I CREDITORI
Vinto il confronto con Milano, il cui strappo dell'anno scorso è stato vissuto come una ferita, non ancora risolti i problemi economici, che hanno spinto i creditori a rendere pubblici i ritardi nei pagamenti alla vigilia dell'inaugurazione, il Salone conferma il legame con Torino. Lo fa con il presidente Massimo Bray, che rivendica i 30 anni di esperienza della città e invita a trasformare la kermesse «in un luogo di alta produzione culturale, capace di mostrare la forza delle idee contenuta nei libri e di promuovere dibattiti per avere una visione differente del nostro Paese e del mondo».
Per Lagioia, questa sarà l'edizione più ricca di sempre, di sicuro ha già battuto i record precedenti, con i suoi oltre 13mila metri quadrati, i 30mila studenti prenotati, i 300 partecipanti all'International Book Forum, che fa incontrare operatori di editoria e audiovisivi, e soprattutto, con la sorprendente tensostruttura montata in tutta fretta negli ultimi giorni, per gli editori rimasti fuori.
Gli editori, del resto, sono i grandi protagonisti del Salone del Libro: i piccoli e indipendenti lo hanno salvato lo scorso anno, i big ne hanno sancito il successo con il loro ritorno. Ma per Lagioia sono tutti eroi coraggiosi, che, nonostante le difficoltà del contesto italiano, sanno muoversi con abilità e con curiosità, arrivando a scoprire i talenti prima degli altri: «L'Italia è stata il primo Paese a tradurre Roberto Bolaño, quando non era ancora uscito dal mondo ispanico». Da quel mondo arriva Javier Cercas, uno dei più importanti scrittori spagnoli contemporanei, a cui è stata affidata la lectio magistralis d'apertura.
E in questi giorni bui di Brexit e sovranismi, ha parlato d'Europa. «Se devo pensare cos'è l'Europa lo so, ma, se dovessi spiegarlo, non saprei farlo» ha detto a mo' d'esordio, parafrasando le riflessioni di Sant'Agostino sul tempo. Poi è partito in una lucida analisi sul sogno di progresso e di libertà che è stata l'Europa per la sua generazione, cresciuta tra la fine del franchismo e la Transición; sulla trasformazione che ha compiuto, diventando un ente «freddo astratto e distante, che permette ai politici populisti di tutti i Paesi di accusarla di tutti i mali»; fino a quello che potrebbe essere, di nuovo un sogno di libertà e di progresso, perché «senza l'Europa, nessun Paese può resistere alle pretese di un capitalismo furioso che supera le frontiere nazionali» e, soprattutto, perché «l'Unione è l'unica utopia ragionevole coniata in Europa». La grande sfida è conciliare la diversità culturale, che va tutelata e garantita «come fonte di ricchezza inesauribile», e l'unità politica.
DEMONE
«Non abbiamo un giornale, una radio o una tv europei, non abbiamo creato un'opinione pubblica europea» e da quest'assenza di politiche comuni bisogna rispondere alla rinascita dei nazionalismi, vero demone del Continente. Cercas cita Alberto Savinio, perché la creazione di «una comunità sociale europea avverrà, prima o poi, nonostante e a dispetto di tutto», e aggiorna il Manifesto del Partito Comunista per invitare «i partigiani di tutta Europa a unirsi», intendendo per partigiano «l'elemento genuino dell'Europa, che opera per impulso proprio e non per interesse di altri».
Un giorno tutto questo riguarda anche l'idea d'Europa e le migliaia di giovanissimi che sciamano, tra gli stand. Secondo il ministro della Cultura uscente Dario Franceschini, hanno speso oltre 220 milioni di euro del Bonus 18 in libri. Tra utopie, sogni e riflessioni, il Salone del Libro si rivolge soprattutto a loro.
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