“Molte donne si sono comportate valorosamente, ma tu le superi tutte”. La lapide con il passo biblico in memoria di Rita Rosani, nata Rosenzweig, partigiana ebrea morta in combattimento, si trova sulla facciata della sinagoga di Verona. All’interno del Tempio piccolo di Torino (che mai ebbe quello grande, la Mole Antonelliana progettata come sinagoga e oggi sede del Museo del cinema) si vedono i segni del lutto per la morte del re Carlo Alberto che nel 1848 con il suo Statuto “liberò” gli ebrei. «Su questi edifici sono incisi i segni della storia: il caso più incredibile è quello di Trani, sinagoga trasformata in chiesa e poi di nuovo in sinagoga 13 anni fa, che sul tetto ha sia una campana che una stella di Davide». A mettere insieme tutte queste vicende è stato Adam Smulevich, 35 anni, scrittore e giornalista autore del libro “Sinagoghe italiane. Raccontate e disegnate” (Ed. Biblioteca dell’Immagine, pp.330, 15 euro), illustrato da Pierfranco Fabris.
«Un viaggio disegnato», lo definisce l’autore e il percorso è lungo: le sinagoghe accompagnano, nel bene e nel male, le vicende degli ebrei italiani da oltre duemila anni, passando per la diaspora, i ghetti e l’emancipazione.
Da vedere dunque appena si potrà, ma intanto da gustare attraverso gli splendidi acquerelli di Fabris, i resti della sinagoga più antica d’Europa a Ostia Antica e la più recente, in cemento armato, inaugurata nel 1962 a Livorno sulla stessa area di quella bombardata durante la guerra, lo splendido complesso veneziano nei campi di Ghetto Novo e Vecchio dove si trovano ancora 5 delle 9 sinagoghe cinquecentesche. «In tutto abbiamo inserito nel libro le sinagoghe di 42 città, la maggior parte nella Capitale, dove ce n'è una addirittura in un ex-cinema. Ma per “fare sinagoga” bastano 10 ebrei e un libro della Torah».