Dose e Presta: «Il nostro Ruggito in radio da 25 anni racconta l’Italia»

Dose e Presta: «Il nostro Ruggito in radio da 25 anni racconta l’Italia»
di Alvaro Moretti
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Sabato 19 Settembre 2020, 09:49 - Ultimo aggiornamento: 16 Febbraio, 04:42

Si dovrebbe partire dai numeri, forse. Due come Marco Presta e Antonello Dose, per 25 anni di Ruggito del Coniglio, uguale: 5 mila puntate, 8500 ore in diretta, oltre 40 mila telefonate in diretta, ma anche tonnellate di affetto della gente che su Radio 2 li segue, traducibile in derrate alimentari. Negli studi di via Asiago ogni mattina, da ogni luogo d'Italia, l'affetto si misura anche così: maritozzi, soppressata, nduja, vino rosso. «Noi a quando finirà tutto questo non pensiamo, immaginiamo un giorno in cui arrivando a via Asiago troveremo il pass scaduto. Forse finiremo per sopraggiunto colesterolo». La direttrice di Radio 2, Paola Marchesini, se li coccola: «Sono una risorsa enorme per le rete e per i 25 anni gli regaliamo la diretta tv dal 28 su RaiPlay: la nostra vita raccontata con la loro ironia è migliore».
Siamo partiti dai quintali di affetto che si fa carne.
«È soprattutto un programma che fa ingrassare, il nostro».
Visto l'andazzo avete pensato ad una lista per le nozze d'argento?
«Ci aspettiamo tanto silver plate, anzi chiediamo che ci mandino le cose più brutte, i gargarozzi, quei regali improponibili dei matrimoni».
Ci sarebbe da chiarire una cosa con Wikipedia.
«Siamo nati il 5 ottobre 1995, come programma quotidiano, lì invece è scritto 2. Sappiatelo».
Un sogno?
«Eleggere un Presidente del Coniglio per annunciarlo noi, di domenica sera, un Dpcm».
A parte gli scherzi è una cosa da non dire qui nello studio del Ruggito, eppure in 25 anni avete attraversato la storia quotidiana del Paese: i giorni belli e quelli brutti.
«Nassirya, L'Aquila, Amatrice... Cambiando tono e scaletta, ce l'abbiamo fatta. Una sola volta abbiamo capito che proprio non si poteva andare avanti: era la mattina del crollo della scuola di San Giuliano. C'era il pubblico in sala A a via Asiago, siamo rimasti con loro a parlare. Il miracolo di andare avanti lo fa sempre la radio».
Per voi più di un mezzo, una dimensione.
«Pensate al lockdown: la Rai ci aveva messo a disposizione il tostapane per fare il programma da casa. Ma noi siamo un programma in presenza. Sembrava più servizio pubblico, così. Dose disinfetta tutto da febbraio, peraltro. E abbiamo capito quanto sia stato importante parlare alla gente in quei giorni, e per noi alzarci presto come tutte le mattine, attraversare la città vuota per esserci. Ci siamo tutti aggrappati alle nostre stupidaggini, che ci hanno fatto stare meglio. Eppoi così abbiamo potuto collezionare tutti i modelli di autocertificazioni».
Un social prima dei social.
Dose: «Sì. Io frequentavo i raduni degli ascoltatori, ci sono stati i rimorchi, i matrimoni: poi sono diventati troppi».
Presta: «Aveva la glicemia in zona Champions. C'era il registro delle unioni coniglie, civili, ma anche incivili tra uomini e cani... I conigli erano già su Facebook così ci siamo alleati con Zuckerberg e siamo mezzo milione».
Certo, un 3 per cento alle elezioni lo potreste ottenere.
«Forse, ma non abbiamo quella perversione mentale. Abbiamo pochi haters, nessuna querela: siamo dei falliti demodè».
Nel 95 si telefonava da casa.
Presta: «Certo. Poi vennero i cellulari e hanno cominciato a chiamare dappertutto. Una restauratrice stamattina parlava appesa alla volta di San Fruttuoso, appesa come una lonza».
Altre chiamate da luoghi improbabili?
«Il top da un carro funebre durante il corteo... Spesso, dalle sale operatorie durante gli interventi».
In diretta dovete molto improvvisare eppure Dose viene da Grotowski e Barba; Presta dall'accademia, Ronconi, la Vitti, Camilleri...
«Serve una applicazione: serve la fatica impiegatizia per divertirsi con serietà, da umoristi».
I vostri collaboratori sono un segreto del successo.
«Paiella e Di Giovanni in 10' creano canzoni che restano in testa. Poi la follia di Ratti. E Paola Minaccioni: fuoriclasse, nei giorni del Covid doveva debuttare a Broadway... Il virus ci ha favorito... Il regista Paolo Restuccia, Ludovica, Angelica e Maria Lucia tra 7 mila telefonate trovano le 5 buone: geniali».
In radio 25 anni, amici e complici al dopo catechismo in una parrocchia di Roma Sud. Siete entrambi sposati, ma anche coppia di fatto. Una storia di amicizia lunga e a un certo punto il libro di Antonello in cui racconta della sua sieropositività. Lo sapevano solo il compagno di Dose e il suo medico.
Presta: «All'inizio ci sono rimasto male, poi ho capito che ha protetto me e i suoi genitori, ma soprattutto se stesso».
Dose: «Potevo scegliere... il decennio giusto, la mia famiglia era contraria a che scrivessi il libro. Mi è pesato, ma in questi casi tu diventi il problema, ti identificano con la malattia. C'è lo stigma. Capita assurdamente anche a chi prende il Covid ora».
Una trasmissione che ha aiutato a parlare di omosessualità, inclusione, malattia.
«È la radio che fa il miracolo. Sentono persone che amano e le accettano per come sono. Questa è politica».
I riferimenti?
Presta: «Alto Gradimento, Vaime, Francesco Rocca. E sempre grazie ad Arbore che ci segnalò».
Dose: «Eugenio Barba e il mio maestro Daisaku Ikeda».
Eredi?
Presta: «Facemmo un contest per giovani conduttori, non andò bene. A me sembra che ai giovani la radio non interessi: eppure la seguono 35 milioni di italiani. Il problema è che alla radio devi avere qualcosa da dire, devi leggere il giornale. Un oggetto che a noi piace fisicamente. Senza i giornali non ci sarebbe stato il Ruggito».
Oltre le nozze d'argento?
«Stiamo bene insieme: siamo un caso clinico, karmico. Attenzione, però, che tutti siamo scritti a matita».

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