Bibliotecario della Junta de Gobierno dell’Academia Española e Direttore della Escuela de Lexicografía Hispánica, intervenendo sul «Dibattito linguistico nella Spagna di oggi», che deve fronteggiare anche la grande frizione con la minoranza catalana.

Alvarez de Miranda si sofferma con noi sulla situazione paradossale dello spagnolo, lingua minoritaria in Europa, senza nemmeno il rango di lingua procedurale dei lavori, ma che nel mondo è la concorrente più temibile dell’imperialismo anglofono, dal momento che l’Istituto Cervantes stima in 500 milioni i parlanti diffusi nel mondo, anche se vengono contati pure gli ispanofoni di New York, con una tendenza evidente al panispanismo, in relazione al quale Marazzini ricorda come « quando anche solo due parole sono utilizzate fuori dalla Spagna, l’Accademia le inserisce nel vocabolario», senza disconoscere però che lo spagnolo è una realtà in reale e straordinario sviluppo.
 
Il convegno ha visto susseguirsi anche gli interventi di Paola Rizzotto (Capo della direzione generale Traduzione della Commissione europea Italia) sul multilinguismo e tutela dei patrimoni linguistici nell’Unione europea; Nicoletta Maraschio (Presidente onoraria dell’Accademia della Crusca), su La politica linguistica italiana; Maria Paz Battaner (Direttrice del Diccionario de la lengua española) sui mutamenti contemporanei dello spagnolo. Quella di ieri è stata certamente una giornata dedicata ad un tema di politica culturale veramente cruciale che speriamo possa dare nuovo slancio anche all’italiano un po’ dimenticato dalla politica nazionale, orfano di parlanti adeguatamente alfabetizzati e assediato da numerose minacce esterofile.
 



 
 
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA