Houellebecq, poesie al Rex Club di Parigi, tempio della techno music. E a gennaio il suo prossimo romanzo

“Michel” recita con altri tre ragazzi, per circa un’ora, una trentina di poesie

Houellebecq, poesie al Rex Club di Parigi, tempio della techno music. E a gennaio il suo prossimo romanzo
di Francesca Pierantozzi
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Lunedì 8 Novembre 2021, 17:55 - Ultimo aggiornamento: 9 Novembre, 14:02

PARIGI - Piaccia o meno, (che lasci indifferenti è escluso) Michel Houellebecq ha questo potere di trasformare in houellebecquiano tutto ciò che tocca: la scrittura, i temi, i luoghi. Ieri sera (e ancora oggi e domani) a Parigi diventa inequivocabilmente houellebecquiano il palco techno dello storico Rex Club, che apre le porte nel sottosuolo del cinema Rex (spesso frequentato da bambini per le prime spettacolari dei film Disney). Sulla scena nera, psichedelica e tagliente, con unica scenografia: una fila di sedie di plastica arancione da sala d’attesa di un ufficio comunale, “Michel” recita con altri tre ragazzi, per circa un’ora, una trentina di poesie.

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Il prossimo romanzo

Il mondo lo aspetta al varco del 7 gennaio, quando uscirà il suo prossimo romanzo, (in contemporanea in Francia e in Italia) e lui è qui, in un club techno trasformato in teatro, davanti a una platea di 120 persone, quasi tutti intorno ai trent’anni, camicia e pantaloni scuri, braccia lungo il corpo, a recitare poesie, a parlare di corpi persi su treni di banlieue, di sussidi di disoccupazione, di vite "tra il panico e la noia", di un’ "esistenza a bassa quota", (è un verso della poesia “Midi”, che dà il titolo allo spettacolo), di morte, di sangue, di radici di denti che si strappano.

Tutto non “recitato”, terribilmente umano, in compagnia di tre ragazzi: Victorien Bornéat, trentenne impiegato del Comune di Parigi, all’origine del progetto, nato quasi per caso da un podcast, Hugues Jourdain (unico attore “vero” uscito dal Conservatorio) e Margot de Rochefort.

Houellebecquianamente. Le parole delle poesie dell’autore di Serotonina, Particelle Elementari e tutti gli altri romanzi diventati testi quasi sacri, sono scortate da una composizione originale del DJ francese Romain Poncet, aka Traumer. Prima un accompagnamento, con le luci accecanti da uscita di emergenza che illuminano la sala e lasciano al buio la scena, poi in un crescendo di percussioni che riporta il teatro alla sua vera natura di palco techno. Michel Houellebecq non potrebbe essere più a suo agio con questi ragazzi e davanti ai giovani fortunati che sono riusciti a mettere le mani sui biglietti della prima (tutte sold out le cinque rappresentazioni su tre giorni). Alla fine va loro volentieri incontro. Parlare con i giornalisti non gli interessa, ma al ragazzo che gli sussurra all’orecchio qualche sua interpretazione, quasi tremando, accorda un’attenzione gentilissima, annuisce. All’amica che gli chiede: Sei felice Michel?, ci pensa un po’ e alla fine risponde: "no".

Qualcuno annuncia che forse a una delle prossime rappresentazioni sarà presente il ministro dell’Istruzione Blanquer. "Ah? bene" dice dopo la solita pausa che si accorda prima di dare una risposta. Vincent Bornéat chiede a tutti com‘è andata, che impressione si ha di quest’oggetto poco identificato al crocevia tra teatro, poesia, musica, happening. Houellebecquiano, appunto. Tutti sono contenti. In un’ora di testi “detti” con incredibile forza, c’è anche qualcuno che sorride in sala, quando Michel recita testi di una disperazione talmente senza scampo da risultare quasi comica. "E’ nato tutto per caso – dice Vincent – ho avuto l’idea di questo podcast, di far leggere a degli amici le poesie di Houellebecq che adoro, anche se non so niente di poesia, poi ho inviato le registrazioni alla sua casa editrice Flammarion, e lui ha amato molto il lavoro e ha detto subito si’ all’idea di farne uno spettacolo". Quando esce per strada, sull’ampio marciapiede del Grand Boulevard, trova un’altra piccola folla a chiedere autografi. Si ferma, e accontenta tutti.

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