David Leavitt, lo scrittore che racconta i vizi americani: «Se Trump rivince io lascio l'America»

David Leavitt, lo scrittore che racconta i vizi americani: «Se Trump rivince io lascio l'America»
di Francesco Musolino
5 Minuti di Lettura
Martedì 14 Luglio 2020, 09:59
Chiedereste a Siri il modo per assassinare Donald Trump? Con questa domanda, inizia Il Decoro, il nuovo romanzo di David Leavitt (edito da SEM libri), in cui punge le storture della società americana raccontando il mondo dorato e altolocato dell'alta borghesia: soldi, cagnolini, servitù, (poco) sesso e (tanti) vezzi. Dialoghi brillanti e un'ombra di malinconia fanno da contraltare alla frivolezza dei desideri della protagonista, Eva, desiderosa di scappare a Venezia, sdegnando l'America e il presidente Trump appena eletto mentre suo marito Bruce e l'amico di famiglia, Jake, sono davanti a scelte cruciali nelle loro vite.
L'autore di Ballo di famiglia - pubblicato nel 1984 e scoperto da Fernanda Pivano è diventato presto un'icona gay e in questa intervista dalla Florida, con ironia, completa il suo profilo per i media: «Sono ebreo, di sinistra, americano, italofilo, appassionato di cruciverba». Leavitt scrive per illuminare il grigiore che incombe e quando si parla d'attualità, rilancia: «Trump non sta gestendo l'emergenza contagio, lui e Bolsonaro sono i più grandi ambasciatori del virus». Mentre l'America brucia, il tema dell'identità è il refrain di questo romanzo in cui Venezia è un miraggio in bilico fra le cartoline per turisti e un'immagine spettrale evocata dalla letteratura - mettendoci in guardia sui 150 che hanno firmato l'appello contro il politicamente corretto: «È la rabbia bianca che ribolle». Tifa Joe Biden, sostiene che sia necessario «abbattere le statue che ricordano e celebrano i razzisti e gli schiavisti» ma se dovesse essere rieletto Trump, mollerebbe tutto».

Mr. Leavitt, ha chiesto davvero a Siri il modo per uccidere Trump?
«No, non ho trovato la forza per farlo».

Quando parla di «colui-che-non-deve-essere-nominato», è puro odio?
«Trump è una bizzarra combinazione di rabbia cronica e autocommiserazione, come si evince dai suoi sforzi per convincerci che sarebbe lui la vittima del caos in cui ci troviamo. Siamo onesti, ai suoi occhi non contiamo nulla. Siamo solo potenziali voti per tenerlo in una posizione in cui è inetto e che sembra detestare, eppure è determinato a trattenere perché, nella sua mente, non può, non deve essere sconfitto, mai. Come ha detto la giornalista Masha Gessen, Trump e Putin non hanno un'ideologia. Hanno soltanto fame di potere».

Il seguito de Il Decoro si svolge in Italia. Perché Eva ha scelto Venezia?
«Venezia ha sempre avuto, almeno agli occhi degli stranieri, la qualità ultraterrena di non essere scalfita dai travagli del presente. Ma ovviamente non è vero. Eva, nel seguito del romanzo, scoprirà che Venezia è molto vulnerabile, del resto, ci sono celebri pagine di letteratura che la raccontano come una città sinistra che cela minacce di contagio, malattia, morte. Penso in particolare alla laguna raffigurata da Thomas Mann in Morte a Venezia, Cortesie per gli ospiti di Ian McEwan e Non dopo mezzanotte di Daphne du Maurier. Non dimentichiamo che la parola quarantena, arriva da qui».

Il suo personaggio, Jake Lovett, ha perso le radici. Oggi l'identità è un tema che accende la piazza: lei da che parte sta?
«Quando parliamo di identità, stiamo parlando di come percepiamo noi stessi e del modo in cui gli altri ci percepiscono. E di quel baratro che si apre quando le due cose non collimano. Identità è una parola nebulosa e a ben vedere, il problema non è l'identità in sé, quanto le ingiustizie che molte persone subiscono in suo nome. Oggi nessuno sta soffrendo più degli afroamericani e degli ispanici perché usiamo un modo di pensare binario sulla razza e il genere sessuale: chi non vi rientra è seriamente penalizzato».

150 intellettuali hanno firmato Una lettera sulla giustizia e il dibattito aperto sostenendo che la cultura del politically correct è intollerante. Cosa ne pensa?
«Quella lettera l'ho trovata ingenua e sciatta. C'è un tono difensivo, sotto la superficie ribolle White Rage, la rabbia bianca. Credo nella libertà di espressione ma la lettera aggrava la frustrazione che così tante persone - non bianche, non binarie - stanno esprimendo. E penso che valga anche la pena notare che la scrittrice J. K. Rowling, che di recente ha usato il suo immenso megafono mediatico per imbrattare le persone transgender, ha firmato questa lettera».

È stata Fernanda Pivano a scoprirla. Le andrebbe di condividere un suo ricordo?
«Negli anni Ottanta, quando Internet era nuovo di zecca, Fernanda mi ha intervistato. Quindi, David, ha detto, dimmi cosa c'è di nuovo in America. Ho risposto che c'era una nuova cosa chiamata Internet che potevi usare, tra le altre cose, per avere conversazioni erotiche con estranei. Al termine dell'intervista, il titolo recitava qualcosa come: David Leavitt Sesso sicuro con il computer».

Ma gli americani come vedono l'Italia?
«Per la maggior parte, l'Italia è ancora la terra da favola che Frances Mayes ha ritratto nel suo libro Under the Tuscan Sun. Per chi la ama, l'Italia è semplicemente il posto in cui preferiremmo vivere, sempre. E presto gli americani torneranno in Italia, in massa. Ancora una volta Venezia sarà sull'orlo dell'affondamento e sarà daccapo impossibile camminare nel centro di Roma. Spero di sbagliarmi ma temo che avrò ragione».

In fin dei conti, la vera domanda è: come possiamo vivere le nostre vite?
«È stata la grande scrittrice di racconti, poetessa e attivista Grace Paley a porsi questa domanda. A mio avviso, è il quesito fondamentale che gli scrittori devono porsi, ancora e ancora. Il nostro lavoro non è quello di rispondere alla domanda, piuttosto dobbiamo provare a misurarne i parametri, descrivendo cosa significhi cercare di vivere e allo stesso tempo, capire come dovremmo farlo».

E se Trump fosse rieletto?
«Paul Krugman, vincitore del premio Nobel per l'economia, ha detto che il nostro Paese non può sopravvivere ad altri quattro anni di Trump. In nessuna precedente elezione nella storia americana la posta in gioco è stata così alta come in questa. Ho pochissime speranze ma faccio il tifo per Joe Biden e se Trump fosse rieletto, lascerei subito gli Stati Uniti e tornerei in Italia, la mia seconda patria».
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